Città del Vaticano , 08 March, 2024 / 11:30 AM
L'atto di dolore? Una preghiera conserva tutta la sua validità, sia pastorale che teologica.Lo dice Papa Francesco, quasi in risposta ad attacchi insensati degli ultimi periodi sul senso del peccato e del pentimento. Nel discorso ai partecipanti al XXXIV Corso sul Foro Interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica, il Papa cita Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, autore del testo che pure se in un linguaggio antico era "maestro della teologia morale, pastore vicino alla gente e uomo di grande equilibrio, lontano sia dal rigorismo sia dal lassismo".
E poi spiega tre atteggiamenti espressi nell’Atto di dolore: "pentimento davanti a Dio, fiducia in Lui e proposito di non ricadere".
Il Pentimento, non è "’autoanalisi" o "senso psichico di colpa" ma "sgorga tutto dalla consapevolezza della nostra miseria di fronte all’amore infinito di Dio, alla
sua misericordia senza limiti". Perché "nella persona, il senso del peccato è proporzionale proprio alla percezione dell’infinito amore di Dio" che "non si stanca mai di perdonarci, e da parte nostra
non stanchiamoci mai di chiedergli perdono!"
Poi la fiducia in Dio "infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa" che "significa infatti mettere Dio al centro di tutto, come luce nel cammino e fondamento di ogni ordine di valori, affidandogli ogni cosa".
Poi il proposito, cioè la volontà di "non ricadere più nel peccato commesso , e permette l’importante passaggio dall’attrizione alla contrizione, dal dolore imperfetto a quello perfetto". Certo "un proposito, non una promessa. Infatti, nessuno di noi può promettere a Dio di non peccare più, e ciò che è richiesto per ricevere il perdono non è una garanzia di impeccabilità, ma un proposito attuale, fatto con retta intenzione nel momento della confessione". E il Papa cita San Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars: "Dio ci perdona anche se sa che peccheremo di nuovo».Infine la richiesta di misericordia perché "Dio è misericordia, la misericordia è il suo nome, il suo volto. Ci fa bene ricordarlo, sempre: in ogni atto di misericordia, in ogni atto d’amore, traspare il volto di Dio".
E ai confessori il Papa chiede di "vivere ogni confessione come un unico e irripetibile momento di grazia, e a donare generosamente il perdono del Signore, con affabilità, paternità e oserei dire anche con tenerezza materna".
I tre giorni di lavori del Corso sul Foro Interno sono stati aperti dalla lectio del Penitenziere maggiore il Cardinale Mauro Piacenza.
Tra le altre note dedicata a riconciliazione e speranza nella Chiesa il cardinale ha sottolineato:
"Uno dei fondamentali errori del nostro tempo, tipico dell’ideologia del progresso, è quello di essere convinti che le generazioni passate, fino ad ora, non abbiano compreso cosa sia davvero la Chiesa; oppure che siano state troppo timorose e poco “illuminate” nella sua riforma. Noi però, ora, abbiamo finalmente, capito e, nello stesso tempo, abbiamo sia il coraggio sia l’intelligenza per cambiare le cose! Questa illusoria convinzione, oltre a non avere alcun fondamento nella realtà, è profondamente irrispettosa di duemila anni di cristianesimo e di santità, di dottrina e teologia, di storia e di carità". Per il cardinale è chiaro che la Riforma non è cosa umana ma divina e la Chiesa deve essere "capace, attraverso i suoi membri, sempre rinnovati dalla grazia, di far risplendere la luce di Dio nell’umano di ogni giorno. Allora quale sarà il pellegrinaggio della “vera riforma” della Chiesa? Il pellegrinaggio capace di donare autentica speranza? Ancora una volta dobbiamo rispondere: ripartire dalla confessione, dalla misericordia, per essere pellegrini di speranza!".
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