Città del Vaticano , 02 March, 2024 / 9:45 AM
Ai genitori dell’associazione Talità Kum di Vicenza, che hanno perso un figlio, Papa Francesco non offre lezioni di retorica, perché – sottolinea – “la perdita di un figlio è un’esperienza che non accetta descrizioni teoriche e rigetta la banalità di parole religiose o sentimentali, di sterili incoraggiamenti o frasi di circostanza, che mentre vorrebbero consolare finiscono per ferire ancora di più chi, come voi, ogni giorno affronta una dura battaglia interiore”.
Il gruppo Talita Kum è un gruppo di genitori che si incontra per affrontare la perdita dei figli, laddove si è creato un Giardino dei Ciliegi, dove ogni ciliegio rappresenta un figlio. Papa Francesco non legge il discorso, ancora affaticato, ma lo fa leggere a monsignor Ciampanelli, che lo sta accompagnando in questa settimana.
Sottolinea il Papa che “il dolore, specialmente quando è così lancinante e privo di spiegazioni, ha bisogno soltanto direstare aggrappato al filo di una preghiera che grida a Dio giorno e notte, che a volte si esprime nell’assenza delle parole, che non tenta di risolvere il dramma ma, al contrario, abita domande che sempre tornano”.
È il “perché è capitato a me”, e sono interrogativi – dice il Papa – “che bruciano dentro, inquietano il cuore”. Papa Francesco nota che “non c’è cosa peggiore che tacitare il dolore, mettere il silenziatore alla sofferenza, rimuovere i traumi senza farci i conti, come spesso induce a fare, nella corsa e nello stordimento, il nostro mondo”.
Così, queste domande sono “preghiera”, come fu preghiera quella del padre che chiede a Gesù di guarire la figlia gravemente malata, e “il Signore lascia quello che stava facendo e
cammina con lui. Il dolore lo interpella, perché la nostra sofferenza scava anche nel cuore di Dio”.
Durante il cammino, arriva la notizia che la figlia è morta, ma Gesù dice di non temere, continua il cammino, una volta arrivato a casa prende per mano la bambina e la fa rialzare.
Questo, chiosa Papa Francesco, ci dice una cosa importante: nella sofferenza, la prima risposta di Dio non è un discorso o una teoria, ma è il suo camminare con noi, il suo starci accanto. Gesù si è lasciato toccare dal nostro dolore, ha fatto la nostra stessa strada e non ci lascia soli, ma ci libera dal peso che ci opprime portandolo per noi e con noi”.
Anche oggi Gesù vuole venire nella “case del nostro cuore e le case delle nostre famiglie sconvolte dalla morte” e ci “vuole stare vicino”, e ringrazia l’associazione di genitori perché fanno spazio “a questo Vangelo”, a Gesù che entra nella loro casa e “vuole asciugare le vostre lacrime e vi vuole rassicurare: la morte non ha l’ultima parola”.
Perché “Il Signore non lascia senza consolazione. Se continuate a portargli lacrime e domande, vi dà una certezza interiore che è fonte di pace: vi fa crescere nella certezza che, con la tenerezza del suo amore”.
Papa Francesco sottolinea che la speranza della resurrezione, fiorita nel mattino di Pasqua, “è ciò che il Signore vuole seminare ora nel vostro cuore. Io vi auguro di accoglierla, di farla crescere, di custodirla in mezzo alle lacrime. E vorrei che sentiste non soltanto l’abbraccio di Dio, ma anche il mio affetto e la vicinanza della Chiesa, che vi vuole bene e desidera accompagnarvi”.
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