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Un servizio di EWTN News

“Liberate l’oppresso dalle mani dell’oppressore”, dice la Chiesa Greco Cattolica Ucraina

Un passato Sinodo della Chiesa Greco Cattolica Ucriana davanti la basilica di Santa Sofia a Roma

Un progetto di futuro, oltre allo sguardo alla realtà drammatica che si sta vivendo da ormai dieci anni, e da due anni in maniera ancora più drammatica. In occasione del secondo anniversario dell’aggressione su vasta scala della Russia sull’Ucraina, il Sinodo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina dirama un lungo messaggio di 21 pagine, denso di speranza cristiana, ma senza nascondere la realtà che si sta vivendo. È proprio a partire da questa realtà che si devono costruire le nuove sfide della dottrina sociale della Chiesa, perché la guerra cominciata a bassa intensità con l’annessione della Crimea nel 2014 pone certo nuove sfide alla comprensione cristiana della guerra e della pace. E c’è spazio, nel testo, anche per una disamina della diplomazia pontificia, spiegata ad una popolazione che rischia di non comprendere il ruolo e il lavoro della Santa Sede.

Il titolo del messaggio è un passo del profeta Geremia, “Liberate l’oppresso dalle mani dell’oppressore” (Ger. 22,3), e comincia con una citazione dal libro dei Salmi: “La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra (Sal 85,10)”.

Il Sinodo mette in luce come l’Ucraina viva in condizioni di guerra ormai da dieci anni, in un tempo “terribilmente doloroso e crudele”, costellato dalle notizie della morte di amici e familiari e dalla “distruzione di ciò che ci è più caro: la nostra Patria, il benessere della nostra famiglia, la nostra felicità, i nostri sogni”.

I vescovi della Chiesa Greco Cattolica Ucraina notano che è facile cedere alla disperazione e all’odio, ma anche all’indifferenza, cosa – si legge nel testo – che può nascondere “sia un meccanismo psicologico di autodifesa sia una malattia morale di indifferenza”.

Il messaggio chiede prima di tutto pazienza, che “non ha nulla con l’indifferenza o il distacco da ciò che è importante per il Paese e per il popolo”, perché “con un’esplosione di sentimenti o entusiasmo a breve termine non si può affrontare una lunga distanza che richiede sforzi estenuanti”.

Questa pazienza – continua il messaggio – deve essere accompagnata dai “fondamenti morali e spirituali che guidano le nostre azioni durante la guerra”, a partire dalla “lunga tradizione di riflessione teologica e filosofica sulla pace e sulla guerra” che caratterizza il cristianesimo. Eppure, questa guerra mette “di fronte a un nuovo insieme di sfide e problemi”.

A livello internazionale, denuncia il Sinodo, si vede il sostegno allo Stato, ma anche l’incomprensione della profondità e della gravità degli eventi, che porta anche ad “appelli troppo affrettati alla pace”.

Il Sinodo definisce in un lungo paragrafo le radici della guerra in Ucraina, che fanno risalire almeno al XX secolo, quando sono emersi regimi totalitari, i quali hanno “disprezzo per la libertà e la dignità umana”, e hanno portato la loro tiranni a “proporzioni senza precedenti” anche grazie alla propaganda favorita e diffusa dai nuovi mezzi di comunicazione di massa, i quali “hanno garantito il controllo totale dei sudditi e causato un numerose senza precedenti di vittime”.

Successivamente, analizza il Sinodo, il totalitarismo ha voluto controllare anche la sfera privata dell’individuo, differenziandosi così dall’autoritarismo, e mostrando un carattere “pseudoreligioso”.

Quindi, dopo la Seconda Guerra Mondiale, il “mostro totalitario” della Germania nazista fu sconfitto, mentre rimase l’Unione Sovietica, che “apparve al mondo come uno dei vincitori della guerra”, e poté, dopo il 1945, ampliare la “sfera geografica della sua influenza”, conquistando i Paesi dell’Europa centro orientale, e creando un blocco orientale che cadde solo dopo quaranta anni, quando “l’Unione Sovietica comunista e atea giungesse a un punto di completo declino ideologico, economico e sociale e alla fin fine cessasse di esistere”.

 

Il crollo dell’URSS, continua il messaggio, porta alla liberazione dei Paesi dell’Europa centrale, tra i quali gli ucraini, che videro tornare la Chiesa Greco Cattolica Ucraina, costretta alla clandestinità durante il comunismo.

Quello dell’Ucraina, dicono i vescovi, è stato un cammino verso la vera libertà lungo, sebbene con “buoni risultati”, scaturiti nella Rivoluzione Arancione del 2004 e la Rivoluzione della Dignità del 2013-2014, e oggi l’attuale lotta eroica contro l’aggressione russa”. Il messaggio rivendica che la Chiesa Greco Cattolica Ucraina è parte della società civile, e come tale deve intervenire nella società per aiutare “ad avere un controllo adeguato sul potere statale, costruire una democrazia onesta, difendere la supremazia del diritto e della dignità umana”.

Il Sinodo denuncia che non sia stato mai chiesto alla Russia post-sovietica di condannare i crimini dell’Unione Sovietica, non c’è stata “una decomunistizzazione”, e questo ha portato ad un pensiero centrato sul dato economico più che su quello spirituale. Una situazione che il Cremlino sfruttò per “accumulare risorse per un’altra guerra”, mentre il mondo democratico adottava “doppi standard nei rapporti con la Russia”, sordo ad ogni avvertimento, con un atteggiamento che si è rivelato “fatale”.

In Russia, infatti, ci si trova di fronte al tentativo di ripristinare quella che era l’Unione sovietica, e “la nuova tirannia russa del XXI secolo è simile ai totalitarismi del XX secolo soprattutto per essere un nemico spietato della libertà e della dignità umana”. È un nuovo totalitarismo che non ha bisogno di una ideologia canonica, ma è solo “la propaganda del nichilismo nelle sue forme peggiori, e il suo obiettivo è la corruzione morale dell’essere umano, la sua disumanizzazione per trasformarlo in uno strumento privo di volontà e indifferente ai valori morali, un mezzo per perpetrare crimini contro l'umanità”.

Così, “proponendo varie teorie di cospirazione mondiale contro la Russia, giustifica qualsiasi crimine commesso dal governo russo contro altri popoli”, avendo molto in comune con il fascismo tanto da poter esse chiamata “rascismo”.

Quindi, il nuovo totalitarismo russo ha mezzi tecnici superiori, la rivoluzione digitale aiuta “la propaganda russa a creare una realtà diversa, virtuale, che è radicalmente diversa dalla realtà e addirittura la distorce”, con produzione di fake news e post verità, cosa che “La tirannia russa contemporanea – afferma il Sinodo - può essere definita non solo ibrida, ma anche totalitarismo postmoderno”.

La nuova tirannia applicata sull’Ucraina risente anche – scrive il Sinodo - della “eredità coloniale della Russia imperiale e zarista”, che aveva occupato gran parte del territorio occupato dagli ucraini dal periodo dalla seconda metà del XVII secolo alla metà del XVIII secolo, vietando e sopprimendo “la cultura ucraina, la lingua, la Chiesa e l’autoconsapevolezza”, sostenendo che “gli ucraini fossero solo una parte più giovane, più piccola e secondaria del popolo russo”.

Per questo, denunciano i vescovi della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, la guerra della Russia contro l’Ucraina ha “ha tutte le caratteristiche di una guerra neocoloniale nel continente europeo con chiari segni di genocidio”, laddove “la distruzione dell’ucrainità è diventata un programma politico della leadership russa, una sua mania, che viene sostenuta da gran parte dei cittadini dello stato aggressore, il che testimonia lo stato malsano della società russa”.

Il Sinodo sostiene che gli appelli per trovare un compromesso con la Russia sono per questo “inutili”, se non “immorali perché ignorano i principi del rispetto della dignità umana e della pace giusta”, e comunque “semplicemente irrealistici”, perché “la Russia non lascia all’Ucraina altra scelta se non l’autodifesa militare”, e questa guerra “è una lotta di liberazione nazionale della popolazione civile ucraina per il diritto alla propria esistenza e al proprio futuro”.

Il messaggio mette in luce anche l’ideologia del “Mondo Russo”, che nasce nell’Ortodossia “nella sua forma moscovita”, la quale “sta cercando di colmare il vuoto ideologico che è sorto a seguito della caduta del comunismo, considerando la religione come uno strumento per rafforzare il potere statale, e trasformandola in uno strumento politico”. Si tratta di una “ideologia genocida”, ed è aggressiva, che è “una mescolanza di risentimento, nazionalismo e messianismo pseudo-religioso. Tuttavia, durante tutto il periodo precedente alla guerra”.

 

Ed è la dottrina del mondo russo ad aver fornito una “giustificazione ideologica” per l’aggressione della Russia, che “ha riportato in superficie questioni che sarebbero dovute rimanere nel passato”.

È importante che l’ideologia del mondo russo sia stata ampiamente condannata, dice il Sinodo, notando che “questa dottrina quasi-cristiana, alla fine, è degenerata in una vera e propria ideologia del rascismo con il suo culto del leader e dei morti, il suo passato mitologizzato, il corporativismo tipico del fascismo, la censura totale, la coltivazione delle teorie del complotto, la propaganda centralizzata e la guerra per l’annientamento di un’altra nazione”.

(La storia continua sotto)

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La degenerazione del mondo ortodosso, insieme alla pratica della realpolitik, hanno messo in luce “lincapacità del mondo cristiano di trovare soluzioni spirituali e di visione del mondo adeguate a queste sfide poste dalla Russia”.

Di fronte a questa ideologia, i vescovi della Chiesa Greco Cattolica Ucraina parlano di una “resistenza non violenta”, sull’esempio di Gesù, anche se non è l’unica da considerare, perché “il Vangelo è pacifico e pacificatore, ma non pacifista (nel senso moderno del termine). Non annulla il dovere dello Stato di proteggere la vita e la libertà dei suoi cittadini”.

Il documento punta il dito contro i pacifisti contemporanei, i quali, “ignorando completamente i fondamenti evangelici dell'oggettività della Verità, spesso vedono la pace come il frutto della pacificazione del male o del compromesso con esso”.

Il sinodo ricorda anche che il pacifismo “incoraggia l’aggressore alla continua violenza”, e che in questo contesto “il gesto profetico” dell’Ucraina che trenta anni fa firmò il Memorandum di Budapest “è un gesto profetico di fiducia nella forza del diritto internazionale da parte del popolo cristiano e un manifesto delle sue aspirazioni nazionali per una sicurezza e pace giusta. Questo gesto merita oggi un'attenzione particolare e una nuova riflessione”.

Ma oggi si tratta di difendere lo Stato, e allora “alla luce dell’insegnamento della Chiesa cattolica, le Forze di sicurezza e di difesa dell'Ucraina esercitano la legittima difesa legale dello Stato e del popolo”, perché “oggi, non mancano prove che la Russia non era in alcun modo disposta a risolvere le sue controversie con l’Ucraina al tavolo dei negoziati come con un partner paritario e la propria indipendenza e autonomia decisionale”.

I vescovi notano che “l’aggressione russa contro l’Ucraina non è una lotta per il territorio conteso: è un attacco al diritto internazionale e un crimine contro la pace. La guerra attuale in Europa è un conflitto di identità a somma zero, poiché gli ucraini cercano di preservare la propria indipendenza statale e il diritto di essere ucraini, e i russi cercano di privare gli ucraini del loro diritto di esistere come tali e ricostruire il loro impero”.

Il sinodo denuncia le atrocità dei russi contro la popolazione civile, e mette in luce come la “la neutralità artificiale e formale spinge molti a interpretare entrambe le parti contrapposte simmetricamente, come politicamente e moralmente uguali, ignorando le vere cause di questa guerra e le sue circostanze, e per questo essa è destinata alla sconfitta etica”.

I vescovi difendono anche le azioni della Santa Sede, perché “nel servire la causa della pace e della cooperazione internazionale della Sede Apostolica, è necessario distinguere due tipi di neutralità: diplomatica e morale. Tuttavia, nelle azioni della Santa Sede non vediamo in nessun caso alcuna neutralità morale. Ad esempio, nel caso dell'ingiusta aggressione della Russia contro la nostra Patria, essa distingue chiaramente l'aggressore e la vittima del suo attacco e sostiene sempre colui che è diventato questa vittima: il popolo ucraino”.

Anzi, “la tradizione millenaria del ruolo del Vescovo di Roma come massimo arbitro del mondo cristiano, cioè la posizione ‘super partes’ che si trovano in stato di guerra, ha dato e consente al Vaticano di svolgere un ruolo importante, a volte decisivo, nella risoluzione di una serie di situazioni di conflitto in tutto il mondo, nonché nel facilitare la creazione di canali per lo scambio di prigionieri e il sollievo delle sofferenze della popolazione civile”.

È una mediazione importante, che “non può essere sopravvalutata nemmeno nelle condizioni dell'attuale aggressione della Russia contro l'Ucraina: molte madri e mogli ricordano con gratitudine il ruolo del Santo Padre nella liberazione dei soldati catturati o dei bambini deportati”.

I vescovi greco cattolici ucraini mettono rilievo che è nostro dovere cristiano e civico proteggere la vita del nostro prossimo, soprattutto dei bambini, delle donne e degli anziani, nel modo più coraggioso e radicale, prendendo in mano le armi, pronti a sacrificare la propria vita per questo”.

Questo perché “nell’etica cristiana, la pace giusta significa molto più della semplice vittoria sull’aggressione”.

Parlando dell’obiettivo di una pace giusta, il sinodo nota che “per raggiungere una pace giusta in Ucraina, le Chiese cristiane, le organizzazioni internazionali e le istituzioni politiche dovrebbero sforzarsi a condurre una retorica estremamente chiara di condanna dell’aggressione militare e degli atti di genocidio della Russia contro l’Ucraina, nonché realizzare il perseguimento penale dei criminali di guerra. Il male impunito continua a causare ancora più danni”.

In conclusione, i vescovi della Chiesa Greco Cattolica Ucraina notano che “l'Ucraina è diventata il centro dei cambiamenti globali e sta affrontando prove terribili oggi. Il male è reale: abbiamo visto il suo volto. Le voci delle persone innocenti uccise e crudelmente torturate, brutalmente violentate e deportate contro la loro volontà gridano alla coscienza del mondo. Gli ucraini non mettono in discussione l'importanza di valutare razionalmente le minacce e di esaminare attentamente le mosse politiche. Tuttavia, è altrettanto importante conservare la capacità di guardare agli eventi attuali attraverso gli occhi delle vittime”.

Il testo denuncia il fatto che “la Russia da molti anni utilizza come strumento la cosiddetta guerra ibrida, i cui elementi includono: creazione di dipendenza economica in determinati paesi, guerra dell'informazione attraverso la diffusione di propaganda e fake news, corruzione dei leader delle organizzazioni internazionali e dei politici, minacce e distruzione dei propri cittadini dissidenti che sono riusciti a emigrare in altri paesi, e così via”.

Insomma, “l'obiettivo della Russia è quello di creare minacce e caos, al fine di successivamente annettere i territori di altri paesi o offrire loro il proprio "aiuto" per ottenere il controllo su di essi. Tale politica subdola e distruttiva richiede alla comunità internazionale un riconoscimento rapido delle minacce globali e una chiara valutazione morale da parte della Chiesa”.

Ma il sinodo va oltre. Nota che, “iniziando una guerra ibrida contro l'Ucraina, la Russia ha sfidato, in verità, tutto il mondo civilizzato”, sconvolgendolo al punto che “molte persone hanno smesso di distinguere verità e menzogna, e di conseguenza anche bene e male”.

“Sotto i nostri occhi – denunciano i vescovi - si sta verificando una terribile sostituzione: ciò che è malvagio si veste con i panni del bene; e ciò che è buono viene marchiato come malefico. In un mondo distorto in questo modo, non sarà possibile né evitare né fermare le guerre”.

Insomma, “le dichiarazioni verbali sfocate e il linguaggio politico ambiguo saranno impotenti, e la neutralità diplomatica senza chiari fondamenti e punti di riferimento si trasformerà gradualmente in relativismo morale o addirittura in debolezza, che già oggi impedisce a molti politici nel mondo civilizzato di riconoscere l’aggressione delle truppe russe in Ucraina come genocidio del popolo ucraino, poiché ciò richiederebbe il loro intervento. Attualmente, molti cristiani appartenenti alla generazione postmoderna del mondo occidentale, semplicemente non vedono il genocidio del popolo ucraino e non sentono le grida delle vittime, ma, per non perdere la facciata, continuano a esprimere la propria preoccupazione e profondo turbamento”.

Si può superare tutto questo solo con una “chiara e inequivocabile proclamazione della verità evangelica”, perché “la voce dell'Eterna Verità evangelica, la sua incarnazione nei rapporti sociali e internazionali, ha una storia unica nella tradizione della Chiesa di Kyiv e nella nostra millenaria tradizione di costruzione dello Stato”.

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