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Un servizio di EWTN News

Un'altra vittima dei comunisti salirà sugli altari

Il 24 gennaio sul Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede è apparsa la notizia circa la promulgazione di Decreti del Dicastero delle Cause dei Santi: “Oggi, durante l’Udienza concessa a Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, il Sommo Pontefice ha autorizzato il medesimo Dicastero a promulgare i Decreti riguardanti…”. Seguiva l’elenco di sei nomi dei futuri beati tra cui il nome del Servo di Dio Michał Rapacz, sacerdote diocesano, nato il 14 settembre 1904 a Tenczyn (Polonia) e ucciso in odio alla fede il 12 maggio 1946 nei pressi di Płoki (Polonia). Con padre Rapacz, di cui è stato riconosciuto il martirio, salirà sugli altari un'altra vittima della barbarie comunista in Polonia nel periodo post seconda guerra mondiale.

L’occupazione tedesca della Polonia finì nel 1945 con l’arrivo dell’Armata Rossa. Ma i soldati russi non portarono ai polacchi la libertà ma una nuova oppressione, questa volta comunista. Il regime comunista vedeva la religione come “oppio per i popoli”, perciò la Chiesa veniva percepita come nemica del sistema e ostacolo nella creazione dell’homo sovieticus. Con passare degli anni la lotta contro la Chiesa prese forme ben strutturate. Dei sacerdoti si occupavano i servizi di sicurezza che facevano parte della struttura del Ministero degli Interni (MSW) dove funzionava un dipartimento speciale, il cosiddetto Dipartimento IV, che si occupava specificamente della lotta contro la Chiesa (allora si parlava della lotta contro il “clero reazionario”).

I Servizi di Sicurezza usavano due metodi nei confronti della Chiesa. Il primo metodo era la politica anti-ecclesiale delle autorità, per esempio: l’abolizione delle lezioni di religione nelle scuole, i divieti di organizzazione delle cerimonie religiose, ostacolare l’uso dei mass media da parte della Chiesa. Il secondo metodo consisteva nel terrorismo psicologico. I sacerdoti più zelanti venivano accusati di attività contro lo Stato e di servizio al nemico imperialista. Venivano inoltre accusati falsamente di aver commesso dei reati criminali o comuni. Successivamente venivano processati in spettacolari processi farsa che finivano con lunghe pene di detenzione o con la pena capitale. Purtroppo, l’eliminazione fisica dei sacerdoti faceva parte di modus operandi del regime comunista polacco.   

Don Michał Rapacz nacque nel 1904 in una famiglia di contadini, fu ordinato sacerdote nel 1931. Studiò Teologia all’Università Jagellonica di Cracovia. Il suo ministero si svolse a Płoki, una località a circa 35 km da Cracovia. Era un sacerdote pieno di zelo, un uomo di preghiera. Aiutava materialmente e spiritualmente i poveri, i sofferenti e provati dall'occupazione tedesca (1939-1945). Dopo la fine della seconda guerra mondiale e con l’inizio del regime comunista in Polonia, il suo lavoro cominciava a dare fastidio ai comunisti. Si trattava principalmente di lavoro con i giovani, a cui piaceva e ai quali dedicava molto tempo. Non piaceva nemmeno la sua audace rivendicazione del posto di Dio e della Chiesa nella vita sociale. Nell’aprile 1946 in una riunione gli attivisti del partito comunista decretarono la sua morte. Avvisato, si rifiutò di lasciare il paese in nome del dovere pastorale e della sua coscienza. In una delle ultime omelie dichiarò: “Anche se dovessi morire, non smetterò di predicare questo Vangelo e non rinuncerò alla mia stessa croce”. Fu assassinato nella notte fra l’11 ed il 12 maggio 1946 da circa 20 miliziani comunisti.

Le sue ultime parole udite da testimoni furono: “Sia fatta la tua volontà, Signore”. Fu subito venerato come martire. La causa di beatificazione promossa dall’Arcidiocesi di Cracovia cominciò nel 1992, nel 2017 il procedimento diocesano si è chiuso e gli atti del processo sono stati trasferiti alla Congregazione delle Cause dei Santi in Roma. Al Dicastero i consultori storici e consultori teologi e infine la congregazione ordinaria dei cardinali e dei vescovi, hanno espresso pareri positivi, riconoscendo che don Michal Rapacz fu martirizzato in odio alla fede (in odium fidei): lo attesta il decreto firmato da Francesco il 24 gennaio.

Don Rapacz fu la prima vittima del regime comunista, ma conosciamo nomi di altri 18 sacerdoti uccisi dai suoi sicari. Il più conosciuto martire polacco del comunismo è padre Jerzy Popiełuszko, oggi beato. Ma bisogna ricordare anche gli altri come beato Władysław Findysz, Władysław Gurgacz, Stefan Niedzielak, Stanisław Suchowolec o Sylwester Zych.

Le persecuzioni comuniste dei sacerdoti durarono fino all’anno 1989 e, purtroppo, nella stragrande maggioranza dei casi i responsabili dei crimini del regime non sono stati né identificati e né puniti.

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