Città del Vaticano , 24 January, 2024 / 9:16 AM
Non un peccato del portafogli, ma del cuore, che colpiva anche i monaci del deserto che erano stati in grado di privarsi di tutto, ma non di pochi oggetti personali. L’antidoto, per questa avarizia, è radicale: la meditazione della morte. Papa Francesco prosegue il ciclo di catechesi sui vizi e le virtù, e oggi affronta il tema dell’avarizia.
È la quinta meditazione di questo ciclo di catechesi, da poco iniziato, e cade nel giorno in cui si celebra San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. La giornata è soleggiata, l’udienza si tiene in Aula Paolo VI. In molti sono andati ad ascoltare il Papa, tra cui un nutrito gruppo di giovani provenienti dall’Asia. La catechesi è breve, come di consueto.
L’avarizia è definita da Papa Francesco “quella forma di attaccamento al denaro che impedisce all’uomo la generosità”, e che riguarda tutti, tanto che i padri del deserto scoprirono che l’avarizia “potesse impadronirsi anche di monaci i quali, dopo aver rinunciato a enormi eredità, nella solitudine della loro cella si erano attaccati ad oggetti di poco valore: non li prestavano, non li condividevano e men che meno erano disposti a regalarli”.
Sono rivendicazioni che mostrano “un rapporto malato con la realtà”, che “può sfociare in forme di accaparramento compulsivo o di accumulo patologico”, e contro il quale i monaci proponevano il rimedio “drastico eppure efficacissimo” della meditazione sulla morte. "Noi non possiamo portare con noi i beni. Ecco svelata l’insensatezza di questo vizio”.
Papa Francesco deduce da queste considerazioni che l’avarizia è “un tentativo di esorcizzare la paura della morte”, perché “cerca sicurezze che in realtà si sbriciolano nel momento stesso in cui le impugniamo”, come succede all’uomo stolto della parabola che, di fronte a un raccolto copioso, programma come allargare i magazzini, senza però considerare "la variabile più sicura della vita" e cioè la morte.
Il Papa mette in luce come i ladri, il cui operato è “censurabile”, a volte permettono di relativizzare i beni. Sempre i racconti dei padri del deserto narrano “la vicenda di qualche ladro che sorprende nel sonno il monaco, e gli ruba i pochi beni che custodiva nella cella. Al risveglio, per nulla turbato dall’accaduto, il monaco si mette sulle tracce del ladro e, una volta trovatolo, anziché reclamare la refurtiva, gli consegna le poche cose rimaste dicendo: ‘Hai dimenticato di prendere queste!’.”
Papa Francesco nota che “possiamo essere signori dei beni che possediamo, ma spesso accade il contrario: sono loro alla fine a possederci. Alcuni uomini ricchi non sono più liberi, non hanno più nemmeno il tempo di riposare, devono guardarsi alle spalle perché l’accumulo dei beni esige anche la loro custodia. Sono sempre in ansia perché un patrimonio si costruisce con tanto sudore, ma può sparire in un attimo”.
Nel fare questo, dimenticano la predicazione evangelica, “la quale non sostiene che le ricchezze in sé stesse siano un peccato, ma di certo sono una responsabilità”.
Conclude Papa Francesco: Possiamo essere signori dei beni che possediamo, ma spesso accade il contrario: sono loro alla fine a possederci. Alcuni uomini ricchi non sono più liberi, non hanno più nemmeno il tempo di riposare, devono guardarsi alle spalle perché l’accumulo dei beni esige anche la loro custodia. Sono sempre in ansia perché un patrimonio si costruisce con tanto sudore, ma può sparire in un attimo. Dimenticano la predicazione evangelica, la quale non sostiene che le ricchezze in sé stesse siano un peccato, ma di certo sono una responsabilità".
Dio - nota il Papa - "non è povero: è il Signore di tutto, però – scrive san Paolo – «da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9)". E questo "è ciò che l’avaro non capisce. Poteva essere motivo di benedizione per molti, e invece si è infilato nel vicolo cieco dell’infelicità".
A braccio, il Papa ricorda un avaro che dava alla mamma mezzo yogurt per poter risparmiare, e quando è morto si commentava che non si poteva chiudere nella bara perché voleva portare tutto con lui. "L'avarizia fa ridere gli altri - dice il Papa - perché dobbiamo lasciare tutto. Siamo generosi con tutti e generosi con quanti hanno più bisogno di noi".
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