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Padre Fabio Nardelli: dal Sinodo dei vescovi il volto missionario della Chiesa

Se la missione è grazia che impegna tutta la Chiesa, i fedeli laici contribuiscono in modo vitale a realizzarla in tutti gli ambienti e nelle situazioni più ordinarie di ogni giorno. Sono loro soprattutto a rendere presente la Chiesa e ad annunciare il Vangelo nella cultura dell’ambiente digitale, che ha un impatto così forte in tutto il mondo, nelle culture giovanili, nel mondo del lavoro, dell’economia e della politica, delle arti e della cultura, della ricerca scientifica, dell’educazione e della formazione, nella cura della casa comune e, in modo particolare, nella partecipazione alla vita pubblica.

Là dove sono presenti, essi sono chiamati a testimoniare Gesù Cristo nella vita quotidiana e a condividere esplicitamente la fede con altri. In particolare i giovani, con i loro doni e le loro fragilità, mentre crescono nell’amicizia con Gesù, si fanno apostoli del Vangelo tra i loro coetanei”.

Una delle proposte della Relazione di Sintesi della prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi invita a valutare i ‘frutti della prima Sessione; e, al contempo, è emersa anche la necessità di un apporto più organico e articolato della teologia e del diritto canonico. Diversi saranno gli aspetti da ‘studiare da un punto di vista teologico; e, nei prossimi mesi, le Pontificie Università Romane saranno direttamente coinvolte nella riflessione, attraverso la costituzione di piccole commissioni per avviare tavoli di lavoro, al fine di riferire in maniera puntuale riguardo alcune tematiche, che sono state solamente accennate, per ripartire nella seconda Sessione con slancio e decisione, perseguendo il desiderio di realizzare sempre più la ‘trasformazione  missionaria’ della Chiesa.

Per approfondire il capitolo della ‘Relazione di Sintesi’, dedicata alla missione abbiamo contattato p. Fabio Nardelli, docente di Ecclesiologia alla Pontificia Università Antonianum ed all’Istituto Teologico di Assisi, ed assistente alla Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense

Quale volto missionario è emerso dal sinodo dei vescovi appena concluso?

“E’ proprio quello “missionario” il volto che la Chiesa ha presentato di sé al termine della prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, in cui definisce se stessa dicendo: ‘La Chiesa è missione’, con riferimento esplicito alle parole di Gesù: ‘Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi’ (Gv. 20, 21). Dunque, la Chiesa esiste per annunciare il Vangelo: questa è la sua missione. Emerge, pertanto, una visione ecclesiale, che si ispira sempre più al rinnovamento missionario, ed è più attenta al sacerdozio comune dei fedeli nelle sue diverse manifestazioni vitali, al rapporto della Chiesa con il mondo e alla realtà dialogica e relazionale con le altre culture e religioni”.

A quale ‘responsabilità della missione della Chiesa’ sono chiamati i ‘discepoli di Gesù’?

A dare testimonianza della verità, che è lo scopo per cui Gesù è stato mandato in questo mondo, secondo le sue parole a Pilato: ‘Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità’ (Gv. 18, 37). Questa quindi è anche la responsabilità che devono assumere tutti i discepoli di Gesù, che ne hanno ricevuto il mandato con i sacramenti dell’iniziazione. Si può parlare, perciò, di una riscoperta dell’ecclesiologia battesimale, in quanto il ‘primo dei sacramenti’ dà l’identità a ogni credente che partecipa alla missione di Cristo e diviene portatore dell’annuncio del Signore morto e risorto per la nostra salvezza”.

Perché la missione ‘ad gentes’ è un arricchimento reciproco delle Chiese?

“Primo, perché l’eccezionalità della pratica della missione ‘ad gentes’ coinvolge di fatto tutta la Chiesa locale da cui proviene e che sostiene il suo lavoro con la preghiera e l’aiuto materiale. Secondo, perché la grazia di cui è portatore il missionario ‘ad gentes’ non solo torna a beneficio della Chiesa da cui è accolto come collaboratore, ma produce anche uno scambio vitale che torna a vantaggio delle rispettive Chiese, ravvivando lo Spirito da cui sono animate. In questo ​ contesto, allora, si può auspicare una visione dinamica delle Chiese, in cui ogni fedele ‘a suo modo proprio’ è chiamato a dare testimonianza al Vangelo”.

Quale ruolo hanno le donne nella missione della Chiesa?

“In principio, non diverso da quello esercitato dagli uomini, perché anche loro sono portatrici della grazia di Cristo ricevuta nel battesimo, secondo le parole di Paolo: ‘Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo’ (Gal. 3, 28). In pratica, come dirette collaboratrici di chi nella Chiesa ha il mandato apostolico, secondo il loro stato, laico o consacrato. Tali infatti furono le due donne, Evodia e Sintiche, di cui Paolo dice: ‘Hanno combattuto per il Vangelo’ (Fil.  4, 3) insieme a lui. Certamente, ciò che è stato ribadito dal Sinodo, non è una questione di diritti da rivendicare, ma di doni ricevuti; e le donne, davvero, sono un ‘elemento dinamico’ della missione della Chiesa”.

Perché il Sinodo dei Vescovi ha ribadito che la Chiesa è missionaria?

Perché ha riconosciuto  che la Chiesa si è formata  proprio in funzione dell’annuncio  del Vangelo, secondo il mandato di Gesù agli apostoli dopo la sua risurrezione: Andate e fate discepoli tutti i popoli’ (Mt. 28, 19). Da questo infatti dipende la salvezza degli uomini, secondo le parole dello stesso Gesù: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvato (Mc. 16, 15). La Chiesa, perciò, è invitata a riscoprire l’unitas missionis (unità della missione) quale vocazione originaria, al fine di riscoprire maggiormente il suo volto sinodale. Papa Francesco ha affermato, infatti, che la sinodalità trova la sua sorgente e il suo scopo ultimo nella missione: nasce dalla missione ed è orientata alla missione’”.

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