Roma, 21 December, 2023 / 2:00 PM
‘Le ‘carte’ di Pio XII oltre il mito. Eugenio Pacelli nelle sue carte personali. Cenni storici e inventario’, è il titolo del volume di Giovanni Coco, che contiene un documento inedito sui campi di sterminio: si tratta di una lettera del 14 dicembre 1942, inviata dal gesuita tedesco, p. Lothar Konig al confratello, p. Robert Leiber, segretario personale di papa Pio XII, che contiene una statistica sui sacerdoti detenuti in campi di concentramento, e menziona i lager di Auschwitz e di Dachau, accennando al tragico destino degli ebrei.
Per approfondire meglio il valore di tale ‘scoperta’ di queste nuove ‘carte’ relative al pontificato di papa Pio XII, abbiamo chiesto a Giovanni Coco, di raccontarci cosa affermano tali carte: “Queste carte, che ho riordinato nel corso di tre anni, sono quello che rimane dell’archivio personale di papa Pio XII. Questi documenti ci aiutano a comprendere meglio l’uomo e la sua personalità. Su papa Pio XII sono state usate definizioni di ogni tipo: papa degli ebrei e papa contro gli ebrei, oppure il papa di Hitler e il papa contro Hitler: un papa ‘giudicato’ attraverso luoghi comuni. Adesso attraverso i ‘suoi’ documenti, quelli più vicini alla sua persona, possiamo tracciare meglio quale fosse veramente l’uomo, cosa pensasse e la ‘rete’ delle sue conoscenze. In Particolare il vero ‘tesoro’ di queste carte sono le minute dei suoi discorsi. Pio XII era un uomo molto parco nel parlare di sé stesso ma, attraverso attraverso le correzioni e le modifiche che apportava al testo dei suoi discorsi, possiamo conoscere il suo pensiero. L’uomo Eugenio Pacelli emerge dall’incrostatura del tempo attraverso i documenti”.
Il ‘silenzio’ di papa Pio XII: ma è verso che c’è stato questo silenzio verso la deportazione degli ebrei?
“Premetto che il cosiddetto ‘silenzio’ fu il frutto una serie cause e non solo di una: ragioni che si ricollegano anche ad un clima storico ed alla diffidenza nei confronti del mondo ebraico.
Sicuramente ci fu un atteggiamento reticente ma queste carte aiutano a comprenderlo ancora meglio. Tra i documenti recuperati c’è una lettera, datata 14 dicembre 1942, di un gesuita tedesco, p. Lothar König, diretta al segretario personale del papa, p. Robert Leiber, che faceva da tramite con il papa. In questa lettera p. König riferiva sul campo di concentramento di Dachau, dove erano detenuti migliaia di sacerdoti cattolici e allegava alcune statistiche, e inoltre aggiungeva informazioni su altri campi di sterminio come Auschwitz, con la notizia sul numero di ebrei e polacchi quotidianamente uccisi e bruciati negli ‘altiforni’, cioè nei forni crematori.
Questa lettera è quello che rimane di una lunga corrispondenza, come si comprende dal tono e dalle parole usate da p. König. Questa lettera conferma quanto già sapevamo, ovvero che la Santa Sede fosse già informata dello sterminio in corso, ma rivela anche nuovi risvolti. Le informazioni sullo sterminio erano confermate anche dal “ventre del drago”, cioè provenivano anche dall’interno della Germania attraverso i canali della resistenza cattolica, alla quale apparteneva p. König. In Vaticano quindi erano informati anche attraverso fonti che erano ritenute autorevoli per la loro provenienza, sicuramente ritenute attendibili dal segretario personale del papa e, in ultima analisi, dallo stesso Pio XII.
Il silenzio fu il frutto di una serie di decisioni, non ultima, anche la paura delle conseguenze che un’eventuale parola del papa avrebbe potuto avere sul destino dei cattolici polacchi e tedeschi: il timore di una rappresaglia nazista contro il proprio gregge. Infatti, in quella stessa lettera p. König raccomandava più volte che il Vaticano fosse prudente ed usasse con discrezione quelle informazioni, senza rivelare che esse provenissero dalla Chiesa tedesca, perché una eventuale fuga di notizie avrebbe provocato nuove e più feroci persecuzioni contro i cattolici”.
In realtà quale è stata l’azione di papa Pio XII verso gli ebrei?
“Si è sviluppata soprattutto in campo caritativo e assistenziale, preferendo soccorrere materialmente la popolazione ebraica che si rivolgeva al Vaticano in cerca di un aiuto. Tale soccorso è andato soprattutto agli ebrei convertiti al cattolicesimo ed alle loro famiglie: una scelta che non deve sorprendere per un duplice motivo. E’ ovvio che vi fu più attenzione verso il ‘proprio gregge’, ma è altrettanto vero che fossero soprattutto gli ebrei convertiti a rivolgersi al papa. Si è trattato in genere di soccorsi materiali, come l’aiuto per l’espatrio, quando possibile; ed in alcuni casi si è provveduto anche ad erogare contributi in denaro per il mantenimento.
Non tutte le domande però furono accolte e, questo è bene dirlo, non per una discriminazione religiosa nei confronti dei non-battezzati. Il processo decisionale se accogliere o meno una richiesta di aiuto rispondeva ad una filiera burocratica. Se il signor Rossi (nome di fantasia) scriveva al papa, dicendo che di essere un ebreo in difficoltà ed aveva bisogno di un contributo in denaro per poter emigrare in un Paese accogliente, si prendevano informazioni sul signor Rossi. Se il signor Rossi risultava essere una brava persona, allora si procedeva ad istituire un contributo; se invece le informazioni non erano buone, il contributo veniva respinto.
Oppure, vi potevano essere richieste per avere i documenti per espatriare: laddove la legge od i Paesi ospitanti lo consentivano, il Vaticano si adoperava per ottenere quelle concessioni; se i richiedenti non rientravano nelle categorie previste, le richieste venivano respinte. Quindi occorre sfatare anche l’idea che tutte le domande provenienti dal mondo ebraico venissero accolte; erano accettate solo quelle che rispondevano a certi criteri. E si può constatare che vi furono richieste di ebrei battezzati che vennero accolte e altre respinte; e lo stesso processo avvenne anche per i non battezzati”.
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