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Un servizio di EWTN News

Vaticano, quando si va in carcere?

Il palazzo in Vaticano dove ha sede la Gendarmeria Vaticana

Sgombriamo il campo da ogni illazione: anche se le pene detentive del processo vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato dovessero essere confermate nei vari appelli e passare in giudicato, non ci dovrebbero essere nuovi inquilini dei cosiddetti carceri vaticani.

Per due motivi. Il primo: lo Stato di Città del Vaticano ha un suo sistema giudiziario e codice penale, ed è uno Stato che funziona a tutti gli effetti, ma non ha un vero e proprio carcere. C’è possibilità di trattenere delle persone dopo l’arresto per un periodo di tempo, ma non si tratta di un carcere vero e proprio. Se le condanne diventassero esecutive, dunque, gli imputati non sarebbero detenuti lì, ma in Italia, in virtù di un articolo dei Patti Lateranensi. Il secondo motivo: se le pene non superano una certa soglia, la decisione del legislatore vaticano è quella che in questi casi si applica una sospensione della pena. Nessuno va in carcere, a meno che non si commettano altri reati. Reati in Vaticano, beninteso.

Ma ci sono celle in Vaticano? Sì, ce ne sono tre, e si trovano nel palazzo dove ha sede la Gendarmeria Vaticana. Sono piccole, organizzate in modo moderno e sono state spesso utilizzate negli ultimi anni. Gli “ospiti”, se così possiamo dire, vanno da Paolo Gabriele, il “maggiordomo” di Benedetto XVI processato per aver trafugato documenti, a Gianluigi Torzi, imputato in questo processo, che si trovò in detenzione preventiva dopo essersi recato in Vaticano per farsi interrogare dai magistrati.

Le celle non sono poco confortevoli, ma presentano qualche disagio, perché non c’è una vera e propria organizzazione carceraria. Lo si vede nel momento dei pasti, perché alla sera i gendarmi non sono in caserma, e non c’è una mensa preposta. Non possono dunque servire ad una detenzione lunghissima.

Quando l’ex nunzio Wesolowski fu arrestato in Vaticano, rimase infatti agli arresti domiciliari, e così successe per monsignor Alberto Capella, l’ex segretario di nunziatura che fu poi condannato per pedopornografia dal Tribunale Vaticano.

Cosa succede allora se c’è una condanna detentiva? La pena viene scontata in Italia. Questa norma è regolamentata dall’articolo 22 del Trattato del Laterano, in cui si legge che: “A richiesta della Santa Sede e per delegazione, che potrà essere data dalla medesima o nei singoli casi o in modo permanente, l’Italia provvederà nel suo territorio alla punizione dei delitti che venissero commessi nella Città del Vaticano, salvo che l’autore del delitto si sia rifugiato nel territorio italiano nel quale caso si procederà senz’altro contro di lui a norma delle leggi italiane”.

Le spese della detenzione sarebbero comunque a carico dello Stato di Città del Vaticano.

Si deve però considerare il fatto che molti degli imputati potrebbero non dover per niente scontare la pena.

Il 6 settembre 2021, Papa Francesco ha infatti promulgato la legge numero DXXXI (531) con modifiche al Codice Penale e al Codice di Procedura Penale vaticano. L’articolo 28 della legge riscriveva l’articolo 423 del codice di procedura penale così: “Nel pronunciare sentenza di condanna a pena detentiva per durata non superiore a due anni, o ad una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva, e convertita a norma di legge, priverebbe della libertà personale per un tempo nel complesso non superiore a due anni, contro persona che non abbia mai riportato condanna alla reclusione, il giudice, salvo che sia altrimenti stabilito in leggi speciali, può ordinare che l’esecuzione della condanna rimanga sospesa per il termine di cinque anni, trattandosi di condanna per delitto o, se trattasi di condanna per contravvenzione, per un termine di due anni”.

In pratica, se le condanne resteranno quelle richieste, si dovrebbe scontare il carcere in Italia, mentre se le condanne saranno derubricate a qualcosa di inferiore, la pena resterà sospesa e, se in cinque anni non ci saranno reati, sarà semplicemente cancellata.

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