La Valletta, 28 November, 2023 / 9:00 AM
La Chiesa in Europa si trova di fronte a sfide importanti, da vivere con una voce unica e con lo sguardo diretto a Cristo, per poter essere davvero una “Europa samaritana”. L’arcivescovo Gintaras Grušas di Vilnius, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali di Europa, comincia con una densa prolusione l’assemblea plenaria che riunisci i presidenti di 33 conferenze episcopali, più sei tra diocesi nazionali ma senza conferenza episcopale e diocesi dalle caratteristiche particolari.
La tre giorni di plenaria prevede tre linee guida principali: gli aggiornamenti del Sinodo, ad opera del Cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo; il ruolo delle strutture sovranazionale e della conversazione dello spirito nella prassi delle Chiese in Europa, trattato dal Cardinale Jean-Claude Hollerich, relatore generale del Sinodo; e poi l’aggiornamento della Charta Oecumenica, che fu firmata nel 2001 da CCEE e CEC e rappresenta l’impegno di cooperazione ecumenica delle confessioni cristiane in Europa.
L’arcivescovo Grušas guarda però alle sfide europee con uno sguardo più ampio. E lo fa partendo da un esempio, quello di San Giosafat, martire dell’unità di cui in Lituania si celebra il quattrocentenario, ma la cui storia ha unito i popoli di Lituania, Ucraina, Polonia e Bielorussia. Un anniversario che “ha molto da dire” in quello che è descritto come “un periodo particolarmente drammatico per l’Europa”, perché nel continente ci sono “storie di santità che ci uniscono e che sono in grado di alleviare le ferite della storia”.
Il presidente del CCEE ricorda anche le origini del CCEE, la “semplice nota” dell’allora monsignor Etchegaray che diede inizio a tutto proprio partendo dalle sollecitazioni dei vescovi di Europa. Un Consiglio più volte messo a punto, e anche oggi punta ad adeguarsi ai tempi, ma sempre mantenendo “lo spirito originario del Consiglio, quello spirito che chiedeva ai vescovi di fare rete, di lavorare insieme, di essere espressione di un continente unito”.
Guardando al Sinodo, l’arcivescovo Grušas ha ricordato che il compito dei vescovi, “come pastori, è stato quello di metterci in ascolto del popolo di Dio, di ascoltarne le istanze, di portarle all’attenzione dei nostri fratelli vescovi. Non abbiamo lavorato in senso politico, non abbiamo resistenze da superare”.
Mentre si celebrava il Sinodo, è scoppiato il conflitto in Terrasanta. Grušas ha ribadito che i vescovi condannano fermamente gli attacchi terroristici di Hamas, ma anche l’escalation militare nella Striscia di Gaza perché “la violenza non può essere un modo per difendere una causa”, e rinnova “l’appello per un cessate il fuoco definitivo, perché si prosegua con la liberazione degli ostaggi e si tengano aperti i corridoi umanitari a Gaza”.
L’Europa vive tra l’altro nel dramma del secondo anno di guerra in Ucraina. Il presidente dei vescovi europei ricorda che “il flusso di rifugiati nei Paesi europei ha richiesto un surplus di sforzo alle nostre Chiese particolari, che si sono impegnate a dare non solo assistenza umanitaria, ma anche pastorale, a quanti sono stati accolti. Auspichiamo che si raggiunga presto l’intesa di una pace giusta, nel rispetto del diritto internazionale, che è una delle grandi vittime di questa situazione”.
L’arcivescovo Grušas ricorda anche il dramma degli abusi, mette in luce i rapporti pubblicati da Germania, Francia, Svizzera, Portogallo, Spagna, Italia, ribadisce la condanna degli abusi e la richiesta di perdono alle vittime, e ricorda che “la Chiesa si sta impegnando in un faticoso e doloroso processo di purificazione e riconciliazione” e che “dobbiamo continuare a mettere in campo azioni concrete ed efficaci per prevenire e contrastare gli abusi contro i minori e le persone vulnerabili”.
Tuttavia, ricorda l’arcivescovo, “il vero volto della Chiesa non è quello degli abusi. Guardiamo con orgoglio ai nostri tanti sacerdoti e persone consacrate, impegnati ogni giorno ad accogliere, accompagnare e consolare tanti nostri fratelli e sorelle, ad aiutare gli ultimi della società, a diffondere il Vangelo anche a costo della vita”.
L’arcivescovo Grušas ricorda anche la sfida dell’intelligenza artificiale (la Santa Sede dedica al tema la prossima Giornata Mondiale della Pace e quella per le Comunicazioni Sociali), e sottolinea che “il nuovo linguaggio creato dall’AI pone nuove sfide alla comunicazione, il modo in cui queste nuove tecnologie vengono usate può cambiare profondamente la percezione dei fatti e modificare completamente il nostro modo di pensare. È urgente una riflessione su questi temi, sulle implicazioni etiche che ne scaturiscono, sulla giustizia sociale da garantire perché nessuno resti indietro”.
Il presidente del CCEE ricorda anche che il cristianesimo è la religione più perseguitata al mondo, notando come anche nel cuore dell’Europa i casi di discriminazione anti-cristiana sono enormemente cresciuti – ne sono stati registrati 748 lo scorso anno, ha documentato l’ultimo rapporto annuale dell’Osservatorio sulla Intolleranza e la Discriminazione dei Cristiani in Europa.
C’è poi il tema della vita. Non c’è solo il caso Indi Gregory, la bambina cui sono stati staccati i supporti vitali contro il parere dei genitori (caso non isolato in Inghilterra), ma anche la proposta di inserire l’aborto nella Costituzione Francese, la legge che consente l’eutanasia per i bambini in Olanda, la legge sull’eutanasia in Portogallo, tutte circostanze che mostrano una tendenza europea verso “un piano inclinato che porta sempre più da una cultura della vita ad una cultura della morte”.
I vescovi europei si impegnano, dunque, “a sviluppare una nuova cultura della vita, che includa la cura del non nato, del concepito, del malato terminale, ma anche del povero, del migrante forzato, e di tutte le vittime che ci troviamo di fronte. Saremo una ‘Europa samaritana’ solo se sapremo parlare ad una sola voce su questi grandi temi che ci interrogano”.
Conclude Grušas: “Ci troviamo di fronte a sfide importanti, da affrontare insieme, con uno spirito europeo e cristiano che da troppo tempo sembra essere diventato preda di interessi nazionali. Il cammino ecumenico e il lavoro con le Chiese sorelle saranno cruciali in questo percorso. Siamo convinti, oggi più che mai, che la visione cristiana possa davvero contribuire ad una vera civiltà dell’amore”.
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