Città del Vaticano , 14 November, 2023 / 6:00 PM
La sinodalità va applicata anche alle procedure giudiziarie, e in questo modo si può superare “una visione distorta delle cause matrimoniali”, secondo la quale si pensa che si debbano affermare “meri interessi soggettivi”, mentre invece tutti i partecipanti al processo “sono chiamati a concorrere al medesimo obiettivo, quello di far risplendere la verità di un’unione concreta tra un uomo e una donna”. Lo ha spiegato l’arcivescovo Edgar Peña Parra, sostituto della Segreteria di Stato, inaugurando, lo scorso 9 novembre, l’anno accademico 2023-2024 dello Studio Rotale, la scuola di specializzazione per diventare avvocati della Sacra Rota.
L’arcivescovo Peña Parra ha individuato “ascolto, discernimento e pronuncia” come tre aspetti dell’iter giudiziale, che vanno praticati applicando “sinodalità”, ovvero camminando insieme. Sono tre parole chiave, ha detto il sostituto, come sono tre le parole chiave del processo sinodale in corso, comunione, partecipazione e missione.
Elaborando sulle tre parole chiave del Sinodo, il sostituto ha sottolineato che la comunione “esprime la natura stessa della Chiesa”, la missione “corrisponde all’impegno apostolico verso il mondo contemporaneo”, mentre la partecipazione garantisce che “le prime due, cioè la comunione e la missione, non diventino termini astratti”, bensì esprimano “la concretezza della sinodalità”.
Secondo l’arcivescovo Peña Parra, l’unicuique suum (a ciascuno il suo), obiettivo classico del diritto, appare lontano dall’idea sinodale, che invece “suggerisce condivisione e superamento di posizioni individualistiche”.
Per il sostituto, però, non è così, e non lo è soprattutto nel diritto della Chiesa, perché “in essa l’esercizio dei propri diritti è riconosciuto ai fedeli proprio in funzione della comune aedificatio Ecclesiae”, ed è per questo che il diritto canonico “ha conservato nei secoli una caratteristica particolare, e cioè un doppio legame verso la legge e verso le esigenze pastorali”.
Dimensione giuridica e pastorale sono dunque “inseparabilmente unite sulla terra”, ed è “compito dell’autorità e dell’operatore del diritto rendere concreta e possibile questa peculiarità”.
Peña Parra ha poi ricordato la funzione della Rota, la cui funzione è “di dire sostanzialmente, nell’ambito giudiziario, l’ultima parola nelle controversie contenziose, relative ai diritti di persone fisiche o giuridiche da perseguire, nell’accertamento dei fatti giuridici” come quelli della nullità del matrimonio, “nelle cause penali e in quelle questioni meramente processuali di cui la soluzione è funzionale per il corretto svolgimento dei processi che vertono sulle questioni sostanziali”.
Non si tratta, aggiunge, solo di un organo di revisione, ed è per questo che il suo lavoro si articola in ascolto, discernimento e pronuncia.
Per quanto riguarda l’ascolto, Peña Parra spiega che soltanto attraverso l’esercizio dell’“ascolto autentico” il processo canonico “acquisisce una dimensione genuinamente umana, pastorale e personale”, superando “la fredda acquisizione dei dati”.
Quindi, il discernimento, basato su tre criteri: il “fermo orientamento verso la verità”, “la valutazione delle prove”, e quindi “la certezza morale”.
Infine, la pronuncia, che è – spiega il sostituto – “è un atto processuale che appartiene esclusivamente al giudice e che ha per oggetto la definizione o la decisione sulla materia che gli è stata sottoposta”. Si tratta di emettere “un giudizio circa la conformità o meno della pretesa della parte con il diritto sostantivo, mediante il quale viene deciso di accoglierla o negarla”.
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