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Un servizio di EWTN News

San Nicola da Tolentino, il perdono una festa di Dio

Il 10 settembre a Tolentino si festeggia san Nicola ed il sabato successivo alla festa del Santo chi si reca nel Cappellone del Santuario può ‘prendere’ l’indulgenza plenaria concessa da papa Bonifacio IX con la Bolla papale ‘Splendor paternae gloriae’ del 1 gennaio 1390, come è riportato dalle cronache di Gaetano Moroni nel ‘Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica: da S. Pietro sino ai nostri giorni’, edito nel 1856:

“Bonifacio IX con una bolla, concesse l’indulgenza plenaria nella domenica dentro l’ottava della festa del santo (dunque si celebrava prima della canonizzazione di Eugenio IV), indulgenza che veniva anche accordata a chi visitava la Porziuncola, onore confermato anche da altri Papi”.

Al rettore del Collegio ‘Santa Monica’ di Roma, p. Pasquale Cormio, chiediamo di raccontarci il motivo per cui il perdono è una festa: “Il perdono è una festa, perché è un incontro con la vita e con la Grazia,che profondamente ci rinnova. Ci rendiamo conto che quando viviamo nella condizione del peccato, cioè quando il peccato prende la nostra vita, ci troviamo anche in una situazione di morte, cioè di rottura dei nostri rapporti con Dio, ma anche con i fratelli. Allora il perdono di Dio interviene a restituire la vita, cioè a restituire un rapporto di comunione tra noi, Dio ed i fratelli. San Nicola da Tolentino è proprio questo apostolo del perdono; colui che ha fatto della riconciliazione del sacramento della misericordia il segno della vita che vince la morte”.

In quale modo ci si può accorgere del perdono di Dio?

“Per ricevere il perdono di Dio sono richieste le condizioni che la Chiesa ci offre proprio per preparare la nostra vita a questo dono di grazia. Questo per noi significa accostarci al sacramento della riconciliazione, ricevere l’Eucarestia partecipando alla Santa Messa, facendo la professione di fede,cioè rinnovando la nostra adesione al Signore, pregando per la Chiesa ed i fratelli secondo le intenzioni del papa e manifestando il desiderio di un sincero cambiamento interiore”.

In quest’ottica quale senso ha la penitenza?

“La penitenza è un impegno che noi assumiamo: il perdono è un dono che viene da Dio ed è assolutamente gratuito, che il Signore ci fa. Però i doni di Dio,pur essendo gratuiti, chiedono anche una nostra responsabilità nel momento in cui li riceviamo. Allora quella penitenza, che il sacerdote ci dice di realizzare, vuol essere l’espressione di un cambiamento interiore: riconosco l’importanza del dono e per questo mi impegno a riceverlo con responsabilità e quindi realizzo un cambiamento nella mia vita”.

Per sant’Agostino in cosa consisteva la remissione dei peccati?

“Per sant’Agostino la remissione dei peccati è proprio l’incontro con la Grazia di Dio, che ci viene data attraverso la croce di Gesù Cristo. Sant’Agostino ha vissuto per un lungo periodo della sua giovinezza proprio in una condizione di miseria, come dice lui, a causa del rifiuto di Dio. Ma la sua miseria, ad un certo punto, è toccata e raggiunta dalla misericordia di Dio. Noi possiamo pensare così la festa del perdono, anche questo di san Nicola, con questo insegnamento di sant’Agostino: un incontro tra la misericordia di Dio e la miseria dell’uomo. Queste due parole (misericordia e miseria) sono ‘imparentate’: l’uomo riconosce che ha bisogno di Dio nella sua vita e Dio interviene a colmare questo vuoto, donandogli la vita ed un’occasione di riscatto”.

Oggi san Nicola può essere un insegnamento per la nostra vita?

“San Nicola è rappresentato con un sole che arde, posto sul petto: è un astro che brucia o che splende per la carità. La carità di Nicola è ciò che lo proietta continuamente verso i più deboli, diffonde l’amore che Dio ha riversato nel suo cuore, diventa esempio di santità e di grazia, ‘insegna al popolo a vincere i vizi e il peccato’.

Il primo biografo di san Nicola tratteggia un profilo particolareggiato del santo e delle sue opere di pietà, che lo rendono gradito non solo a Dio, ma anche al prossimo: Visitava i malati partecipando così intensamente alla sofferenza. Incontrando sani e malati non poteva saziarsi di predicare e di annunciare la mirabile dolcezza della parola di Dio. Confortava anche i deboli nello spirito, così che pregava, digiunava e celebrava, versava lacrime per molti peccatori che si confessavano a lui, affinché fossero liberati dalle tenebre dei peccati.

Amava i poveri e li nutriva con la parola e con la fede; procurava per loro vestiti e cibi. Accoglieva volentieri i frati ospiti, come se fossero angeli di Dio. Era letizia ai tristi, consolazione degli afflitti, pace dei divisi, refrigerio degli affaticati, sussidio ai poveri, rimedio singolare per i prigionieri.

Tanto risplendeva per la carità da ritenere il morire un guadagno non solo per Cristo, ma anche per il prossimo. Inoltre le sue parole, provenendo da un cuore pieno d’amore divino, non sapevano affatto di vanagloria e di superfluità, ma erano tutte piene di pietà ed onestà edificanti”.

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