venerdì, novembre 22, 2024 Donazioni
Un servizio di EWTN News

Le donne di Santa Rita, Antonella Dirella: affidarsi a Dio è dono per gli altri

“Essere ‘in uscita’ significa per ciascuno di noi diventare, come Gesù una porta aperta”: le parole di papa Francesco in Ungheria avvalorano la scelta fatta quest’anno di assegnare il ‘Riconoscimento Internazionale Santa Rita, in occasione della festa a lei dedicata, a donne che incarnino il valore del servizio al prossimo.

Sono così state scelte: Luciana Daqua, assistente sociale e docente universitaria con grande attenzione alle maggiori fragilità sociali; Antonella Dirella, insegnante che, una volta rimasta vedova, si è consacrata totalmente a Dio; Franca Pedrini, attenta al prossimo soprattutto nella sua dimensione locale, in particolare come presidente della cooperativa sociale veneta ‘I Piosi’, una delle realtà più  innovative del territorio, che nel 2022 ha avuto l’occasione di uno scambio con l’allora premier Mario Draghi.

Presentando le tre donne suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del monastero Santa Rita da Cascia, ha sottolineato il significato dell’invito del papa: “A nome di tutta la mia comunità, sono felice di raccogliere l’invito del pontefice ad aprire le porte contro l’egoismo, l’individualismo, l’indifferenza, per permettere a tutti di entrare e sperimentare l’amore del Signore.

E di aver scelto di premiare quest’anno, di fronte agli eventi dei nostri tempi, quali pandemia da poco superata, guerra nel cuore dell’Europa, migranti disperati in fuga, proprio quelle donne che ogni giorno scelgono di essere servizio per il prossimo. Le ‘Donne di Rita’ dimostrano di anno in anno come ancora oggi sia possibile vivere secondo i valori che guidarono l’esistenza della santa, quali il perdono, l’amore, e in questo caso la carità”.

Antonella Dirella è insegnante molisana, sempre in cerca di un Amore più grande, quello di Dio, ha accolto la malattia del marito, ha adottato un neonato con problemi di salute ed accolto i bambini profughi della guerra in Bosnia-Erzegovina, ha parlato di un Padre buono a generazioni di bambini e ora vive la sua vocazione come consacrata laica dell’associazione San Giuseppe, fondata da don Giussani. Riceve il Riconoscimento per essersi saputa affidare a Dio ogni volta che la vita l’ha messa alla prova, facendosi dono per gli altri.

Cosa l’ha attratta di mons. Luigi Giussani?

“Di don Giussani mi attrasse subito il suo carisma, un sacerdote che quando parlava sembrava parlasse di me, di quelle domande che io avevo nel cuore e me ne dava risposta. Quando diceva: “Cristo è venuto per salvare me, te e te”, ricevevo nel cuore un contraccolpo, avevo solo 15 anni, ma ero molto interessata a seguire uno che parlava così, era credibile e intravedevo un Cristo non parrocchiale e basta, ma che prendeva tutte le dimensioni della mia vita. Posso dire che il cammino fatto con la compagnia degli amici di Comunione e Liberazione, per stata è la possibilità di sperimentare sempre più la carezza di Dio, sostenendomi in scelte di vita faticose, ma sempre ricche del riverbero di Dio. Educata ad una libertà nel seguire, ho imparato ad affrontare l’amore coniugale, l’amore materno, la vocazione all’insegnamento, la malattia, la morte del mio amato nella certezza che Lui è tutto in tutti”.

Cosa vuol dire essere amata da Dio?

“Dio mi ama non mi ha lasciata mai sola, ha permesso che in me crescesse la fede, ha mandato nella mia vita continuamente i segni del suo amore. Da bambina la figura del mio babbo mi ha fatto sentire molto amata, così nel tempo le mie splendide sorelle, l’amore grande dell’uomo che ho sposato, l’amore di mia madre ricompreso ed accolto prima della sua morte, l’amore grande di mio figlio un dono meraviglioso, l’affetto dei tanto miei amici incontrati che sono ancora sul mio cammino. Tutti sono frutto dell’amore di Dio nei miei confronti. Faccio l’esperienza commovente che Lui non si stanca mai di me nonostante il mio temperamento e il mio modo di essere, anzi è come se mi dicesse Ti Amo così come sei. Gli anni di malattia di mio marito Pinuccio, sono stati lunghi, molto dolorosi e lì che siamo cresciuti insieme, nella fede, lui che ha donato il sangue e le sue ferite a Cristo ha avuto una grande fede. Mi diceva sempre nonostante le lunghe attese nei corridoi ospedalieri, che Gesù voleva tutto da lui, e Maria sua Madre lo sosteneva, particolarmente devoto alla Madonna di Loreto”.

Perchè si è consacrata a Dio?

Mi sono data a Dio attraverso un cammino verginale, perché dopo la nascita in cielo di mio marito, soffrendo capivo che potevo continuare a stare con Lui, incontrandolo nell’Eucarestia, certa che Gesù lo avesse accolto tra le sue braccia e piacevolmente desiderosa di partecipare alla Santa Messa tutti i giorni, non capivo perché, ma ne ero attratta e uscendo e nutrendomi dell’Eucarestia trovavo una grande pace nel mio cuore. Sempre vigile a capire cosa mi stesse accadendo andai a fondo per trovare una risposta. Nella fraternità San Giuseppe vivono persone che scelgono un gusto dell’orazione, una scelta di vita Spirituale, un temperamento Spirituale, una fedeltà al riconoscimento della Presenza del Signore, una fedeltà alla memoria del Signore che si estende a tutto l’orizzonte della propria affettività, per testimoniare Cristo nel mondo una esortazione missionaria del senso della vita”.

 Cosa significa adottare?

“L’esperienza della maternità adottiva la definirei ‘puro amore gratuito’. Non ho mai avvertito il problema di generare biologicamente un figlio insieme a mio marito. Avevamo piuttosto il desiderio di amare, un figlio è un dono e non un possesso. Davanti ai colloqui per le pratiche di adozione ci chiesero se fossimo stati disponibili ad accogliere nella nostra vita anche bambini disabili e mio marito rispose: che se sua moglie fosse stata incinta il bambino sarebbe nato e sarebbe stato amato. Per me e per il giudice fu una grande testimonianza di fede, tanto che dopo soli tre mesi dall’idoneità ci affidarono un meraviglioso bambino che aveva solo 29 giorni. Un dono inaspettato e visto come un miracolo che sapeva tutto di Mistero più grande di noi”.

Qual è il suo rapporto con Santa Rita?

“Santa Rita è la Santa della quale ho sempre conosciuto la storia, attraverso testi e video, definita ‘la Santa delle cause impossibili’. Gli aspetti che di lei mi hanno fatto sempre riflettere sono stati: la grande fede con la quale ha convertito suo marito e il dolore che ha offerto a Dio per la morte dei due figli. Ne sono commossa ogni volta che leggo i paragrafi dei suoi scritti”.

Cosa ha provato per questo riconoscimento internazionale?

“Questo riconoscimento Internazionale intanto lo sento come ‘inaspettato’, perchè sono totalmente inadeguata, rispetto alla vita di santa Rita, seppur in questi giorni ho meditato e ho capito che è come se S. Rita mi volesse coinvolgere nella sua vita, come se Dio mi volesse dire ancora qualcosa di più che molto probabilmente scoprirò con il tempo. Quindi con immensa gratitudine, gioia e commozione vivrò questo avvenimento che ha sapore di santità, perchè è come se la Santa mi invitasse a crescere nella fede”.

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