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Un servizio di EWTN News

La Cittadella di Assisi da sempre ai crocicchi della storia

Il 16 marzo 1965 papa Paolo VI nel ricevere i volontari dell’associazione ‘Pro Civitate Christiana’ di Assisi, ha affermato di provare una ‘soavissima consolazione’: “L’arte della buona accoglienza… sembra una cosa da nulla, ma è veramente apostolica. C’è chi la iscrive nel galateo del turismo o dell’industria alberghiera. Noi dovremmo iscriverla in cima proprio alla nostra premura di avvicinare le anime: accoglierle bene in modo che esse si sentano di venire in una casa dove hanno niente da temere e dove possono anche concedersi delle confidenze che altrove non farebbero e ascoltare parole che da altri non si lascerebbero dire. Chi sa far questo ha già creato uno strumento di comunicazione spirituale di prim’ordine”.

Essa fu fondata nel 1939 da don Giovanni Rossi, dopo la sua uscita dalla Compagnia di San Paolo che aveva contribuito a far nascere nel 1921. Alla fine della guerra la ‘Cittadella’ iniziò la sua attività di diffusione della parola di Dio con le missioni svolte dai volontari laici in diverse città italiane, unitamente ad attività di studi cristologici ed editoriali con la diffusione della rivista ‘Rocca’ nata nel 1941, a cui sono seguiti convegni di studio su argomenti inerenti alla fede e il mondo cristiano con la partecipazione di teologi, filosofi, intellettuali ed uomini con cariche pubbliche, tra cui Ernesto Balducci, Tonino Bello, Lucio Lombardo Radice, il giudice Antonino Caponnetto, Franco Fornari, il card. Michele Pellegrino, Sabino Acquaviva, Franco Garelli, Roger Garaudy, Piero Bargellini, Cesare Angelini, Giulio Girardi, Vittorino Andreoli, Raniero La Valle, Enzo Bianchi, Paolo Giuntella, Luigi Ciotti, Alberto Maggi, Giannino Piana, mons. Giancarlo Bregantini, William Congdon, Pier Paolo Pasolini. E così, dal 27 al 30 dicembre, la Pro Civitate Christiana, dopo 75 anni, ricorda il suo persistere nella storia: ‘Quando la memoria ha il fascino dell’utopia’, perché “la memoria non è una istantanea sul passato; non è passiva, ma costruttiva. Nel momento stesso in cui ricorda, infatti, costruisce, seleziona, sceglie, trasforma, ricerca; in una parola fa ‘storia’ ed apre la continuità del futuro”.

A Bruno Baioli, volontario della Pro Civitate Christiana e responsabile delle missioni, abbiamo chiesto di spiegarci il titolo: “Le idee di don Giovanni Rossi nel 1939 quando ha fondato la Pro Civitate Christiana erano utopiche, dato che precorrevano i tempi di molti anni. Per esempio l’idea di valorizzare i laici a tal punto da permettere loro di annunciare il Vangelo anche nelle chiese, come di fatto poi è avvenuto in tutte le diocesi italiane; parimenti il dialogo tra le diverse religioni e con il mondo moderno, e così pure la vicinanza al vasto mondo della cultura e dell’arte”.

Come sono stati vissuti questi primi 75 anni ai crocicchi della storia?

“Dal 1939 al 1950 l’attività maggiore è stata quella delle Missioni in giro per le parrocchie e città italiane; con la costruzione della Cittadella è nato il centro di Convegni, la Galleria d’Arte, si è sviluppata la Cittadella Editrice, la rivista quindicinale ‘Rocca’ e le altre iniziative culturali e evangeliche che hanno permesso di aggiornare la fede ai tempi moderni”.

L’utopia di don Giovanni Rossi è stata una scommessa: oggi cosa direbbe di questa Chiesa in uscita?

“Ne sarebbe felice dato che nel pontificato di papa Francesco vedrebbe pienamente realizzata la sua utopia. In verità già godette con l’arrivo al pontificato di papa Giovanni XXIII, suo amico sin dalla giovinezza che condivise e benedisse il suo lavoro. Al tempo di don Giovanni Rossi c’era una visione trascendente che dominava la spiritualità cristiana, ma egli dette una carica innovatrice alla Pro Civitate Christiana. Così promosse la spiritualità che, dopo il Concilio Vaticano II, mise al centro l’interesse per la storia, per i poveri, e per l’uomo che divenne ‘via della Chiesa’, secondo la bella espressione di san Giovanni Paolo II. Don Rossi partecipò al Concilio come perito, nominato da papa Giovanni XXIII e godette di tutto il rinnovamento ecclesiale che vedeva avanzare”.

Perché la Pro Civitate Christiana ha curato molto la cultura?

“Nelle Missioni don Giovanni Rossi diceva di trovare uomini feriti che chiedevano di essere guariti. Si accorse così che le cause delle sofferenze umane erano a monte e che bisognava non solo soccorrere il samaritano ferito, ma anche cercare di eliminare, per quel che era possibile, le cause di tali sofferenze. Il che si poteva fare con la cultura, accompagnata dai grandi significati che il Vangelo, nel rispetto reciproco degli ambiti diversi, poteva dare. Questo doveva essere il compito di ‘mediazione culturale’ svolta in Cittadella”.

 

 

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