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Un servizio di EWTN News

Dalle diocesi, i giovani e il lavoro nella pastorale italiana

I dati sull’occupazione in Italia mettono in luce un fatto “assai preoccupante”: circa un quarto della popolazione giovanile non trova lavoro, soprattutto nel Mezzogiorno. Il quadro “ci deve interrogare su quanto la nostra società, le nostre istituzioni, le nostre comunità investono per dare prospettive di presente e di futuro ai giovani. Essi pagano anche il conto di un modello culturale che non promuove a sufficienza la formazione, fatica ad accompagnarli nei passi decisivi della vita e non riesce a offrire motivi di speranza”.

Lo scrivono i vescovi italiani in un messaggio, dal titolo  “Giovani e lavoro per nutrire la speranza”, in occasione della Festa dei Lavoratori del 1 maggio. Nelle diocesi italiane tante le iniziative ma anche le parole dei vescovi. A Napoli l’arcivescovo Domenico Battaglia presiede oggi una messa allo Stabilimento Kimbo a Melito di Napoli. Sono stati invitati i Sindacati, generali e di categoria, Cgil, Cisl, Uil e Ugl, il presidente e il direttore di Confindustria, gli assessori al Lavoro della Regione Campania e del comune di Napoli, la direttrice del carcere di Secondigliano, i delegati arcivescovili di settore, il decano dei parroci del territorio.

A Padova veglia per il Lavoro “Insieme” presieduta dal vescovo Claudio Cipolla presso la Società agricola-Impresa sociale “Il Brolo di Teolo” il 2 maggio. La veglia è l’appuntamento tradizionale organizzato dalla Pastorale sociale e del lavoro della diocesi patavina insieme alle associazioni datoriali e ai sindacati in occasione del 1 Maggio che quest’anno mette a tema la vulnerabilità nel lavoro. “Ignorare la vulnerabilità ci fa costruire sistemi economici e processi aziendali insostenibili che rendono tutti vulnerabili, lavoratori e aziende stesse”, spiega suor Francesca Fiorese, direttrice della Pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Padova: “quando invece si accoglie la fragilità costitutiva della nostra esistenza, muta l’atteggiamento e quella che chiamiamo inclusione non è solo un vincolo normativo da adempiere, ma l’occasione di rendere il lavoro più vero e sostenibile per tutti”. La veglia sarà arricchita dai linguaggi artistici che aiutano a rappresentare e dipanare i complessi temi legati al mondo del lavoro. Quest’anno ci sarà la partecipazione di Danceability (proposto dalla Cooperativa sociale “Nuova Idea”) e accompagnerà la serata lo scrittore Guido Marangoni. All’ascolto della Parola di Dio e al messaggio del vescovo Cipolla si affiancheranno alcune testimonianze di imprese e lavoratori che dalla vulnerabilità hanno tratto un nuovo potenziale.

A Brescia il 1° maggio il vescovo Pierantonio Tremolada presiederà la Santa Messa presso la Rete “Cauto” a Buffalora (Bs), impresa sociale che ha scelto di percorrere la strada della sostenibilità integrata coniugando la qualità dei servizi all’attenzione per l’ambiente e le persone.

Nella diocesi di San Marino-Montefeltro, lunedì, il vescovo Andrea Turazzi presiederà una messa a Gualdicciolo per il mondo del lavoro con la partecipazione di lavoratori, imprenditori, famiglie, autorità pubbliche e organizzazione del mondo del lavoro. La ricorrenza verrà celebrata “con ancora tante preoccupazioni per il mondo del lavoro” spiega la diocesi aggiungendo che alle problematiche “irrisolte degli ultimi anni, si sono aggiunti gli effetti della guerra in Ucraina, l’aumento dei costi energetici e le difficoltà nel reperire le materie prime. Come spesso accade, poi, le difficoltà gravano prima di tutto sulle spalle dei più fragili, dei disoccupati e dei precari soprattutto quando giovani”. Giovedì di questa settimana l’incontro “Giovani e Lavoro.

Per nutrire la speranza” a Rimini con il vescovo Nicolò Anselmi con interventi e testimonianze. “Ci prepariamo alla festa sociale e cristiana del 1° Maggio guidati da un tema nazionale proposto dai vescovi italiani”, ha spiegato don Pierpaolo Conti, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale. A Senigallia oggi l’incontro del vescovo Franco Manenti con i rappresentanti del mondo economico e sociale del territorio diocesano. Oggi abbiamo bisogno di “promuovere attività legate al nostro territorio”, ha detto il vescovo di Adria-Rovigo, Pierantonio Pavanello incontrando il mondo del lavoro presso l’azienda DaviPlant di Lusia (Ro) evidenziando che nel Polesine, per “le sue caratteristiche geografiche e socioeconomiche, abbiamo visto in questi anni accentuati in modo esponenziale processi quali lo spopolamento e l’invecchiamento della popolazione comuni a tutto il resto dell’Italia. Particolarmente forte è il fenomeno dell’emigrazione giovanile, in modo particolare dei giovani laureati, che cercano in altre parti d’Italia e all’estero un’occupazione che risponda alle loro competenze e alle loro aspettative”. “Siamo tutti consapevoli – ha aggiunto dopo aver citato alcuni dati sull’occupazione nel territorio diocesano - di trovarci di fronte ad una questione di dimensioni colossali, ma non possiamo rassegnarci ad assistere impotenti a questa progressiva decadenza, dove l’aspetto demografico si intreccia con quello economico e sociale”. Per questo “il primo passo da compiere” è “una riflessione seria sul tipo di sviluppo che riteniamo utile al nostro territorio, in sintonia con la sua storia e la sua conformazione”. A questo dovrebbe seguire il sostegno delle risorse imprenditoriali presenti in Polesine, creando “una mentalità che storicamente manca in un territorio da sempre votato all’agricoltura, dove non solo l’industria ma anche l’artigianato fatica ad affermarsi”.

Un invito a non rassegnarsi alla precarietà arriva dall’arcivescovo di Torino e vescovo di Susa Roberto Repole che in un messaggio pubblicato sul settimanale diocesano “La Voce e il Tempo”  evidenzia che oggi la caratteristica principale del lavoro è “purtroppo l’insicurezza, l’instabilità: è precarietà dei contratti che non danno garanzie di durata nel tempo, è svuotamento dei salari che non reggono l’aumento vertiginoso dei prezzi, è deregolazione dei turni del lavoro e del commercio che non hanno più orari e stravolgono i ritmi delle famiglie, tengono i genitori lontani dai figli o dai familiari anziani anche nei giorni di festa, anche la sera… Stiamo entrando nel tempo della precarietà, che è l’esatto contrario della sicurezza. Dobbiamo rassegnarci a tutto questo? È proprio tutto ineluttabile?”, si chiede ricordando che san Giuseppe è “la persona che si realizza e può essere padre, può farsi carico di una famiglia, perché ha un lavoro che gli dà sicurezza”. Questa dovrebbe essere “la condizione di tutti: avere un lavoro sicuro e adatto ai ritmi della vita”. La Festa del lavoro – è l’auspicio del presule torinese -  dovrebbe essere l’occasione per “fermarci tutti – imprenditori, lavoratori, classe politica – a riflettere sulla direzione che stiamo prendendo. Riflettere su una certa nostra rassegnazione alla novità dei tempi, che purtroppo stanno, forse per la prima volta, peggiorando anziché migliorando la vita dei lavoratori e delle famiglie. Se non c’è miglioramento, dobbiamo avere il coraggio di dircelo e farlo ad alta voce: non siamo sulla strada giusta”. “Voglio credere – conclude - che la precarietà del lavoro non sia una realtà immodificabile: dipende dalla nostra capacità di governare i fenomeni sociali e i processi economici”.

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