Sofia, 20 April, 2023 / 6:00 PM
Il vento soffia disperdendo un’aria tagliente, a tratti quasi gelida, insieme al suono delle campane. E’ un aprile gelido, questo, gelido dentro l’anima e fuori, in giorni tormentati da guerre, crisi, sofferenze che si dilatano in tutto il mondo. E soprattutto a Est. Non è ancora terminata la Pasqua ortodossa, eppure non c’è stata pace neppure per questi momenti dedicati alla preghiera e alla contemplazione della Risurrezione. Violenze, attacchi, feriti, morti, chiese bombardate…Eppure, in mezzo a questo gelo e a queste immagini di disperazione, si fanno strada quelle di bellezza e di armonia che da poco abbiamo potuto contemplare in un’altra terra dell’est, dalla storia tormentata, assediata dalle paure ma protesa verso il futuro, senza voler dimenticare le proprie radici: la Bulgaria.
Fine marzo. Qualche settimana fa. Siamo arrivati a Sofia, con lo scopo, oltre che di visitare la capitale, di fare un breve giro tra i meravigliosi monasteri che costituiscono un autentico, straordinario patrimonio artistico-culturale e soprattutto di fede. Nella capitale stessa il primo “incontro” significativo è quello con la cattedrale grandiosa, il tempio-monumento Aleksandr Nevski. Il sole fa rilucere le cupole ricoperte d’oro e si apre alla vista come una visione. Scatti e selfie di molti turisti, ma dentro la luce tremula delle candele illumina i volti di fedeli, donne con il capo coperto, ma anche donne e bambini, che non corrono di qua e di là, come siamo abituati a vedere nelle chiese occidentali e non urlano. Seguono con occhi attenti i gesti dei genitori e aspettano con ansia di poter mettere la candela accesa accanto alle altre. L’iconostasi emerge dalla penombra e le icone rifulgono tra ori e argenti. La prima pietra della viene posata nel 1882, tuttavia i lavori vanno avanti a rilento, tra interruzioni e riprese. La dedica al principe russo Aleksandr Nevskij si deve al fatto che la cattedrale ha anche lo scopo di commemorare la morte di 200.000 soldati russi caduti nel corso della guerra russo turca del 1877-78 al termine della quale la Bulgaria ottiene l'indipendenza. Il respiro della storia si avverte anche in un tiepido giorno di fine marzo, quando fuori – per fortuna – i rumori sono quelli del traffico, della gente che passeggia, non certo delle truppe, delle armi, del fuoco che distrugge tutto.
Se si scende nella cripta della cattedrale, originariamente progettata per accogliere le tombe dei sovrani bulgari si scopre un vero tesoro: il museo di icone provenienti da tutta la Bulgaria. Decine e decine di icone, come decine e decine di porte aperte sul mondo dell’invisibile, 'le porte regali', come le descriveva Pavel Florenskij.
Uscendo dalla città, dopo più di due ore di viaggio in mezzo ad altopiani, montagne, per lo più deserte, attraversando piccoli villaggi, case tipiche con le verande di legno, pochi abitanti, anziani che trascinano carriole e biciclette, lungo viottoli di campagna.
Imboccando una strada tortuosa, tutta in salita, il paesaggio si fa decisamente montano, tra alberi ad alto fusto e abeti si intravvedono cime ancora innevate. Sembra che il viaggio non debba mai finire, ma quando meno te lo aspetti ecco che all’improvviso appaiono le mura del complesso monastico. Si ha la sensazione di essere entrati in una dimensione del tutto diversa, nello spazio e nel tempo.
Fondato nel X secolo a più di mille metri sulle montagne del Rila, il monastero di Rila è il più grande e rinomato complesso ortodosso della Bulgaria, fondato da San Giovanni di Rila, anacoreta e mistico vissuto tra l’800 e il 900, la cui fama di bontà e di santità si era diffusa già durante la sua vita. La sua dimora e successivamente la sua tomba divennero un luogo sacro e furono trasformate in un complesso monastico. Che è diventata non solo meta di pellegrinaggi ma luogo di bellezza, di creazione artistica. Tutto è un’esplosione di colori, pensata e voluta per dare corpo ad una sorta di catechesi popolare con scene dell’Antico e Nuovo Testamento che popolano le mura esterne del complesso. Fino a trasformarsi in una sorta di “fumetto” ante litteram, perché sugli affreschi sono state poste scritte che “spiegano” le scene illustrate o che riportano frasi dei protagonisti ritratti.
Il cielo è terso, la luce mattutina fa rilucere questi colori che attraversano i secoli e ancora emozionano e sorprendono. Tra il via vai dei turisti si fanno strada i pellegrini che vengono qui per pregare e baciare le reliquie. E tra loro, un paio tra i sette monaci che vivono nel monastero: sono i custodi della storia e dell'arte del monastero, che comprende affreschi con diverse scene dell'Antico e del Nuovo Testamento. Il complesso ha una delle più grandi biblioteche monastiche dei Balcani con oltre 60.000 volumi. Qui ci sono libri unici, rari ed estremamente preziosi. I più antichi risalgono al X secolo. Tanto movimento, tanta gente, del resto questo è uno dei principali siti turistici della Bulgaria, il monastero conserva tangibilmente la sua atmosfera di pace generata dalla vita die monaci e dalla natura rigogliosa che lo circonda. Acque che scorrono, stormire delle fronde dei vasti boschi tutt’intorno, le pietre antiche su cui hanno vissuto per oltre un millennio. E naturalmente gli affreschi, I cicli di affreschi che si sviluppano lungo tutto il porticato esterno alla chiesa hanno spesso carattere escatologico e descrivono le scene dell’Apocalisse di San Giovanni e del Giudizio universale. Vi è poi una catechesi per immagini di tipo popolare mirata alla prevenzione dei peccati e alla descrizione delle pene infernali. Ma nello stesso tempo vi è ritratta la vita quotidiana della gente, soprattutto quella più umile. In continuo dialogo, scontro, incontro con santi, demoni, eroi.
Ci si distacca malvolentieri da Rila, con gli occhi pieni di questo mondo che scavalca le barriere temporali e fa sentire che cielo e terra possono incontrarsi. Si ritorna attraverso le stesse strade tra le montagne, i villaggi, le campagne. Ed ecco, nella vasta periferia di Sofia, sotto il monte Vitosha, per cercare di arrivare alla chiesa di Boyana. Chiesa medievale, luogo di pellegrinaggi, custode di un vero tesoro artistico, affreschi che vengono addirittura paragonati a quelli realizzati da Giotto nella Cappella degli Scrovegni, ma questi sono stati realizzati 40 anni prima. Non è il caso, qui, di approfondire la questione artistica. E’ pur vero che arrivando nei pressi della chiesa non si ha certo la sensazione di un luogo così straordinario. L’edificio è piccolo, nel mezzo di un giardino. Ma quando si entra si spalanca un mondo di immagini e di colori inaspettato. La chiesa venne costruita in tre momenti diversi e si notano le differenze. A cominciare dall'abside che fu costruita del X e l'inizio dell'XI secolo, mentre dalla cupola il Cristo Pantocratore e sotto gli evangelisti guardano tutti coloro che passano sotto il loro sguardo. Nella conca dell'altare è raffigurata la Santa Madre di Dio con il Bambino in trono circondata da arcangeli. Nell'affresco che raffigura la crocifissione la Madonna manifesta tutto il dolore materno che la strazia.
Ha cominciato a piovere, però dopo i violenti rovesci di pioggia torna a splendere il sole. Facendo ben sperare per il giorno dopo. Ed eccoci accontentati: splende il sole e possiamo ripartire alla volta dell’antica capitale bulgara, Veliko Tărnovo. Un’occhiata alla città che conserva qualcosa del suo passato glorioso, in un’aura di tranquillità e di mesto romanticismo, tra vecchie case di legno e qualche vestigia di un passato fatto di dolore e di violenze, ma anche di una tradizione ricca di influenze e di intrecci di popoli e culture diverse che la rendono affascinante. A sei chilometri circa, si trova il monastero della Trasfigurazione, con il suo chiostro immerso nel silenzio, e la chiesa centrale, contornata di pergole, e sono diffuse un po’ dappertutto le tracce del pittore Zahari Zograph, che sul muro esterno della chiesa egli ha dipinto il noto "Cerchio della vita". Una signora anziana, con una sporta di plastica appesa al braccio, a piccoli passi, sempre segnandosi con una mano tremolante, si trascina fino all’iconostasi e lì si ferma. E ci pare che tutta la meraviglia e il mistero di questi luoghi possano essere compresi in questa preghiera silenziosa, in questi sguardi che, per un momento, superano le barriere e si perdono nell’oceano che si apre, al di là dell’iconostasi.
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