Francoforte, 16 March, 2023 / 2:00 PM
Nel 2021, 359.338 cattolici tedeschi sono usciti dalla Chiesa in Germania, ma 4.116 ne sono rientrati. Dei primi si parla sempre. Riempiono le pagine dei giornali ogni estate, quando la Chiesa tedesca pubblica i numeri drammatici dell’emorragia di cattolici. Dei secondi invece non si parla mai. Il motivo è ovvio. Sono pochissimi, numeri talmente risicati da non profilare nemmeno lontanamente una “controtendenza”. Sono “mosche bianche”, insomma, ma ci sono.
Ma come si rientra nella Chiesa in Germania dopo esserne usciti? A chi ci si rivolge e in quanto tempo viene lavorata la richiesta? Due donne cattoliche tedesche, entrambe impiegate di 41 anni, raccontano ad Acistampa la loro esperienza con il Wiedereintritt, ossia con il ritorno nella Chiesa dopo esserne uscite.
«Sono battezzata – racconta Sabine (il nome è di fantasia, per proteggerne la privacy) - ho fatto la prima comunione e sono confermata. I miei nonni erano molto cattolici. I miei genitori sono credenti, ma non praticanti. Da ragazza non ho avuto molto a che fare con la Chiesa. Non andavo a Messa regolarmente. Nel 2008, dopo un periodo di lavoro e studio all’estero, ho trovato il mio primo impiego nel mio paese, in Germania, a Francoforte. Lo stipendio non era molto alto, di conseguenza, nemmeno le tasse per la Chiesa. Ma dal momento che non avevo nulla a che fare con essa, decisi di uscirne. Dunque ne sono “uscita” non solo per non pagare le tasse».
La procedura di “uscita” (Austritt) è avvenuta così. «Nel luglio del 2008 mi sono recata alla Pretura di Francoforte, la città dove lavoravo, ho dichiarato di voler uscire dalla Chiesa cattolica, ho pagato 25 Euro di tasse amministrative e ho ricevuto una certificazione. Dopodiché per 15 anni non ho pagato più le tasse alla Chiesa».
Dopo dodici anni qualche ripensamento. «Nel maggio 2020 ho conosciuto un uomo credente, di religione cattolica. Lui andava ogni domenica a messa e qualche volta sono andata anche io. Era durante il periodo della pandemia di Covid-19. Il mio compagno mi diceva che andava a Messa per ricevere la forza di affrontare la settimana successiva e trovavo che questa motivazione mi attirava. Inoltre, sentivo che per me era bello essere di nuovo parte di una comunità. Così, nel gennaio 2023, mi sono decisa e ho contattato la mia parrocchia a Offenbach am Main. Devo confessare che mi sentivo un po’ agitata. Avevo paura di essere giudicata come una “pecora nera”. Avevo timore di un atteggiamento severo da parte del parroco, che invece è stato estremamente gentile e accogliente».
Ecco come è andata. «Durante il mio primo colloquio con il parroco, mi ha chiesto perché ero uscita dalla Chiesa e perché volevo rientrarvi. Poi ho compilato un modulo per il rientro nella Chiesa cattolica, che il parroco ha inoltrato alla Diocesi competente, che nel caso di Offenbach è quella di Magonza. Dopo una settimana, la parrocchia ha ricevuto il benestare della Diocesi. La parrocchia mi ha contattata e con il parroco abbiamo fissato un appuntamento per un sabato alle ore 17, prima della Messa serale. Ho dovuto portare con me un testimone, che nel mio caso, era il mio compagno. In chiesa, davanti all’altare ho recitato il Credo insieme al parroco che poi, nel suo ufficio, mi ha consegnato un certificato che attestava la mia appartenenza a quella parrocchia e, nuovamente, alla Chiesa cattolica. Successivamente ho seguito la Santa Messa e, dopo molti anni, ho potuto di nuovo ricevere la Comunione». Chi esce dalla Chiesa in Germania, infatti, è tecnicamente scomunicato, quindi non può più ricevere l’Eucaristia.
Ecco invece le motivazioni e l’esperienza di Claudia (il nome è di fantasia, per proteggerne la privacy). «Sono uscita dalla Chiesa nel 2013. Era il periodo in cui sempre più spesso uscivano notizie su abusi sessuali compiuti dal clero e la reazione della Chiesa era piuttosto debole. Anche lo scandalo nella Diocesi di Limburgo, dove il vescovo di allora, Franz-Peter Tebartz-van Elst, usò i fondi delle tasse alla Chiesa per rinnovare la sua residenza e dotarla addirittura di una vasca da bagno d’oro (poi risultata essere una vasca sì lussuosa, ma non d’oro, ndr). Ho parlato con altre persone di questi scandali e alla fine mi sono decisa: con i soldi delle mie tasse non volevo finanziare più questa Chiesa. Ciò non significa che avessi smesso di credere in Dio, ma non volevo più che i miei soldi andassero ad una Chiesa con questo comportamento».
Poi il ripensamento. «Mi capitò di candidarmi per una posizione di lavoro in una organizzazione ecclesiale. Durante il mio colloquio di lavoro ho fatto presente che ero uscita dalla Chiesa e ho chiesto se questo poteva essere ostativo all’assunzione. Mi è stato risposto che se la scelta per ricoprire il posto di lavoro fosse ricaduta su di me e se io avessi accettato l’offerta, era ovviamente chiaro che sarei dovuta rientrare nella Chiesa. Era insomma obbligatorio. Risposi che ci dovevo pensare su perché quando ne ero uscita non lo avevo fatto così, senza motivo. Così ho chiesto un paio di giorni per rifletterci. Un sabato scrissi un’email al parroco della mia parrocchia a Olfen per chiedergli un colloquio. Lui mi ha chiamato subito, quello stesso sabato. Sono andata nel suo ufficio, abbiamo parlato e bevuto molte tazze di caffè e mangiato molti biscotti. Abbiamo analizzato i motivi per cui ero uscita dalla Chiesa. Ho trovato questo colloquio molto produttivo. Lui mi ha dato ragione in diversi punti, ha mostrato comprensione sul fatto che può essere a volte difficile accettare alcune posizioni della Chiesa cattolica. Che è giusto discuterne e persino contrastarle. È importante promuovere processi di riforma nella Chiesa. Certo, è difficile cambiare le cose. Forse sono necessari secoli, ma mi ha incoraggiato, anche con le mie idee, a tornare nella Chiesa cattolica. Alla fine ha compilato un modulo diretto alla Diocesi competente (di Münster, ndr) per chiedere che io venissi riaccolta nella comunità della Chiesa cattolica. Mi ha prestato due libri e un articolo sulla Chiesa. I libri li ho letti entrambi: Grenzgänger di Mechtild Borrmann e Hunger nach Freiheit di Heiner Wilmer. Anche l’articolo era di Wilmer e sottolineava che è giusto anche criticare atteggiamenti della Chiesa che si ritengono sbagliati e che questo non ha nulla a che fare con il proprio rapporto con Dio. Questo incontro con il parroco mi ha molto rafforzato. La Diocesi ha accolto la mia domanda. Il parroco ha fissato una data per una Messa cui avrei dovuto partecipare. Era un giovedì sera, una normale Messa. Prima della Messa siamo andati all’altare, abbiamo pregato insieme il Padre nostro, mi ha segnato la fronte con il segno della Croce e poi mi ha riaccolto nella Chiesa. Mi sono seduta in prima fila e ho seguito la liturgia. Dovevo essere infatti la prima a ricevere la Comunione. Ricevuta l’ostia sono tornata al mio banco e ho provato una sensazione molto bella, il cuore mi si è riscaldato. Sull’altare ho accesso una candela che poi ho portato a casa. Il parroco mi ha invitato a tornare da lui a parlare e raccontare la mia esperienza e sicuramente lo farò».
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