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La stanza-museo di Santa Giuseppina Vannini

Via Giusti, numero 7. Siamo a pochi passi da Santa Maria Maggiore, una delle  più belle e antiche basiliche della Capitale. E’ una piccola strada, silenziosa, quasi nascosta, vicina alla trafficata via Merulana. La percorriamo e rimaniamo colpiti, subito, da una targa; sopra vi è scritto, a chiare lettere: “SANTA GIUSEPPINA VANNINI (1859-1911) IN QUESTO LUOGO NEL 1892 STABILI’ LA PRIMA CASA DELLE FIGLIE DI SAN CAMILLO”. Il luogo è sacro, santo, perché fra queste mura, il 23 febbraio di centododici anni fa, ritornava al Cielo, dopo una vita dedita ai malati e ai bisognosi, la fondatrice - assieme al beato padre camilliano Luigi Tezza  - delle Figlie di San Camillo.

Ad aprirci la porta è suor Bernadete Rossoni, postulatrice della causa di canonizzazione di Giuseppina Vannini proclamata santa da Papa Francesco il 13 ottobre 2019. Il suo sorriso, la cortesia e             l’accoglienza sono nel pieno spirito del carisma camilliano. E’ lei ad illustrare ad AciStampa la stanza-museo della santa.

Suor Bernadete, può illustrarci il museo?

Il museo è stato inaugurato nel 2017, in occasione del 125° anniversario della fondazione del nostro istituto. Qui, in questa stanza dove ora ci troviamo, è ritornata al Padre la nostra santa fondatrice. Qui,  sono custodite una serie di reliquie personali di Santa Giuseppina Vannini. Sono oggetti di uso comune: i suoi occhiali; un porta stoppini da candela in ottone con l’immagine di un teschio; un fermacarte in bronzo donato da padre Tezza; alcuni rosari, un calamaio da viaggio e tanti altri oggetti che raccontano la vita quotidiana della santa. C’è un particolare che mi ha molto colpito quando abbiamo inserito questi oggetti dentro le teche: tutti avevano un piccolo cartiglio preparato dalle consorelle al momento della morte della Vannini. Leggiamo spesso frasi - ad esempio - come queste: “Bicchierino usato dalla nostra venerata Madre fondatrice”. E’ un segno tangibile della sua già consolidata fama di santità poco dopo la sua scomparsa. Le consorelle dell’epoca erano già ben consapevoli dell’importanza che questi oggetti avrebbero poi avuto.

Quale, secondo lei, potrebbe definirsi la reliquia più importante?

Fra questi oggetti, senza dubbio, forse il più importante, il più significativo, è la croce camilliana fatta di stoffa che il beato padre Tezza pose sul petto della Vannini al momento della vestizione dell’abito religioso. Era il 19 marzo del 1892, solennità di San Giuseppe. Questa croce color rosso racconta molto del rapporto tra il suo padre spirituale e Santa Giuseppina Vannini. In quella croce che le viene donata c’è tanto: possiamo pensare a una sorta di passaggio di testimone; possiamo solo immaginare questa scena così importante per il nostro istituto. Ogni volta che ci penso non posso che commuovermi perché fa parte della nostra storia: averla qui, conservata, per noi è un grande privilegio!

Abbiamo più volte fatto riferimento al beato padre Luigi Tezza. E, proprio davanti al reliquiario della santa troviamo, appunto, un altro reliquiario - a forma di croce, così come per la Vannini - contenente oggetti appartenuti al beato. Possiamo dire che in questa stanza è raccolta, davvero, tutta la storia delle Figlie di San Camillo?

In un certo senso è proprio così! Sono loro i nostri fondatori; sono loro che con le loro opere hanno fondato il nostro istituto che oggi opera in ben quattro continenti e ventitré paesi: Argentina, Benin, Brasile, Burkina Faso, Cile, Colombia, Cuba, Costa d’Avorio, Filippine, Georgia, Germania, India, Italia, Polonia e tanti altri. E’ bellissimo guardare dove siamo arrivate: eppure, all’inizio, erano solo due persone! Queste due figure sante sono al principio di tutto. In questa stanza, dunque, abbiamo pensato di metterli l’uno di fronte all’altro. Chi entra in questo museo, può comprendere lo spirito, il carisma delle Figlie di San Camillo. Chi entra in questa stanza si trova immerso in queste due monumentali figure di santità: due vetrine, entrambe a forma di croce, che custodiscono i loro oggetti. E poi ci sono le immagini - create dall’artista Nino Musio - che avvolgono lo spettatore. Sono gli episodi  fondamentali delle loro biografie: potremmo definirli “i fotogrammi” del film del beato Tezza e di Santa Giuseppina Vannini. Un film che ancora oggi si arricchisce di scene tratte dal nostro mondo contemporaneo perché il carisma dei fondatori è sempre presente in ogni opera di carità che il nostro istituto svolge nel mondo.

Se dovesse sintetizzare, brevemente, la figura di Santa Giuseppina Vannini, quali parole sceglierebbe?

Ricerca della volontà di Dio;  fedeltà; amore per gli ammalati. E poi: maternità, soprattutto. Ma anche attenzione ai piccoli dettagli perché sappiamo bene dalle cronache del tempo che la nostra santa fondatrice chiedeva alle consorelle di non essere solamente attente agli ammalati che andavano a trovare a casa, ma anche a tutto ciò che era prossimo all’ammalato stesso. Un esempio? Se c’erano dei bambini in casa, le nostre consorelle dovevano accudirli; se c’era semplicemente il bucato da fare, allora, ecco le nostre consorelle adoperarsi nella pulizia. C’è una frase della santa che mi colpisce, sempre, molto: “Bene omnia fecit”, fare bene ogni cosa. Bisogna lavorare bene per il Signore, con amore e attenzione. Ogni malato merita, ha bisogno della nostra attenzione.

 

Il museo è aperto al pubblico previa prenotazione via email al seguente indirizzo:

santavannini19@gmail.com

Della casa museo è disponibile un volume, curato da Emanuele Martinez, dal titolo Santa Giuseppina Vannini. Memorie per una santità della porta accanto (Gangemi Editore, Roma, 2019)

 

 

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