Roma, 22 February, 2023 / 5:18 PM
“Le ceneri ci ricordano chi siamo a dove veniamo, ci riconducono alla verità fondamentale della vita: soltanto il Signore è Dio e noi siamo opera della sue mani. Noi abbiamo la vita mentre Lui è la vita”. Papa Francesco celebra come tradizione le Ceneri a Santa Sabina, la prima della stationes, ovvero le chiese dell’urbe che sono “sosta” dei fedeli nel periodo di preparazione alla Pasqua.
Il Papa, in genere, arriva a Santa Sabina in processione, partendo da Sant’Anselmo. In questo caso, però, il Papa, che da tempo ha problemi di deambulazione e spesso incede in sedia a rotelle, arriva direttamente nella basilica domenicana, e non prende parte alla breve processione.
Nella sua omelia, Papa Francesco sottolinea che “il rito delle ceneri ci introduce” nel cammino di ritorno a Dio, presentando due inviti: quello di “ritornare alla verità di noi stessi” e quello di “ritornare a Dio e ai fratelli”.
Prima di tutto, ritornare alla verità di noi stessi. Senza Dio, nota il Papa, “siamo polvere”, e allora “mentre con umiltà chiniamo il capo per ricevere le ceneri” siamo chiamati a ricordare che esistiamo perché “Lui ha soffiato il respiro della vita in noi”, e nonostante questo “vive anche lui la Quaresima”, perché “ci desidera, ci attende, aspetta il nostro ritorno” e “sempre ci incoraggia a non disperare, anche quando cadiamo nella polvere della nostra fragilità e del nostro peccato”.
Chiosa Papa Francesco: Dio sa che noi siamo polvere, mentre noi “spesso lo dimentichiamo, pensando di essere autosufficienti, forti, invincibili senza di Lui”.
Il Papa sottolinea che “la Quaresima è dunque il tempo per ricordarci chi è il Creatore e chi la creatura, per proclamare che solo Dio è il Signore, per spogliarci della pretesa di bastare a noi stessi e della smania di metterci al centro, di essere i primi della classe, di pensare che con le nostre sole capacità possiamo essere protagonisti della vita e trasformare il mondo che ci circonda”.
È il tempo, insomma, per “convertirci, per cambiare sguardo anzitutto su noi stessi, per guardarci dentro”, ed è un “tempo di verità per far cadere le maschere che indossiamo ogni giorno per apparire perfetti agli occhi del mondo; per lottare, come ci ha detto Gesù nel Vangelo, contro le falsità e l’ipocrisia: non quelle degli altri, le nostre”.
Ma, continua Papa Francesco, le ceneri invitano anche “a ritornare a Dio e ai fratelli”, perché “se ritorniamo alla verità di ciò che siamo e ci rendiamo conto che il nostro io non basta a sé stesso, allora scopriamo di esistere solo grazie alle relazioni: quella originaria con il Signore e quelle vitali con gli altri”.
Il Papa sottolinea così che “la cenere che oggi riceviamo sul capo ci dice che ogni presunzione di autosufficienza è falsa e che idolatrare l’io è distruttivo e ci chiude nella gabbia della solitudine”.
Papa Francesco sottolinea che “la nostra vita è anzitutto una relazione”, perché ricevuta da Dio e dai genitori e possiamo “rinnovarla e rigenerarla grazie al Signore e a coloro che Egli ci mette accanto”.
La Quaresima, allora, è anche “il tempo favorevole per ravvivare le nostre relazioni con Dio e con gli altri: per aprirci nel silenzio alla preghiera e uscire dalla fortezza del nostro io chiuso, per spezzare le catene dell’individualismo e riscoprire, attraverso l’incontro e l’ascolto, chi ci cammina accanto ogni giorno, e reimparare ad amarlo come fratello o sorella”.
Papa Francesco indica tre grandi vie per operare questo ritorno a se stessi e questo ritorno a Dio: l’elemosina, la preghiera e il digiuno, da non considerare come “riti esteriori, ma come gesti che devono esprimere un rinnovamento del cuore”.
Perché – dice il Papa – “l’elemosina non è un gesto rapido per pulirsi la coscienza, ma un toccare con le proprie mani e con le proprie lacrime le sofferenze dei poveri; la preghiera non è ritualità, ma dialogo di verità e amore con il Padre; il digiuno non è un semplice fioretto, ma un gesto forte per ricordare al nostro cuore ciò che conta e ciò che passa”.
Ammonisce Papa Francesco: “Troppe volte, invece, i nostri gesti e riti non toccano la vita, non fanno verità; magari li compiamo solo per farci ammirare dagli altri, per ricevere l’applauso, per prenderci il merito”.
E invece, aggiunge, nella vita personale e nella vita della Chiesa “non contano l’esteriorità, i giudizi umani e il gradimento del mondo; conta solo lo sguardo di Dio, che vi legge l’amore e la verità”.
Solo ponendoci sotto lo sguardo di Dio, elemosina, preghiera e digiuno “non rimangono gesti esteriori, ma esprimono chi siamo veramente: figli di Dio e fratelli tra di noi”.
E questo perché “l’elemosina, la carità, manifesterà la nostra compassione per chi è nel bisogno, ci aiuterà a ritornare agli altri”, mentre “la preghiera darà voce al nostro intimo desiderio di incontrare il Padre, facendoci ritornare a Lui”. Al contempo, il digiuno “sarà la palestra spirituale per rinunciare con gioia a ciò che è superfluo e ci appesantisce, per diventare interiormente più liberi e ritornare alla verità di noi stessi”.
Papa Francesco invita infine: “mettiamoci in cammino nella carità: ci sono dati quaranta giorni favorevoli per ricordarci che il mondo non va rinchiuso nei confini angusti dei nostri bisogni personali e riscoprire la gioia non nelle cose da accumulare, ma nella cura di chi si trova nel bisogno e nell’afflizione”.
Ma deve essere anche un cammino nella preghiera, “per ridare a Dio il primato nella vita”, e nel digiuno, perché “ci sono dati quaranta giorni favorevoli per ritrovarci, per arginare la dittatura delle agende sempre piene di cose da fare, le pretese di un ego sempre più superficiale e ingombrante, e scegliere ciò che conta”.
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