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Il Beato Angelico, il pennello di Dio

Si ammira un’opera del Beato Angelico - del quale oggi ricorre la memoria liturgica - e si è subito in Paradiso. Sembra quasi che attraverso quei colori, quelle forme, quelle sensazioni impresse lì sulle sue opere, l’uomo riesca ad attraversare una sorta di cono di luce, di tunnel extrasensoriale (per usare un termine contemporaneo) per arrivare, infine, a scorgere il volto degli angeli, dei santi, della Vergine Maria, di Cristo, di Dio. Non è audace l’affermazione; Michelangelo Buonarroti sintetizza in poche parole: “Quest’huomo l’ha veduto il Paradiso”. La bellezza e l’arte, la fede e lo strumento dell’arte pittorica per trasmettere il millenario e sempiterno messaggio evangelico: temi che nel corso dei secoli sono stati sempre cari alla Chiesa, dallo stesso ‘400 del Beato Angelico per passare al Rinascimento di Michelangelo e Raffaello, fino a giungere ai giorni d’oggi con le affascinanti teorie del dialogo Arte-Fede del teologo Hans Urs von Balthasar e dei pontefici Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

Guardando le diverse opere del Beato Angelico non si può non rimanere colpiti dalla molteplicità di temi trattati. Sono scene tratte dai Vangeli, sono scene che con sublime poesia hanno regalato e continuano a donare “angoli di Paradiso” qui su questa terra: colori che nella loro freschezza parlano di Cristo e del mistero di Dio, raccontano della Vergine con ieratica bellezza e poesia e che riescono a  descrivere i volti dei santi. Di seguito, solo alcuni dei titoli di queste opere, tra più famosi e meno conosciuti; una galleria d’arte immaginaria che AciStampa vuole proporre ai lettori per entrare meglio nell’arte del Beato Angelico, pennello di Dio.

Madonna col Bambino e quattro angeli, opera del 1420 circa. In questo dipinto, conservato nel Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo, il Beato Angelico riprende un modello iconografico molto diffuso a Firenze tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo: è la cosiddetta Madonna dell’Umiltà. L’oro è il colore predominante che riesce, nella mancanza di profondità spaziale, ad invadere ancora più prepotente la scena: è l’oro del Paradiso, del Cielo, di Dio. L’opera tutta è una poesia in colori per la Vergine, ritratta con capelli biondi mentre gli angeli, raffinati nel tratto e nei colori, mostrano ali pluridecorate.

La Vergine col Bambino e i Santi Domenico e Tommaso d’Aquino (1430) si trova anch’essa nel Museo dell’Ermitage anche se proveniente dall’Italia, dal monastero di San Domenico di Fiesole dove il pittore fu priore. La Vergine è in trono, seduta, con il Bambino; ai lati, i due santi:  alla sinistra della Madonna è San Domenico, fondatore dell’ordine domenicano, con in mano un giglio, simbolo della purezza; a destra, troviamo il grande teologo San Tommaso d’Aquino che reca in mano un libro dei Salmi. Ancora una volta, l’artista domenicano riesce a conferire all’opera una magistrale e lieve vena poetica, lirica, mistica.

Dalla fredda Russia, ci spostiamo a Firenze, culla d’arte di tutti i tempi. Qui, alla Galleria degli Uffizi, è possibile ammirare una delle opere più belle dell’artista di Dio: è lIncoronazione della Vergine con angeli e santi del 1432 circa. Tutto il Paradiso è sceso in terra, in quest’opera.  L’oro, simbolo della luce divina, ancora una volta predomina la scena. Già secondo la critica del Cinquecento, l’opera era stata attribuita al Beato Angelico: lo stesso Giorgio Vasari la ricorda collocata nella chiesa di Sant’Egidio, annessa all’ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze. Cristo incorona la Vergine, al centro dell’opera; mentre a sinistra e a destra alcuni santi come San Francesco d’Assisi, San Domenico, San Benedetto e San Girolamo assistono all’affascinante scena dell’incoronazione. E’ un trionfo di santi, di oro, di luce e di musica celestiale che nel silenzio dell’opera pittorica sembra fuoriuscire dalle lunghe trombe dipinte che contornano la grande scena.

Ci stiamo incamminando verso il periodo della Quaresima; non poteva mancare, dunque, un riferimento alla Crocifissione di Cristo, opera del 1441-1442 circa, conservata nel museo nazionale di San Marco a Firenze. Opera su commissione: fu, infatti, Cosimo de’ Medici a chiedere all’artista domenicano di affrescare alcuni ambienti dello stesso convento di San Marco. L’opera è divisa in due parti: nel registro superiore troviamo il Cristo crocifisso con accanto i due ladroni: è davvero sorprende, visto il periodo artistico, la visione prospettica delle croci. Nel registro inferiore, il pittore abbonda di personaggi, ben undici, fra i quali l’immancabile San Domenico e alcuni dottori della Chiesa (Sant’Agostino, Sant’Ambrogio e San Girolamo). Fra gli altri santi: San Francesco; San Benedetto; San Bernardo, questi solo alcuni nomi.  Sotto la croce, a sinistra, troviamo invece la tradizionale raffigurazione della Madonna sorretta da Maria Maddalena, Maria di Cleofa e San Giovanni Evangelista. La Vergine è con le braccia aperte, spalancate: è un'altra crocifissione che il Beato Angelico “mette in scena”.

Ma nell’immaginario collettivo il Beato Angelico rimane l’artista dell’Annunciazione; vi sono tre diverse versioni  dello stesso soggetto mariano. Ma, forse, la più famosa - testimoni i vari poster che è possibile trovare nelle librerie, i vari gadget a quest’opera ispirati - rimane quella conservata nel Museo del Prado di Madrid, databile alla metà degli anni trenta del Quattrocento. L’opera è divisa in due parti: a sinistra abbiamo la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre; a destra l’Annunciazione dell’Angelo a Maria che, con le braccia conserte, accetta - è il “Fiat” della Vergine - la volontà di Dio. Ciò che colpisce di più di tutta l’opera - oltre alla bellezza dei soggetti - sono i colori, cristallini, limpidi, di una pulizia divina. E’ la mano dell’artista Beato Angelico, strumento di altra mano, quella dell’Artista primo, Dio.

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