Città del Vaticano , 11 October, 2022 / 5:38 PM
L’invito di Papa Francesco è diretto: ritornare al Concilio, per essere chiesa di gioia e innamorata di Gesù. Perché “una Chiesa innamorata di Gesù non ha tempo per scontri, veleni e polemiche”. E ancora, ritornare al Concilio, per superare le divisioni. Perché, accusa il Papa, “quante volte, dopo il Concilio, i cristiani si sono dati da fare per scegliere una parte nella Chiesa, senza accorgersi di lacerare il cuore della loro Madre! Quante volte si è preferito essere ‘tifosi del proprio gruppo’ anziché servi di tutti, progressisti e conservatori piuttosto che fratelli e sorelle, ‘di destra’ o ‘di sinistra’ più che di Gesù; ergersi a ‘custodi della verità’ o a ‘solisti della novità’, anziché riconoscersi figli umili e grati della santa Madre Chiesa”.
Nel sessantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, Papa Francesco celebra una Messa in basilica vaticana, davanti la salma riesumata di San Giovanni XXIII, nel luogo dove si inaugurò quell’assise. L’omelia del Papa si divide in tre parti, tre sguardi del Concilio, ma ha anche dei toni amari, quasi degli appelli ad evitare la divisione, qualunque cosa accada. E il riferimento alla Chiesa come “Santa Madre Gerarchica” – è una espressione di Sant’Ignazio – tradisce l’idea di Papa Francesco di una Chiesa stretta intorno al Papa, alle sue decisioni, senza tentennamenti.
Quali sono i tre sguardi che ci propone il Concilio Vaticano II? Lo sguardo dall’alto, lo sguardo del mezzo, lo sguardo di insieme, risponde Papa Francesco.
Il primo è lo sguardo dall’alto. Il Concilio Vaticano II – dice Papa Francesco – è stato “una prima grande risposta” alla domanda di Gesù a Pietro nel Vangelo del giorno: “Mi ami”.
Papa Francesco sostiene che la Chiesa, proprio “per ravvivare il suo amore”, ha dedicato “un Concilio a dedicarsi su se stessa”, guardandosi dall’alto “con gli occhi innamorati di Dio”. E allora, aggiunge il Papa, ci si deve chiedere se, guardando alla Chiesa, partiamo da Dio e dal suo “sguardo innamorato su di noi”, o se invece cediamo la tentazione di “partire dall’io”, mettendo “le nostre agende prima del Vangelo” e lasciandoci “trasportare dalle mode della mondanità per inseguire le mode del tempo o di rigettare il tempo che la Provvidenza ci dona per volgerci indietro”.
Papa Francesco, però, mette in guardia sia dal “progressismo che si accoda al mondo” che dal “tradizionalismo o indietrismo che rimpiange un mondo passato”, perché entrambe sono “infedeltà” e “egoismi pelagiani, che antepongono i propri gusti e i propri piani all’amore che piace a Dio”.
Il Papa invita a tornare al Concilio, a “ritrovare la passione per il Concilio e rinnovare la passione per il Concilio” per “ridare il primato a Dio, all’essenziale”, tornare a Gesù e ad una Chiesa “libera e liberante”, ma soprattutto ad una Chiesa “abitata dalla gioia”. Perché se la Chiesa “non gioisce smentisce se stessa”, e in fondo “una Chiesa innamorata di Gesù non ha tempo per scontri, veleni o polemiche”. La preghiera allora è che “Dio ci liberi dall’essere critici e insofferenti, aspri e arrabbiati. Non è solo questione di stile, ma di amore, perché chi ama fa tutto senza mormorare”.
Il secondo sguardo è quello di mezzo, quello cui è chiamato Pietro quando da pescatore che “attira a sé” viene trasformato in pastore “che si occupa degli altri, pasce gli altri” e vive “con il gregge”, stando loro in mezzo. E sottolinea che lo stare "sopra le pecore" è il clericalismo è la malattia che "uccide le pecore".
Papa Francesco sottolinea l’attualità del Concilio, che “ci aiuta respingere la tentazione di chiuderci nei recinti delle nostre comodità e convinzioni per imitare lo stile di Dio”. E la Chiesa “non ha celebrato il Concilio per ammirarsi, ma per donarsi”, riscoprendo “il fiume vivo della Tradizione senza ristagnare nelle tradizioni”, e trovando la sorgente dell’amore “non per rimanere a monte”, ma per scendere a valle ed essere “canale di misericordia per tutti”.
Dunque, ritornare al Concilio significa “superare la tentazione dell’autoreferenzialità”, pascendo le pecore e così facendo superando “le nostalgie del passato, il rimpianto della rilevanza, l’attaccamento al potere”. Per Papa Francesco, il popolo Santo di Dio è un “popolo pastorale”.
Ed è chiamato a pascere “tutte le sue pecore”, non solo alcune, ed è questo lo sguardo d’insieme. Se la Chiesa è “comunione”, il diavolo tenta alla polarizzazione. E allora, invita Papa Francesco, “superiamo le polarizzazioni e custodiamo la comunione”, invita Papa Francesco. E chiede di lasciare "da parte gli -ismi", che non piacciono al popolo di Dio.
Prega infine Papa Francesco: “Ti rendiamo grazie, Signore, per il dono del Concilio. Tu che ci ami, liberaci dalla presunzione dell’autosufficienza e dallo spirito della critica mondana. Liberaci dall'autoesclusione all'unità. Tu, che ci pasci con tenerezza, portaci fuori dai recinti dell’autoreferenzialità. Tu, che ci vuoi gregge unito, liberaci dall’artificio diabolico delle polarizzazioni, degli -ismi”.
Le Migliori Notizie Cattoliche - direttamente nella vostra casella di posta elettronica
Iscrivetevi alla newsletter gratuita di ACI Stampa.
La nostra missione è la verità. Unisciti a noi!
La vostra donazione mensile aiuterà il nostro team a continuare a riportare la verità, con correttezza, integrità e fedeltà a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.
Donazione a CNA