Matera, 23 September, 2022 / 9:00 AM
Matera ospita il Congresso Eucaristico nazionale italiano che domenica sarà concluso da Papa Francesco. L' arcidiocesi di Matera- Irsina ha un pastore speciale perché è il presidente dei Congressi Eucaristici e l'autore di un libro sulla Eucarestia. Mentre la Chiesa in Italia percorre un cammino sinodale chiediamo all'arcivescovo:
In quale modo è possibile costruire una Chiesa eucaristica e sinodale?
“Quando parliamo di Eucaristia, secondo la felice espressione di san Tommaso, si intende come: ‘cibo per coloro che camminano’. Non semplice ricordo celebrato in un rito ma mistero celebrato nell’azione liturgica per la vita della Chiesa, che nel suo camminare ha bisogno sempre di nutrirsi del pane di vita eterna.
Nel linguaggio comune quando si parla di sinodo si pensa ad un evento nel quale s’incontrano tante persone. In realtà s’intende molto di più: compagni di viaggio di Cristo stesso, proprio in virtù del medesimo battesimo che abbiamo ricevuto: ‘Credi in Cristo Gesù. Egli ti sarà compagno (σύνοδος) lungo il sentiero pericoloso, ti sarà guida verso il regno suo e di suo Padre’. Se Cristo è compagno di viaggio, vuol dire che quanti camminano con lui, i battezzati, diventano anche loro sinodo. I battezzati formano la Chiesa, popolo di Dio in cammino accanto al Maestro e Signore, Cristo Gesù.
E quando si ritorna alla Chiesa, significa che si avverte il bisogno di ‘tornare al gusto del pane’ perché sappiamo benissimo che ‘la Chiesa fa l’Eucaristia e l’Eucaristia fa la Chiesa’.
Chi ascolta la Parola partecipa all’Eucaristia, avviando processi a lungo termine attraverso un cammino sinodale che si svela man mano che si va avanti. Non significa prendere decisioni ma strade che spesso sono faticose, in salita come da Emmaus verso Gerusalemme, condividendo l’esperienza del Risorto oggi e qui, maturando e rispettando i tempi che la legge naturale indica: arare, seminare, crescere, maturare, mietere, macinare, impastare, cuocere, gustare”.
Il pane richiama alla crisi del cibo, accentuata dalla guerra: come essere solidali con i popoli?
“L’Eucaristia non è solo pane e vino che attraverso la transustanziazione diventano ‘corpo’ e ‘sangue’ di Cristo, ma pane spezzato e vino versato. In questo modo riusciamo a cogliere il senso della sua vita offerta per noi. E la logica del dono ci aiuta a capire che celebrare l’Eucaristia, ricevere Gesù Eucaristia, non significa stare bene, aver soddisfatto il precetto, aver ricordato l’anima di una persona cara. E’ anche questo! Ma prima di tutto cogliere che partecipare all’Eucaristia significa spendere, come Gesù, la propria vita in un dono, che si fa pane spezzato e nutrimento per il bene dei fratelli.
Oggi ci rendiamo conto di quanto sia difficile incontrarsi. Si sta insieme ma spesso si vive nell’indifferenza, anche nella stessa famiglia, tra coniugi, tra genitori e figli. Il silenzio o la violenza verbale spesso sostituiscono l’incontro di sguardi che dovrebbero comunicare gioia, amore, voglia di stare insieme, fecondità di vita. Il bisogno d’incontrarsi diventa sempre più impellente perché l’altro diventi punto di riferimento e di forza nell’affrontare la quotidianità. Non un semplice stare insieme ma mettersi a servizio dell’altro in forma gratuita. E’ la legge dell’amore che non ha prezzo: è gratuito perché immagine di Dio Amore che ci ama incondizionatamente.
Si avverte urgente il bisogno di tornare ad incontrarsi e capire che non siamo padroni della vita dell’altro che, invece, ci è stato affidato perché ce ne prendiamo cura. Cura che richiede sacrificio, sudore, tempo da dedicare, ascoltando, condividendo gioie e dolori. Fuori da questa logica, l’altro, anche l’affetto più grande come un figlio o il partner, diventa un problema che può portare a forme di malata possessività e violenza.
C’è bisogno di essere costruttori di umanità, in particolare in questo momento storico. Stiamo vivendo un momento davvero difficile, con tante sofferenze e tante paure. Si avverte il bisogno di uno spazio di dialogo vero, per costruire insieme una coscienza collettiva. La pandemia e la guerra hanno reso più evidente quanto sia importante rimettere al centro l’uomo, la persona, per tornare ad essere più umani, uomini che agiscono da uomini in favore degli altri uomini. Se manca questo significa che stiamo perdendo il contatto con la storia, consegnando alle nuove generazioni un mondo privo del senso più alto della parola umanità”.
Perché Matera è la città del pane?
“Matera ha una tradizione di panificazione che nel corso dei secoli ha sempre più sviluppato, affermandosi come città del pane. Questa nostra città, pur essendo una delle più antiche del mondo, da quando ha accolto l’annuncio evangelico ha saputo sviluppare una particolare teologia nella semplicità dei gesti e dei segni. Uno di questi è appunto il pane. Il suo profumo inebria le strade e le case, il suo sapore è una carezza per il cuore. Non a caso ogni fetta del pane tradizionale ha la forma del cuore. Un cuore che si dilata, si fa cibo, esattamente come Dio Trinità.
Anticamente le mamme di questa città, come un po’ dappertutto, iniziavano la lavorazione dell’impasto per il pane con il segno della croce. Successivamente, per risparmiare spazio nel forno e mettere più pani, si sviluppò la tecnica di creare un pane che lievitasse soprattutto in altezza. Questa tecnica si basa sulla teologia della Santissima Trinità. La pasta viene stesa a forma di rettangolo: si uniscono le estremità di un lato arrotolandola tre volte, mentre si pronuncia: ‘nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo’.
Dall’altro lato, con la stessa tecnica, si fanno due giri per ricordare la doppia natura di Gesù Cristo: umana e divina. Al termine l’impasto viene piegato al centro e fatti tre tagli sopra recitando: Padre, Figlio e Spirito Santo. A questo punto il pane viene lasciato riposare nel giaciglio caldo dove aveva dormito il marito: luogo sacro perché luogo dell’amore e nascita di vita nuova. La formula che la donna usava era questa: Cresci pane, cresci bene come crebbe Gesù nelle fasce. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Qui, continuando a lievitare con il lievito madre, si amalgamava diventando una sola massa”.
In quale modo Matera si è preparata a vivere il Congresso eucaristico ed a ricevere il Papa?
“Come Chiesa locale abbiamo colto questo momento come evento che Dio ci ha regalato per riflettere insieme attraverso l’ascolto della Parola, la preghiera, riscoprendo la centralità dell’Eucaristia. E’ stata un’occasione per ritrovare fiducia, soprattutto dopo la dura prova della pandemia, e rinsaldare tra di noi quei vincoli di fede che ci aiutino a mostrare il vero volto di Chiesa in cammino, di famiglia di Dio.
L’ultima visita di una Papa a Matera risale a 31 anni fa con san Giovanni Paolo II. Per noi, se pur il programma sia stato ridimensionato a causa della coincidenza con le elezioni politiche, è motivo di grande gioia e soddisfazione poter godere della sua presenza e ascoltare la sua voce nel partecipare alla solenne concelebrazione eucaristica, per ‘tornare al gusto del pane per una Chiesa eucaristica e sinodale’. Tutti viviamo con ansia l’attesa di colui che viene nel nome del Signore”.
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