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Un servizio di EWTN News

Santa Chiara ricorda la vocazione femminile in un momento di grande conflittualità

A settembre del 2010 papa Benedetto XVI ha dedicato un’udienza generale a santa Chiara di Assisi, sottolineando che è stata una donna ‘coraggiosa’, capace ‘di dare un decisivo impulso per il rinnovamento della Chiesa’, tantoché ottenne dai papi dell’epoca il ‘Privilegium Paupertatis’: “In base ad esso, Chiara e le sue compagne di san Damiano non potevano possedere nessuna proprietà materiale. Si trattava di un’eccezione veramente straordinaria rispetto al diritto canonico vigente e le autorità ecclesiastiche di quel tempo lo concessero, apprezzando i frutti di santità evangelica che riconoscevano nel modo di vivere di Chiara e delle sue sorelle”. 

Ed in occasione della festa della santa assisate, scelta da papa Pio XII quale patrona della televisione, p. Massimo Fusarelli, Ministro generale dell'Ordine dei Frati Minori, ha inviato una lettera alle Clarisse, sottolineando l’importanza della vocazione in un momento di grande conflittualità mondiale: “Anche quest’anno allora siamo provocati a chiederci di nuovo quale sia il centro della nostra vocazione e come esso possa dare luce e speranza a questo tempo difficile. Sono tornato per questo, attraverso una lettura orante, al Testamento di santa Chiara e voglio cogliere con voi alcuni suoi passaggi che mi sembra ci aiutino a dire una parola importante per cercare un punto di sintesi che ci aiuti a unificare gli elementi diversi della vocazione ed elezione ricevuta. Questo punto mi sembra si possa sintetizzare così: ‘avere cura’, vivere cioè con vigilanza e attenzione il dono ricevuto, lasciarlo crescere per il bene della Chiesa, pellegrina tra gli uomini”.

Proprio la cura è all’origine del suo testo testamentario, in quanto è origine della vocazione: “Chiara esprime al Padre attraverso Francesco la sua gratitudine per la vocazione, che accoglie con le sue sorelle come un dono che viene dall’alto… Chiara parla di una ‘illuminazione del cuore’, che ha ricevuto dal Padre e di una ‘ispirazione’ maturata in lei attraverso l’esempio e la parola del padre San Francesco: questi due elementi, essenziali in ogni vocazione, vanno custoditi lungo tutta la vita”. 

La vocazione è un dono, che ha bisogno di cura: “Vocazione è dono non una volta per tutte, ma cresce attraverso una cura costante. Per questo abbiamo bisogno continuamente di esporci alla presenza e alla parola del Signore per ricevere questa illuminazione del cuore, alla cui luce possiamo riconoscere la verità della vita a cui siamo chiamati, l’ispirazione che la muove”. 

Cura è la custodia della presenza di Dio: “Avere cura vuol dire custodire la presenza e la voce dello Spirito del Signore in noi, restare attenti alle vie da percorrere per vivere oggi in modo dinamico la nostra vocazione. Impariamo ad aver cura della luce e dell’ispirazione che il Signore non cessa di seminare abbondantemente tra noi. Non riduciamo il carisma e la vocazione a una serie di regole da osservare oppure a un continuo cambio di modalità e di espressioni, perchè la cura chiede fedeltà, attenzione, crescita in profondità, nutrimento delle radici”.

Attraverso il prendersi cura santa Chiara è stata una donna libera, perché si è fidata di Dio: “Chiara è stata una donna libera, non ha avuto paura di affidarsi, di rimanere anche senza pane per sperimentare la provvidenza e la cura che il Signore aveva per lei e per le sue sorelle. Riceviamo questa cura e per questo possiamo imparare a prenderci cura, anche della nostra vocazione. Questo vale anche per noi, vostri fratelli e voi ce lo ricordate. 

Chiara affida questa custodia alla Chiesa, a Francesco e ai suoi successori. Ella sa che da sola, le sorelle da sole, non possono custodire un dono così grande. E allo stesso modo noi, i vostri fratelli, non possiamo farcela da soli, perchè abbiamo bisogno di un’appartenenza più grande che è quella alla Chiesa, popolo di Dio e anche alla nostra famiglia tutta intera. Penso per questo quanto sia importante per la custodia della vostra vocazione e povertà l’appartenenza all’Ordine, la comunione con le altre sorelle attraverso la fede razione e anche l’Ordine nella sua interezza”. 

La vocazione è un dono che si propaga nel tempo futuro: “. La vocazione è un dono che riceviamo non solo per noi nei pochi anni che ci sono dati, né solo per questo o quel monastero. E’ un dono che ci ha preceduto e che vivrà dopo di noi e non è legato alle mura e neanche ad una comunità, ma alla forma di vita. Oggi che non pochi monasteri devono chiudere le loro porte, spesso dopo secoli, abbiamo fiducia! Siamo affidati al Padre delle misericordie che resta fedele. Il dono della vocazione è vivo e anche tutto il bene profuso dalla comunità resterà dopo che essa non ci sarà più e vivrà con e in altre sorelle. Pensiamo ai monasteri che aprono e fioriscono in diversi Paesi del mondo: la nostra vocazione è viva!” 

Inoltre nella lettera il ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori invita a vivere la fraternità che ella sperimentò: “Questo amore fraterno va custodito, perchè la sua radice è teologale e non riducibile a una umana simpatia o affinità. Questo amore è fatto di gesti concreti, di cura e di custodia quotidiana e oggi in modo particolare ci chiede anche l’attenzione per il vissuto umano, affettuoso e spirituale di ciascuna sorella. Siamo molto più consapevoli oggi della complessità di ciò che è umano e per questo sappiamo di essere chiamati a prenderci cura di tutta la persona, nella sua integrità. Questo vale nel tempo della formazione iniziale e soprattutto lungo tutto il cammino che ciascuna sorella vive nelle diverse età della vita e che tocca il cammino di ogni monastero”. 

La lettera si conclude con la gratitudine alla santa assisate per le vocazioni: “In questa gratitudine Chiara ci esorta a crescere e a perseverare nel bene, a rimanere cioè aperti e attivi nella risposta alla nostra vocazione… E restare in questo cammino mi sembra il modo più vero per attraversare questo tempo difficile, dove tutto sembra crollare e spegnere il futuro. Chiara invece ci invita a guardare avanti, a non fermarci. Se cresciamo in questa speranza, siamo lievito nel mondo, che di questa speranza ha più che mai bisogno”. 

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