Prato, 10 November, 2015 / 9:30 AM
In una casula, la storia di Prato. Ovvero di quella Prato che è stata sin dal Medioevo un distretto pregiato dalla manifattura laniera, anche grazie alle acque del fiume Bisenzio, che permettevano più facilmente alcuni tipi di lavorazione. Ma nella casula consegnata a Papa Francesco al termine del suo incontro in piazza Duomo c’è anche la storia di un benefattore e manifattore della lana dallo stesso nome del Papa. E devoto a San Francesco di Assisi, da cui il Papa ha preso il nome.
Il “notabile” di Prato è Francesco di Marco Datini. C’è un fondo a lui nominato dedicato alle attività commerciali di Datini, tra cui anche quelle relative alla società della lana e della tinta. E in particolare “alla produzione di sei pezze in quattro colori, partite da Minorca in Spagna, lavorate a Prato e ridestinate ai mercati di Maiorca e Valencia,” racconta Daniela Degl’Innocenti, del Museo del Tessuto di Prato.
Sulla base del materiale di archivio, la ricercatrice ha avuto una idea: perché non provare a risalire alla produzione dei tessuti, e a produrli oggi (sebbene con criteri più industriali, non essendo più possibile utilizzare molte delle attrezzature del tempo) per comprendere davvero quale era il ciclo di produzione e vendita della lana in tempi antichi?
“Abbiamo studiato i registri, riconvertito le misure in misurazioni metrico decimali, dedotto le fasi della lavorazione dai diari… siamo risaliti ai colori e abbiamo visto tutto il tragitto che hanno fatto le pezze… da Minorca a Barcellona, dove vengono assicurate per 400 fiorini. Quindi a Prato, quindi di nuovo in Spagna, destinate al mercato, per essere vendute intere o al dettaglio.” Prezzo consigliato per una pezza era di 44 fiorini. In cifre di oggi, spiega Daniela Degl’Innocenti, si dovrebbe “riconvertire in beni, e direi che il valore è pressappoco quello di un mini appartamento.”
Al progetto – che nasce nell’ambito dello straordinario lavoro di ricerca e restauro del Museo del Tessuto - hanno partecipato in maniera entusiasta molti artigiani. E poi, con l’arrivo di Papa Francesco, è sembrato naturale fare al Papa un regalo tessuto nella pezza riprodotta. Il progetto è stato affidato a Paolo Zanella, sarto trevigiano, che ha pensato una casula con stola e mitra concistoriale tutta ispirata a Francesco di Assisi.
“Francesco di Assisi si trova di fronte al crocifisso di San Damiano quando Dio gli dice ‘Va e ripara la mia casa in rovina’. E lui va, e ripara la piccola chiesa di San Damiano. Ma l’uomo medievale è analogico, ragiona per conseguenze. Nel riparare quella piccola chiesa, ripara anche la Chiesa.”
Dunque, il tema della casula è quello della “croce di San Damiano,” perché “anche questo Papa, che ha preso nome Francesco, vuole fare opera di riforma nella Chiesa.” E anche perché – spiega Zanella – “la croce di San Damiano, quel particolare tipo di croce, connota l’Italia centrale, l’Umbria e la Toscana, e non si trova in nessun altro luogo di Italia.”
La croce è color porpora, che contrasta fortemente con il bianco del panno morbido e lavorato, e allora è stata mitigata con “corculus malvae,” in pratica iuta, il materiale di cui sono fatti i sacchi, che rimanda idealmente alle sacche con cui si trasportava la lana (anche se quelle erano fatte di altro materiale). E c’è sul retro della scatola lo stemma di Francesco di Marco Datini.
Da una pala di altare devozionale e privata (ma oggi collocata nei Musei Capitolini a Roma) si è potuto dedurre in che modo il tessuto pregiato era stato utilizzato, “una delle poche immagini di Datini in vita, mentre quelle che lo ritraggono dopo morto lo ritraggono sempre con i panni del notabile,” spiega Daniela Degl’Innocenti. Anche Datini si chiamava Francesco, ed era devotissimo a Francesco d’Assisi, tanto “da aver fatto da mecenate per la chiesa di San Francesco” a Prato, spiega ancora la professoressa Degl’Innocenti. Quella Chiesa in cui i giovani si sono radunati in attesa della visita del Papa.
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