Matera, 25 January, 2022 / 9:00 AM
Don Giuseppe Calabrese è un sacerdote materano di 28 anni che si definisce ‘portinaio dello Spirito Santo’ e dal 27 novembre è parroco della parrocchia ‘SS. Salvatore all’Immacolata in Irsina’, diventando il più giovane della Basilicata. A lui chiedo di raccontare come è la vita di un giovane parroco: “Ti rispondo con due parole: ‘organizzata ed imprevedibile’. Mi spiego: se non appunto ciò che sono chiamato a fare sull’agenda che i ragazzi di Bernalda mi hanno voluto donare prima di andarmene per questo nuovo incarico, correrei il rischio di non sapere che cosa, quando e soprattutto per quanto tempo dedicarmi a tali servizi pastorali.
L’agenda è importante perché mi ordina la giornata e la vita ed ogni cosa è al suo posto, così ad esempio so che per quell’ora c’è la preghiera,, c’è la visita nelle classi a scuola… e non corro il rischio di fare altro tanto da arrivare a sera che non abbia fatto ciò che dovevo fare ad esempio di non aver dato tempo personale al Signore.
Poi è imprevedibile in quanto tante sono le occasioni e le richieste di servizio che si verificano in una giornata senza che tu le hai preparate: ad esempio una persona che si deve confessare, come una persona che ti chiede di fare un certificato mentre tu stai per andare a fare la spesa o un aiuto mentre tu stai facendo un servizio che reputi più urgente o vieni chiamato da un gruppo di ragazzi alle ore 22.30, perché vogliono stare con te e ti vogliono parlare mentre magari hai appena finito di dedicarti allo studio per gli esami e sei già sotto le coperte. Penso che queste due parole identificano la vita di un giovane parroco”.
Perché si è definito ‘portinaio dello Spirito Santo’?
“Portinaio dello Spirito Santo perché il mio principale compito come parroco è essere custode della Parrocchia e della comunità e il mio principale servizio è quello oggi di ‘aprire le porte della Parrocchia dall’interno all’esterno della piazza’. Aprire le porte della comunità all’azione potente e rinnovatrice dello Spirito Santo ed aprire le porte a coloro che hanno bisogno di Dio e di essere amati. E’ importante perciò che anche i portoni delle parrocchie siano sempre aperti anche dopo aver celebrato il Divino Sacrificio perché come ci indica Papa Francesco nell’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’ (n^ 264) ‘abbiamo bisogno di soffermarci in preghiera per chiedere a Lui di affascinarci. Abbiamo bisogno d’implorare ogni giorno, di chiedere la sua grazia perché apra il nostro cuore freddo e scuota la nostra vita tiepida e superficiale’. Sto notando che i portoni delle nostre chiese devono rimanere sempre più aperti perché ognuno deve ritrovare la dolcezza di stare semplicemente davanti al crocifisso o in ginocchio davanti al Santissimo Sacramento per gustare l’amore di Dio nei nostri confronti, perché ci dimentichiamo troppo velocemente che Dio ci ama!”
Come comunicare il Vangelo ai giovani oggi?
“La via per eccellenza è essere se stessi e subito dopo la prossimità che significa essere con loro. Dedicare ai giovani non i residui del nostro tempo, ma tempo. Tempo per esserci nei loro discorsi. Tempo per esserci nei loro luoghi che vivono e frequentano. Tempo per esserci nelle loro famiglie. Tempo per esserci nelle loro attività ed uscite. Tempo per esserci nei loro dialoghi. Poi la coerenza, la radicalità delle scelte e la testimonianza di vita. Ancora usare i loro canali come i mezzi di comunicazione sociale come i social media e la radio. Oggi il Vangelo si potrebbe incontrare su spotify, dove i ragazzi e i giovani passano tanto tempo. Viaggiando con gli autobus ho visto tanti adolescenti che ascoltano tante proposte su spotify e posso dire che spotify, come ogni social media, è la nuova piazza; oggi è la strada che collega Gerusalemme a Gerico per chi conosce un pò dei Vangeli. San Paolo se fosse vissuto nei nostri tempi avrebbe certamente utilizzato anche questi canali principali per annunciare il Vangelo. Ne sono certo! Infine direi che è essenziale un dialogo franco”.
Come descrive la sua missione di sacerdote?
“Il senso della mia missione si sintetizza in quattro verbi, di cui il primo è ‘aprire’: oggi è il momento di aprire le porte della parrocchia dall’interno verso la piazza perché al mondo non manchi il Vangelo e perché al Vangelo non manchi il mondo. Il secondo verbo è ‘uscire’: l’esperienza mi ha insegnato che non posso attendere in parrocchia ma, come ci insegna il Vangelo, bisogna raggiungere i luoghi nei quali le persone si incontrano. Il terzo è ‘ascoltare’: i miei cari ragazzi di Bernalda, quando sono andato via, mi hanno regalato un’agenda e una penna dove poter scrivere, segnare, riflettere, ma soprattutto ascoltare la realtà nuova. Infine il quarto verbo è ‘essere libero’: sono responsabile dell’intera comunità e non potrò mai dimenticarmelo”.
Infondere speranza: quali sono stati i tuoi ispiratori?
“Per primo il Figlio di Dio e l’unico Maestro Gesù Cristo che è la Speranza dell’umanità; poi, poiché da anni vivo l’appartenenza nell’Agesci come scout, gli insegnamenti di Baden Powell. Da quando sono sacerdote sto ripercorrendo e facendo mie le orme lasciate da un grande profeta contemporaneo americano che ha bussato alla mia porta e siamo come uniti spiritualmente ed ho il compito di concludere ciò che lui non è riuscito a portare a termine: Fulton Sheen e poi c’è il grande san Paolo VI. La mia formazione ha come pilastro J. H. Newmann”.
E’ in progetto anche un romanzo sull’arcangelo Michele: di cosa si tratta?
“Non posso dire altro che è un racconto per bambini e ragazzi su una cosa che all’arcangelo Michele gli è stata rubata durante la prima guerra in cielo contro Lucifero. Mi auguro quanto prima di offrirlo alla vostra lettura”.
Quali sono le letture preferite?
“Divoro i libri letteralmente delle memorie politiche, della storia americana e dei thriller; leggo con interesse e soprattutto per il mio combattimento quotidiano ed in preparazione a ciò di cui avranno bisogno le persone che si accostano a me libri sugli angeli e biografie dei santi; infine leggo libri in lingua e mi interesso del diritto delle procedure dei santi”.
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