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Un servizio di EWTN News

Il "sapore" della famiglia basata su Cristo nella esperienza di una coppia di sposi

‘Ama chi dice all’altro: Tu non puoi morire’: in questa frase del filosofo francese Gabriel Marcel, si racchiude la sfida del libro ‘Sapore di famiglia’, scritto dai coniugi Emma Ciccarelli e Pier Marco Trulli, impegnati nell’associazionismo e nel sociale, che, sposati da quasi 30 anni, hanno quattro figli, come è riportato nella prefazione al libro dal card. Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino, che definisce la lettura del testo come ‘un grande aiuto per tutti’, dai giovani alle coppie mature, che ha sottolineato il valore della promessa nell’anno dedicato alla famiglia:

“Il libro rivela proprio ciò che è scritto nel titolo: il sapore di una realtà umana normale, comune, semplice e complessa nello stesso tempo: quello di una famiglia come tante altre, che affronta la vita, che mostra la strada ai propri figli, che cerca di dare un senso a una promessa fatta in un certo giorno, che prova a gestire un programma di vita che non si ferma solo alla organizzazione interna della famiglia stessa ma si proietta verso un orizzonte ampio e significativo, che è quello di un impegno a tutto campo per il bene non solo della famiglia propria ma anche di tante altre. Il testo non ha timore di descrivere anche i momenti più semplici ma profondi dei primi approcci, dell’innamoramento”. 

Un testo che si dipana lungo la loro storia concreta e che è una sfida a riscoprire la bellezza della famiglia, ‘a raggiungere traguardi insieme’, al diffondere quel ‘sapore di famiglia’, che dà il titolo al libro. Emma Ciccarelli è vice presidente del Forum delle Associazioni Familiari e membro dell’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, mentre Pier Marco Trulli è manager in un gruppo bancario. Entrambi vivono intensamente l’esperienza cristiana e il loro lavoro vuol essere una testimonianza vissuta che ripercorre le tappe principale della loro vita fin da quando si conobbero: una sfida complessa quella del ‘per sempre’, in un mondo dove il pensiero più diffuso appare essere quello della cultura del provvisorio e dello scarto, specie di fronte a incomprensioni e difficoltà.

Allora chiediamo loro di raccontarci quale sapore ha la famiglia: “Non ha sempre lo stesso sapore, è un soggetto dinamico, in continua evoluzione e sviluppo, la famiglia non è mai uguale a se stessa, passa dal dolce all’amaro, dal salato al saporito anche nell’arco della stessa giornata. Ha il sapore del quotidiano ma anche della festa, ha il sapore del sacro in quanto custode di una promessa e della vita. Nella famiglia si fa ritorno, ma è anche trampolino di lancio per il mondo. Ha tante sfaccettature che la rendono particolare e preziosa, e quindi saporita”.

Perché la famiglia è gustosa?

“Perché anche se ha tutti questi sapori, ha un gusto particolare che non può essere sostituito né contraffatto: il gusto del ‘sentirsi a casa’ del sentirsi ‘uno’ nella pluralità. La famiglia è gustosa perché là ciascuno ha un nome, è riconosciuto come persona, perché è il luogo della cura e del riconoscimento per eccellenza, il luogo dove si impara la relazione”.

Quale significato assume ‘per sempre’ nella società contemporanea?

“Il per sempre è una grande sfida. In un contesto storico e relazionale in cui tutto sembra all’insegna della fluidità della libertà assoluta, sembra che tale impegno sia passato di moda, e che il legame sia anzi una gabbia da cui fuggire. Sono convinta invece che l’essere umano si sviluppa più armonicamente solo se può contare su legami stabili, sulla certezza che qualsiasi cosa succeda l’altro ci sarà sempre. L’amore, quello vero, ha un anelito di eternità e non di limitatezza. Lo cercano gli innamorati quanto sigillano le loro promesse nei lucchetti di Ponte Milvio a Roma o quando lo incidono in un anello, o quando lo scrivono sui muri o se lo tatuano sul corpo. Da un lato c’è l’aspirazione all’eternità, la disponibilità del cuore ad investire nel futuro, dall’altra la società contemporanea, nei suoi slogan ti dice invece che ‘l’amore è eterno finché dura’, citando il titolo di un film di Carlo Verdone, oppure ad accettare la logica dell’ ‘usa e getta’ tipica del consumismo anche nelle relazioni, che ti porta a non considerare l’altro come un valore. Ma poi ti rendi conto che questa non è una strada di senso, e che solo Cristo ha parole di vita eterna. Ed allora quella apparente gabbia diventa una strada di libertà, in cui puoi essere te stesso e realizzarti nel dono”. 

In quale modo la famiglia si apre al mondo?

“Noi erroneamente tendiamo ad immaginare la famiglia nel modello ‘due cuori e una capanna’, che può essere una fase ma non la situazione ottimale della coppia, anche se una visione romantica dell’amore ci ha portato a pensarlo. In realtà la famiglia non sopravvive senza rapportarsi con il mondo, azzarderei a dire che rischia di implodere o di diventare asfittica. Solo se vi è apertura al mondo esterno la famiglia è generativa e capace di relazioni vere e gratificanti. L’apertura al mondo è un aspetto che viene sottovalutato, ma è ciò che rende generativa la famiglia”.

 

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