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Atene, il Papa ai vescovi: "Anche a noi oggi è richiesto l’atteggiamento dell’accoglienza"

Ad Atene, nella Cattedrale di San Dionigi, il Papa incontra i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i catechisti. La Cattedrale di Atene è dedicata a San Dionigi l’Aeropagita, primo vescovo della città, così soprannominato perché convertito al cristianesimo dopo il discorso di San Paolo all’Aeropago.

Sede vescovile dell’Arcidiocesi cattolica della capitale ellenica – la cui antica sede è stata restaurata nel 1875 da Pio IX e il cui territorio è suddiviso in 13 parrocchie – nel 1877 viene elevata al rango di basilica minore, ed è la prima e ultima chiesa cattolica in Grecia ad aver ricevuto tale nomina.

La sua costruzione inizia nel 1853 su disegno in stil neorinascimentale dell’architetto tedesco Leo von Klenze che si ispira alla chiesa abbaziale di San Bonifacio a Monaco di Baviera, ma viene terminata solo nel 1865 sotto la direzione dell’architetto greco Lyssandros Kaftantzoglou. È un esempio di classicismo ateniese, al cui interno, diviso in tre navate, spicca l’affresco del pittore italiano Guglielmo Bilancioni “L’apoteosi di San Dionigi l’Aeropagita” del 1890.

Ed è proprio qui che il Papa viene accolto all'ingresso principale dall'Arcivescovo di Atene e dal Parroco che gli porge la croce e l'acqua benedetta. Francesco ascolta le parole di Monsignor Sevastianos Rossolatos, Arcivescovo emerito di Atene e presidente della Conferenza Episcopale di Grecia. Dopo aver ascoltato alcune testimonianze, il Papa pronuncia il suo discorso alla Conferenza episcopale della Grecia. L’attuale presidente è Monsignor Sevastianos Rossolatos, Arcivescovo emerito di Atene, mentre il Segretario generale è Monsignor Nikólaos Printezis, Arcivescovo di Naxos, Andro, Tino e Mykonos.

"Sono contento di incontrarvi in una terra che è un dono, un patrimonio dell’umanità sul quale sono state costruite le fondamenta dell’Occidente. Siamo un po’ tutti figli e debitori del vostro Paese: senza la poesia, la letteratura, la filosofia e l’arte che si sono sviluppate qui, non potremmo conoscere tante sfaccettature dell’esistenza umana, né soddisfare molte domande interiori sulla vita, sull’amore, sul dolore e sulla morte", dice subito il Papa.

Francesco poi parte dalla figura di Paolo. Il primo atteggiamento dell'Apostolo è la fiducia. Paolo è "messo alle corde" all'Aeropago. Lo considerano un "ciarlatano".

"Paolo non sta dunque vivendo un momento trionfante - commenta Papa Francesco - sta portando avanti la missione in una condizione difficile. Forse, in tanti momenti del nostro cammino, anche noi avvertiamo la fatica e talvolta la frustrazione di essere una piccol comunità, o una Chiesa con poche forze che si muove in un contesto non sempre favorevole. Meditate la storia di Paolo ad Atene. Era solo, in minoranza e con scarse probabilità di successo. Ma non si è lasciato vincere dallo scoraggiamento, non ha rinunciato alla missione. E non si è lasciato prendere dalla tentazione di lamentarsi. Ecco l’atteggiamento del vero apostolo: andare avanti con fiducia, preferendo l’inquietudine delle situazioni inattese all’abitudine e alla ripetizione. Paolo ha questo coraggio".

"A noi, come Chiesa, non è richiesto lo spirito della conquista e della vittoria, la magnificenza dei grandi numeri, lo splendore mondano. Tutto ciò è pericoloso. È la tentazione del trionfalismo. A noi è chiesto di prendere spunto dal granello di senape, che è infimo, ma umilmente e lentamente cresce", raccomanda il Papa.

"Allora, carissimi, vorrei dirvi: benedite la piccolezza e accoglietela. Vi dispone a confidare in Dio e in Dio solo - continua il Papa - Essere minoritari – e nel mondo intero la Chiesa è minoritaria – non vuol dire essere insignificanti, ma percorrere la via aperta dal Signore, che è quella della piccolezza: della kenosis, dell’abbassamento, della condiscendenza".
Poi Francesco vuole sottolineare un secondo atteggiamento di Paolo all’Areopago di Atene: l’accoglienza. "È la disposizione interiore necessaria per l’evangelizzazione: non voler occupare lo spazio e la vita dell’altro, ma seminare la buona notizia nel terreno della sua esistenza, imparando anzitutto ad accogliere e riconoscere i semi che Dio ha già posto nel suo cuore, prima del nostro arrivo. Ricordiamo: Dio precede sempre la nostra semina. Evangelizzare non è riempire un contenitore vuoto, è anzitutto portare alla luce quello che Dio ha già iniziato a compiere", spiega il Papa.

Il Pontefice sottolinea: "Anche se le strade di Atene erano piene di idoli, che l’avevano fatto fremere dentro di sé Paolo accoglie il desiderio di Dio nascosto nel cuore di quelle persone e con gentilezza vuole donare loro lo stupore della fede. Il suo stile non è impositivo, ma propositivo. Non si fonda sul proselitismo, ma sulla mitezza di Gesù. E ciò è possibile perché Paolo ha uno sguardo spirituale sulla realtà: crede che lo Spirito Santo lavora nel cuore dell’uomo, al di là delle etichette religiose".

"Anche a noi oggi è richiesto l’atteggiamento dell’accoglienza, lo stile dell’ospitalità, un cuore animato dal desiderio di creare comunione tra le differenze umane, culturali, religiose. La sfida è elaborare la passione per l’insieme, che ci conduca – cattolici, ortodossi, fratelli e sorelle di altri credo – ad ascoltarci reciprocamente, a sognare e lavorare insieme, a coltivare la “mistica” della fraternità", chiede a tutti il Papa.

Francesco subito dopo questo incontro si dirige verso la Nunziatura Apostolica per l'incontro privato con i Membri della Compagnia di Gesù.

Dopo l’incontro nella Cattedrale dì San Dionigi, Papa Francesco si è fermato per una breve sosta per ammirare dall’auto l’Acropoli dì Atene.

articolo aggiornato ore 17e45

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