Roma, 05 November, 2021 / 11:20 AM
Dopo la degenza del luglio scorso a causa dell’operazione al colon, stamane Papa Francesco è tornato al Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” per celebrare la Messa in occasione del 60° anniversario dell’inaugurazione della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
“Contemplando il Cuore di Cristo – ha detto il Papa nell’omelia - possiamo lasciarci guidare da tre parole: ricordo, passione e conforto”.
“Ricordo” ovvero “ritornare con il cuore. Il Cuore di Cristo – ha sottolineato Francesco - ci mostra Gesù che si offre: è il compendio della sua misericordia. Nella fretta di oggi stiamo perdendo la capacità di commuoverci e di provare compassione, perché stiamo smarrendo questo ritornare al cuore, il ricordo, la memoria. Senza memoria si perdono le radici e senza radici non si cresce. Ci fa bene alimentare la memoria di chi ci ha amato, curato, risollevato. Io vorrei rinnovare oggi il mio grazie per le cure e l’affetto che ho ricevuto qui. Credo che in questo tempo di pandemia ci faccia bene fare memoria anche dei periodi più sofferti: non per intristirci, ma per non dimenticare, e per orientarci nelle scelte alla luce di un passato molto recente”.
“Il Cuore di Gesù – ha proseguito - guarisce la nostra memoria perché la riporta all’affetto fondante. La radica sulla base più solida. Ci ricorda che, qualunque cosa ci capiti nella vita, siamo amati. Siamo esseri amati, figli che il Padre ama sempre e comunque, fratelli per i quali il Cuore di Cristo palpita. Coltiviamo questa memoria, che si rafforza quando stiamo a tu per tu con il Signore, soprattutto quando ci lasciamo guardare e amare da Lui nell’adorazione. Ma possiamo coltivare anche tra di noi l’arte del ricordo, facendo tesoro dei volti che incontriamo. Ci fa bene, alla sera, passare in rassegna i volti che abbiamo incontrato, i sorrisi ricevuti, le parole buone. Sono ricordi di amore e aiutano la nostra memoria a ritrovare sé stessa. Quanto sono importanti questi ricordi negli ospedali! Possono dare il senso alla giornata di un ammalato, una parola fraterna, un sorriso, una carezza sul viso”.
La seconda parola che elenca il Papa è passione. “Il Cuore di Cristo è un cuore appassionato, ferito d’amore, squarciato per noi sulla croce. Il Sacro Cuore è l’icona della passione: fa vedere quanta sofferenza sia costata la nostra salvezza. Quel Cuore svela qual è la passione di Dio: l’uomo. Se vogliamo amare davvero Dio, dobbiamo appassionarci dell’uomo, di ogni uomo, soprattutto di quello che vive la condizione in cui il Cuore di Gesù si è manifestato: il dolore, l’abbandono, lo scarto, soprattutto in questa cultura dello scarto che viviamo oggi. Quando serviamo chi soffre consoliamo e rallegriamo il Cuore di Cristo”.
“Il Cuore squarciato di Dio – ha sottolineato il Pontefice - è eloquente. Parla senza parole, perché è misericordia allo stato puro, amore che viene ferito e dona la vita. È Dio con vicinanza, compassione e tenerezza. Chiediamo la grazia di appassionarci all’uomo che soffre, di appassionarci al servizio, perché la Chiesa, prima di avere parole da dire, custodisca un cuore che pulsa d’amore”.
L’ultima parola che il Papa propone è conforto che “indica una forza che non viene da noi, ma da chi sta con noi. Gesù ci dà questa forza, il suo Cuore dà coraggio nelle avversità. Tante incertezze ci spaventano: in questo tempo di pandemia ci siamo scoperti più piccoli e fragili. Nonostante tanti meravigliosi progressi, lo si vede anche in campo medico: quante malattie rare e ignote, quanta fatica a stare dietro alle patologie, alle strutture di cura, a una sanità che sia davvero come dev’essere, per tutti. Potremmo scoraggiarci. Per questo abbiamo bisogno di conforto. Il Cuore di Gesù batte per noi ritmando sempre quelle parole: Coraggio, non avere paura!”.
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