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Un servizio di EWTN News

L’Estasi di Santa Teresa di Gian Lorenzo Bernini

E’ una più belle chiese di Roma. Ci troviamo in pieno centro storico, a pochi passi da piazza della Repubblica e dalla Stazione Termini.

E’ Santa Maria della Vittoria, perla del Barocco romano. Qui è custodita - nell’ultima cappella che sorge nella navata sinistra all’altare - una delle più importanti sculture di Gian Lorenzo Bernini, artista simbolo del Barocco romano: è la Transverberazione di Santa Teresa d'Avila, o più comunemente detta L’Estasi di Santa Teresa.           

Il gruppo scultoreo - realizzato tra il 1647 e il 1652 - rappresenta la santa spagnola e un angelo. Venne commissionato dal cardinale veneziano Federico Cornaro. L’alto prelato pensava al monumento come parte integrante della cappella funeraria destinata alla sua famiglia.  

Il cardinale, devoto della santa spagnola, aveva il desiderio di “mettere in scena” uno dei passaggi dell’Autobiografia - scritta tra il 1562 e il 1565 - di Santa Teresa.  Questa, la descrizione dell’estasi: “Vedevo un angelo vicino a me, a sinistra, in sembianze carnali, come non ne avevo mai visti tranne che nelle mie visioni. [...] Non era alto, era piccolo, e molto bello, aveva il volto così illuminato che mi sembrava uno degli angeli delle schiere più alte, quelli che sembrano bruciare. [...] Gli vedevo in mano un lungo dardo dorato, e alla fine del ferro mi sembrava ci fosse un po’ di fuoco. Mi sembrava che col dardo mi trafiggesse il cuore alcune volte, e che mi arrivasse fino alle viscere. Quando toglieva il dardo, mi sembrava quasi che se le portasse via con sé, e che mi lasciasse tutta bruciare di un grande amore per Dio”. 

Bernini si attiene a questo testo, in maniera fedele. L’ angelo è di una bellezza sconvolgente e  la santa è colta in tutta la sua sofferenza-piacere nell’essere trafitta dal dardo dell’Amore di Dio. Nelle sue pagine autobiografiche troviamo scritto: “Non era un dolore fisico, ma spirituale, anche se in qualche misura lo stesso corpo ne era partecipe, anzi lo era davvero molto. Era una carezza così dolce tra l’anima e Dio”. Bernini sembra dare forma e corpo ad ogni singolo particolare del racconto della santa. Ciò che colpisce di più lo spettatore è il volto della mistica: è contratto, in una smorfia di dolore, con la bocca aperta che geme ma che - al contempo - sembra quasi compiacersi della ferita d’Amore inferta. 

Le pieghe delle vesti della santa sono funzionali alla scena:infatti, il noto scultore utilizza il panneggio della veste di Santa Teresa come “amplificatore” dei suoi sentimenti più remoti, divenendo così una  proiezione esterna dell’animo della santa. Ad ogni piega sembra corrispondere un’emozione: non è solo il viso a vivere l’estasi, bensì tutte le vesti partecipano a questo prodigioso evento.            

Bernini, grande scenografo barocco, aveva addirittura ricreato in scultura delle fiamme che un tempo si scagliavano dalla freccia dell’angelo. Oggi, queste frecce non ci sono più. Rimane solo il dardo dorato e splendente. Ma l’attenzione dello spettatore è anche catalizzata dai due palchetti che si affacciano  a destra e a sinistra del magnifico gruppo scultoreo. Sono veri e propri palchi di teatro, “abitati” da spettatori che assistono a questa messa in scena dell’estasi.   

Sono i familiari del cardinal Cornaro ad essere raffigurati. Il tutto è racchiuso da un arco scenico che rappresenta - con stucchi e affreschi - la gloria dello Spirito Santo. 

Il gruppo scultoreo è stato fonte d'ispirazione per molti critici d’arte, teologi e  scrittori come Bataille, il marchese De Sade, Veuillot e addirittura per musicisti. Sarà Pietro Mascagni, infatti, a creare nel 1923 una composizione per orchestra dal titolo Contemplando la Santa Teresa del Bernini. 

Attualmente è in corso il restauro degli stucchi di questa meravigliosa cappella che rimane una delle più belle testimonianze del Barocco romano. Da oggi, finalmente, Santa Maria della Vittoria è riaperta al culto, in occasione della festa della santa spagnola. I fedeli e i turisti potranno così ammirare, nuovamente, uno dei capolavori indiscussi di Gian Lorenzo Bernini, l’artista che Papa Urbano VIII definì “huomo raro, ingegno sublime, e nato per disposizione divina, e per gloria di Roma a portar luce al secolo”. 

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