Vicenza, 27 August, 2021 / 4:00 PM
Una porta automatica si apre al nostro passaggio: entriamo in una esplosione di colori e di forme, con quello che oggi si definisce multimedialità immersiva, ossia immagini proiettate tutt’intorno al visitatore, che così si sente appunto immerso nel mondo che sta visitando.
Qui, a Palazzo Leoni Montanari- Gallerie d’Italia di Vicenza , il mondo in cui immergersi è quello delle icone. Dettagli dei volti ieratici e contemplativi di Maria, di Gesù, degli apostoli, dei santi, ci vengono incontro, ci invitano a scrutare, attraverso i loro sguardi, gli infiniti orizzonti della vita ultraterrena. I canti delle sacre liturgie ortodosse , in un filmato girato da Nikita Tichonov in una delle chiese dedicate alla Madre di Dio nei pressi di Mosca, segnano un percorso sonoro attraverso il quale percorrere le strade di questo paesaggio spirituale.
Usciti da questa immersione si avvicendano le sale in cui sono raccolte le icone secondo criteri non solo cronologici ma anche tematici e materici, potremmo dire, in dialogo con opere contemporanee. Sono le novità proposte dall’allestimento totalmente rinnovato della importante raccolta (la più importante in Occidente) di icone russe di Intesa Sanpaolo, conservate appunto alle Gallerie d’Italia nella magnifica sede di Palazzo Leoni Montanari (un gioiello anch’esso, con una affascinante storia da raccontare), grazie al progetto curato da Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, direttori del Centro studi sulle Arti della Russia (CSAR) dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. E in questa nuova collocazione, con sale rinnovate e tecnologia avanzata, sono presenti 70 straordinarie opere, mentre le altre icone dalla nutrita collezione – 462 opere in tutto - sono custodite in un caveau, a disposizione di studiosi e cultori.
Coprendo un arco cronologico molto ampio, dal XIII al XIX secolo, la collezione documenta le fasi e le trasformazioni della pittura russa di icone tra il Medioevo e l’età moderna, attraverso le sue numerose scuole e centri artistici. Scorrono davanti agli occhi i nomi illustri delle scuole di Mosca, Novgorod, Vladimir, Tver’ e Pskov, insieme alle opere provenienti dalle lontane contrade del cuore della Russia e quelle ancora più remote delle terre a Nord, dalle botteghe situate lungo le vie commerciali delle regioni attraversate dal fiume Volga. E dietro le immagini della devozione e della preghiera sembra di percepire anche il brusio di quelle botteghe, di quelle città e campagne, le vita dei monasteri e dei pellegrini, dei carri e delle barche lente nel maestoso scorrere del Volga. Il respiro, il canto, il dolore e la festa di un intero popolo che diventa il popolo della fede di ogni luogo e di ogni tempo.
Caratteristica principale della raccolta di Intesa Sanpaolo è l’ampio spazio dedicato alle opere realizzate nei secoli XVIII e XIX, il periodo successivo alle riforme dello zar Pietro il Grande (1672-1725), testimonianza di una grande varietà di stili e di una produzione artistica sempre molto ricca.
L’arte delle icone rimanda direttamente al mondo dei monasteri russi, essendo praticata soprattutto da monaci iconografi, che lavorano all’interno dei laboratori dei cenobi. La loro espressione artistica è destinata a rimanere anonima, senza firma, poiché offerta umilmente e in silenzio come oblazione a Dio e come dono di carità e amore fraterno. Eccezione illustre è sicuramente Andrej Rublev, considerato il maestro assoluto di questa unica forma artistica. La sua Trinità è una delle opere più studiate, riprodotte, venerate. Guidato spiritualmente dalla divina ispirazione, il monaco che pratica l’arte della pittura sacra “scrive” il proprio messaggio visivo di fede onorando la memoria della tradizione e proiettando idealmente l’opera verso il futuro, verso il passaggio escatologico che ogni uomo dovrà percorrere. Oggi, per fortuna, non si è perduta la tradizione e la passione; fioriscono nuovi laboratori e nuove scuole, corsi e lezioni, anche in Occidente. Pensiamo, ad esempio, al grande lavoro di divulgazione e sostegno dato dall’associazione Russia Cristiana. Ed è sempre vivo l’influsso di questa pittura nell’arte contemporanea. Ne è esempio l’opera di Valery Koshlykov, considerato uno dei più significativi artisti russi di oggi e di cui a Palazzo Leoni ospita alcune opere che rimandano a concetti e immagini dell’ikonos.
Nel book shop delle Gallerie di Vicenza ci sono molti libri dedicati alle icone. In particolare si segnala la nuova edizione di un vero classico in questo campo, e non solo: Le porte regali di Pavel Florenskij, nella nuova edizione di Adelphi. Meriterebbe uno spazio a parte la rievocazione, anche sintetica, della figura immutabilmente fascinosa di Florenskij, mistico, filosofo, matematico e teologo, vissuto nei primi decenni del Novecento e tragicamente scomparso dopo anni di detenzione nei gulag sovietici, nelle famigerate isole Solovki, e infine fucilato l’8 dicembre del 1937. Nelle pagine di questo saggio si svela la metafisica delle immagini e della luce incarnata dalle icone. In parallelo l’autore procede con le sue analisi storiche profonde e ricche di conoscenze, che dall’indagine originale della pittura fiamminga alle tecniche della preparazione dei colori, dalle forme dei panneggi al significato dell’oro e al nesso fra le icone e la liturgia della Chiesa orientale. Una guida incomparabile per tentare di varcare le «porte regali» dell’iconostasi, la parete che delimita lo spazio più sacro e intangibile, “confine tra mondo visibile e mondo invisibile”, luogo dove si manifesta una pittura sublime, in cui le cose sono “come prodotte dalla luce”. Il luogo dove l’invisibile si fa visibile e possiamo intravvedere un lembo di cielo.
Pavel Florenskij, Le porte regali, Adelphi editore, pp.210, euro 15
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