Lecce, 12 August, 2021 / 4:00 PM
La nobiltà, quella vera, è fatta di carità, solidarismo e di una ricerca innamorata di Dio. Non si vive più per se stessi, ma per qualcosa di più grande che altro non è che l'Altissimo.
San Francesco di Assisi, Sant'Ignazio di Loyola, San Camillo de Lellis hanno lasciato il proprio tutto per abbracciare l'Infinito in un gesto di altruismo e bontà. La stessa decisione l'ha presa anche il venerabile Giuseppe Ghezzi.
Nato il 19 agosto 1872, a Lecce, dalla nobile stirpe dei Duchi di Carpignano. La sua è una famiglia molto importante ed annovera anche due zii missionari gesuiti.
Entra come alunno esterno al prestigioso collegio Argento, retto dai Padri Gesuiti della sua città.
Prestissimo si ammala ed è costretto ad interrompere gli studi. Una novena alla Madonna di Pompei lo riporta in salute.
Chi conosce il ragazzo lo sa sensibilissimo, buono e dedito a moltissime attività caritatevoli in parrocchia.
Insegna il catechismo e soccorre le necessità dei fratelli nel bisogno, facendo parte della conferenza di San Vincenzo.
Animo squisito, studia legge e pittura lavorando nel tempo libero anche alla costruzione di alcuni presepi. Quasi trentenne chiede di essere ammesso tra i Frati Francescano Minori, ma la sua richiesta non viene accettata, in quanto, all'inizio, è giudicato troppo grande di età.
Il Vescovo lo vorrebbe fra il clero diocesano, ma Giuseppe sente che non è chiamato alla vita sacerdotale, ma a quella religiosa.
Il 2 agosto 1906 è ammesso all'Ordine Francescano in qualità di fratello laico. Gli viene assegnata la cella situata davanti a quella di Sant'Egidio Maria da Taranto, suo modello.
L'iter formativo lo porta nella comunità di Galatone, nella quale termina il noviziato. Manduria, Martano, Francavilla Fontana, Soleto: queste sono solo alcune delle comunità abitate dal religioso.In queste è un semplice fratello laico. Conosciuta la sua storia e la sua provenienza è soprannominato il Conte con la bisaccia, edificando tutti con l'eroismo della sua solidarietà.
Non si contano i gesti di bontà con cui fra Giuseppe si dedica alle necessità degli altri.
In cucina ed in comunità con i confratelli è umilissimo non ostentando mai l'ottima preparazione teologica o i suoi natali.
Vissuto a cavallo di due Guerre mondiali, e seguendo l'ascetica del tempo, non esista ad offrirsi vittima al Signore per risparmiare i tanti dolori che vede.
Di salute cagionevole sopporta molte infermità, con l'abituale calma e serenità che, sempre, contraddistingue la sua vita.
Silenzioso ed orante passa per le strade della sua regione, diffondendo l'amore di Dio tra i fratelli.
Dal 1948 la frattura del femore gli rende impossibile di muoversi ma la sua cella è costantemente visitata dai molti che ricordano quell'apostolato silente e prezioso, compiuto per gli altri.
Il 9 aprile 1955 sale al cielo da quella celletta che aveva ascoltato l'incessante del preghiera di un autentico nobile e religioso di nome fra Giuseppe.
Il 18 dicembre 2000 Giovanni Paolo II lo elegge al titolo di venerabile per le moltissime virtù vissute in vita.
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