Kiev, 11 June, 2021 / 10:00 AM
È un appello per la prevenzione della violenza domestica, che colpisce soprattutto donne e bambini, e come tale è un appello indirizzato anche direttamente al governo. Ma il messaggio trasversale riguarda l’ideologia di genere, promossa anche in un documento dagli obiettivi condivisibili come quello di prevenire la violenza delle donne: la Convenzione di Istanbul. I vescovi greco-cattolici ucraini prendono così una posizione, lanciando il grido di allarme nella società.
Prima di tutto, serve fare un passo indietro. La Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica è stata firmata ad Istanbul l’11 maggio 2011. Ha lo scopo – si legge nell’articolo 1 - “proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica”.
Il problema, però, è nel preambolo, nell’articolo 3 e nell’articolo 12, dove vengono introdotti concetti come “uguaglianza di genere de iure e de facto”; e dove si definisce il genere “ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti”
Ratificata finora da 34 Stati, la convenzione ha suscitato enormi dibattiti, e un po’ ovunque la Chiesa si è mobiliata per fare sì che lo Stato non ratificasse la convenzione, cui resterà giuridicamente vincolato. La Turchia ha prima ratificato e poi annullato la Convenzione. In Ucraina, la Convenzione è stata presa in esame ma non ratificata.
Nel suo appello contro la violenza domestica, il Sinodo Greco Cattolico Ucraino sottolinea che “oggi la violenza domestica sta diventando un argomento di coloro che creano numerose nuove ideologie per combattere e distruggere l’istituzione della famiglia come cellula essenziale della società”. Questo viene fatto “rimarcando idee sbagliate sulla disuguaglianza tra uomini e donne nelle cosiddette culture patriarcali”, in modo da descrivere i valori della famiglia come “pericolosi per la vita e la salute dell’essere umano”. Per questo – scrivono i vescovi - “la Chiesa avverte oggi il dovere pastorale di proteggere e sostenere la famiglia come comunità stabilita da Dio e basata sull’amore reciproco e sulla fedeltà tra uomo e donna, aperti alla generazione della prole e alla sua educazione”.
Queste frasi hanno il loro peso, e vanno contestualizzate all’interno di un documento più ampio, in cui il Sinodo vuole anche mettere in luce i valori della famiglia tradizionale, oltre a chiedere al governo di prendersi la responsabilità di promuovere una vera prevenzione contro la violenza domestica.
“Secondo il Creatore – si legge nell’appello- la famiglia è una comunità dell’amore tra un uomo e una donna, coronata con i figli. Il Signore, come Padre amorevole, desidera che ogni essere umano venga al mondo in seno alla sua famiglia, dove egli è atteso e amato”.
I vescovi sottolineano che “la famiglia cristiana, guidata e protetta dalla grazia dello Spirito Santo, è chiamata ad essere la prima, e la più importante, scuola di amore per Dio e per il prossimo, in cui vengono rispettati gli anziani e la vita è vissuta come dono di Dio, dal concepimento fino alla morte naturale”.
I vescovi notano l’aumento dei casi di violenza domestica nell’anno della pandemia, indirizzati soprattutto contro donne e bambini, ma che non risparmia anche uomini, mettendo in luce con le restrizioni anti-COVID “le ferite più profonde della famiglia moderna”, ma anche “l’importanza della famiglia come Chiesa domestica i cui membri condividono la propria fede, pregano insieme davanti a Dio, partecipano al culto anche online e conducono una vita cristiana”.
I vescovi sentono quella della violenza domestica come “una delle grandi sfide degli operatori pastorali”, e sottolineano che oltre alla Chiesa se ne deve occupare anche lo Stato, chiamato a “creare condizioni appropriate e dignitose in cui le famiglie si sentano libere di provvedere ai propri bisogni e interessi e possano contare con fiducia sulle proprie forze e sulla benedizione di Dio nella loro vita”.
L’appello del Sinodo è dunque che “l’intero sistema del potere statale ucraino torni alla famiglia”. Sottolineano che “per combattere con successo la violenza domestica, è importante approfondire la cooperazione, in questo settore, con i settori non governativi e governativi, quindi proponiamo di intensificare il coinvolgimento della comunità religiosa nel processo di garanzia dei diritti dei bambini e delle famiglie, combattendo questo flagello contro le donne e gli uomini e, in particolare, contro i figli e contro altri membri della famiglia, al fine di rafforzare i fondamenti morali della società e il bene comune della nostra cara Patria”.
Infine, i vescovi chiedono alle autorità dello Stato di ristabilire l’organismo centrale responsabile della “formazione della politica familiare in Ucraina”, che potrebbe diventare “un buon partner delle Chiese e delle organizzazioni religiose a servizio delle famiglie”.
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