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Un servizio di EWTN News

Rosario Livatino, "il compagno di classe che auguro di incontrare ai giovani di oggi"

L’umanità, l’amicizia e la gioia di vita di Rosario Livatino – il magistrato siciliano ucciso dalla mafia nel 1990 – passa anche attraverso i banchi di scuola, in relazione con i compagni di classe e i docenti. Una testimonianza importante che abbiamo raccolto in dialogo con il professor Giuseppe Palilla, presidente dell’associazione “Amici del giudice Rosario Livatino” e compagno di liceo del magistrato siciliano.

Chiedendogli di rientrare per un momento nella sua vecchia classe, Palilla ci regala l’immagine, cara e indelebile, di un giovane Livatino attento e gioviale, disposto a condividere con gli altri compagni di classe le competenze culturali e lo studio, rispettoso nei confronti dei docenti, con una passione per i fumetti e i film western. In questa breve sequenza di ricordi, il ritratto del “Giudice ragazzino” mantiene inalterata la coerente corrispondenza tra ciò che diceva e ciò che viveva, e quello che è diventato l’adagio più significativo della sua vita spirituale rimane un punto fermo – lapidario e profetico – per l’esistenza di ogni credente: «Quando moriremo – diceva, infatti, il beato Livatino –, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili».

Quale il ricordo più nitido dell’amicizia con Rosario Livatino, compagno di classe al liceo?

I ricordi sono davvero tanti. In classe, spesso, Rosario rinunciava alla ricreazione per spiegarci Dante o Manzoni. In preparazione agli esami di maturità andavamo a casa di mia nonna e ci mettevamo sul balcone a studiare, mentre dalle altre abitazioni vicine sentivamo provenire il suono della radio che accompagnava il lavoro delle massaie. Ma quando Rosario iniziava a spiegarci l’Italiano, la Filosofia o la Fisica, improvvisamente le radio venivano spente! Rosario aveva rispetto per tutti, non ricordo mai di avergli sentito dire una sola parolaccia, anzi ci rimproverava quando qualcuno di noi usava un linguaggio inappropriato. Terminati gli anni del liceo, almeno una volta l’anno, ci incontravamo con tutti i compagni di classe, e insieme a Rosario andavamo a pranzo o a cena per ricordare i momenti lieti vissuti al liceo e per rafforzare la nostra amicizia. Una volta lo incontrai in Tribunale, era in compagnia di altri magistrati e avvocati, e io, con un po’ di imbarazzo, lo salutai: “Buon giorno signor Giudice”. Rosario mi si avvicinò dicendomi affettuosamente: “Ricordati che io sono sempre Rosario”! 

Vi sarà capitato di andarlo a trovare a casa per studiare insieme?

Sì, è capitato, anche se di solito era Rosario che preferiva venire a casa nostra. La sua disponibilità a sostenere il nostro studio s’intensificò in preparazione agli esami di maturità. Dopo la sua barbara uccisione, entrando nella sua stanza ho potuto constatare che tutto è rimasto intatto. Ancora oggi è possibile osservare il Vangelo posato sulla sua scrivania; ricordo anche la risposta che la mamma di Rosario diede a chi le domandava se avrebbe perdonato gli uccisori del figlio: per quel Vangelo – disse – perdonerei! Nella stanza di Rosario non mancava la foto di Paolo VI a cui Rosario era molto devoto. Rosario era una persona gioviale e accogliente, amava tantissimo leggere i giornaletti di “Tex Willer” (un fumetto molto noto ai nostri tempi) ed era appassionato di film “western”. L’emozione più grande l’ho vissuta guardando la toga di Rosario ancora appesa nell’armadio della sua camera. Ricordo ancora il drammatico 21 settembre del 1990, un collega mi disse che nella strada statale 640 Caltanissetta-Agrigento c’era stato un gravissimo incidente; rientrando a casa appresi la notizia dell’uccisione di Rosario, e il dolore fu davvero grande.

Qual era il rapporto di Livatino con i docenti del liceo

Rosario aveva un grande rispetto per tutti i docenti, e i docenti stessi stimavano la sua persona. Rosario – ci tengo a precisarlo – non era il classico “secchione” della classe, egli amava solo fare le cose per bene; amava approfondire gli argomenti di studio affrontati in classe; a quei tempi non avevamo internet, eppure lui era sempre molto preparato. Quando il professore di Filosofia ci spiegò in classe Kant, Rosario chiese se non fosse stato meglio iniziare prima a studiare Kierkegaard. Una osservazione che lasciò di sasso noi e il docente stesso! Alla domanda del professore di Religione su cosa fosse la Bibbia, Rosario rispose con queste parole: “La Bibbia è uno scrigno, un tesoro pieno di valori”. Era lo stesso docente di Religione sacerdote che chiese una raccomandazione a Rosario (già magistrato) e lui – con la cordialità che lo contraddistingueva – rispose: “Ma lei, Padre, quando confessa accetta raccomandazioni?”. A proposito dell’acronimo S.T.D. («Sub Tutela Dei», Sotto lo sguardo di Dio) che Rosario scriveva nel frontespizio delle sue agendine, andando a casa sua ho constatato che in alcuni quaderni del liceo era presente questa sigla, ciò vuol dire che Rosario utilizzava questa espressione, a lui molto cara, già negli anni di scuola.

Le associazioni "Amici del Giudice Rosario Angelo Livatino" e "Tecnopolis" hanno assunto un ruolo fondamentale per l’avvio della causa di beatificazione del giovane Magistrato. Qual è stato secondo lei il momento più difficile?

Diciamo che in alcune circostanze un po’ più faticose ci siamo sempre affidati alla santa Provvidenza. Stranamente, nella raccolta delle varie testimonianze sulla vita e le virtù di Rosario non siamo riusciti a trovare qualcuno che remasse contro il buon esito della fase diocesana del processo di beatificazione! Paradossalmente è stato difficile trovare qualcuno che parlasse male di Rosario, persino gli imputati interrogati da Rosario in qualità di Giudice rimanevano sorpresi dal modo in cui venivano trattati, anche col semplice gesto di stringere loro la mano all’inizio o al termine di un interrogatorio. Umanità che palesò anche davanti la salma di un malavitoso, redarguendo l’agente presente per una esternazione infelice pronunciata ad alta voce disse: “Di fronte alla morte chi crede prega, chi non crede tace!”.

Quale il messaggio di Rosario di Livatino agli studenti del nostro tempo?

Certamente l’amicizia e la coerenza evangelica e civile. Rosario è stato un modello per tutti noi, e lo è tuttora. Sant’Ignazio d’Antiochia diceva: «Si educa bene con quel che si dice, si educa meglio con quel che si fa, si educa ancor meglio con quel che si è». Rosario è stato tutto questo. Per noi che abbiamo avuto il privilegio di conoscerlo è stato il miglior compagno di classe che potessimo desiderare, l’amico disponibile e sincero a cui abbiamo voluto e vogliamo bene. Rosario Livatino è il compagno di classe che auguro di incontrare a tutti i giovani di oggi. 

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