Roma, 28 September, 2020 / 2:00 PM
Una “Chiesa dal volto gentile”, come gli è stato suggerito, che possa contribuire a superare “le divisioni tra le persone, gli individualismi, gli odi sociali. Per rilanciare un rinnovamento all’amicizia tra le persone”. Il Cardinale Angelo de Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, incontra i presbiteri per delineare il cammino dell’anno, il primo dopo crisi pandemia e nella pandemia. E annuncia: dalla prima domenica di Avvento la diocesi di Roma comincerà ad usare la nuova traduzione del Messale in italiano.
C’era già stato, il 26 settembre, un incontro con gli operatori pastorali, e già in quel caso aveva parlato della necessità di un “amore di amicizia”. Ora, il cardinale de Donatis reitera l’obiettivo pastorale, guardando ad una Chiesa del dopo pandemia che deve un po’ rifarsi all’esperienza di Nazareth, anzi “al mistero di Nazareth”.
“Quel paesino – afferma il Cardinale de Donatis - era una realtà geografica umana di periferia e in questa realtà per 30 anni Gesù non ha fatto miracoli, guarigioni, predicazioni e possiamo ricavare impressione di spreco di tempo e di energie, insieme all’imprevedibilità del disegno di Dio”.
E allo stesso modo, aggiunge, “parte della pastorale ordinaria del cammino di questi anni può sembrarci uno spreco di tempo, di azioni, ma in realtà proprio quel che Gesù ha vissuto a Nazareth illumina quello che siamo chiamati a vivere in questo periodi”.
Parlando ai presbiteri, il Cardinale de Donatis ricorda i quattro verbi che faranno da guida all’anno pastorale – respirare, uscire, incontrare, abbracciare – che descrivono tutti la Chiesa nel giorno di Pasqua, e sottolinea che la vera questione è “l’evangelizzazione degli adulti e dei giovani”. Una evangelizzazione che deve partire proprio dall’incontro con Gesù, perché è da lì che “nasce la gioia di evangelizzare. È dal primato della grazia, dal respiro di Dio che nasce la missione”.
Il cardinale tratteggia gli obiettivi degli anni pastorali passati: dall’analisi sincera delle malattie vissute (le peggiori: autoreferenzialità, pessimismo, sterile, guerra tra di noi) alla memoria di come Dio ha guidato la storia delle comunità cristiane a Roma; dalla necessità di chiedere perdono a quella di scendere in mezzo al popolo e ascoltarne il grido; fino ad avere i sentimenti di Cristo”.
Dopo la pandemia, sottolinea il Cardinale de Donatis, dobbiamo comprendere che “nulla è come prima, è cambiato il mondo. Ci sentiamo delusi. Alcuni degli abituali non sono tornati, ma ne abbiamo accolti di nuovi”.
Il Cardinale propone di intensificare la pastorale “a tu per tu”. “Quello che c’è da fare – dice - è incontrare famiglie e ragazzi nei loro ambienti di vita, andare a visitare anziani e malati, farsi vicini a chi versa in stato di povertà economica. Non dobbiamo aver timore che questo tempo ci appaia insignificante, forse dovremmo tenere un po’ più presente Nazareth e il suo mistero”.
Il compito è dunque quello di “far diventare normale l’amore e non l’odio e per rendere normale l’amore occorre riconoscere Gesù Cristo presente, fargli posto”. Il cardinale si raccomanda “lo stile: non significherà il quanto, ma il come”.
E lo stile è l’amore di amicizia, che ha “ben altra logica di chi cerca di imporre la propria ideologia o l’interesse della propria parte e non sempre siamo consapevoli della nostra tendenza di essere superiori e comportarci di conseguenza. Il cambiamento di epoca che stiamo vivendo ci porta in una situazione di essere lievito".
E così , conclude, “cercheremo di sostenerci coltivando le relazioni nuove e la passione di annuncio del Vangelo e la passione educativa e vorremmo vivere quella rivoluzione della tenerezza e mistica della fraternità di cui tanto ci ha parlato il nostro vescovo. Puntiamo molto sulle famiglie, che hanno rivelato da una parte la loro fragilità, ma in altri casi hanno rivelato la loro forza, la loro capacità di farsi prossimi agli altri e di testimoniare il Vangelo”.
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