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Venezia, riapre l’iter per la beatificazione dell’abate armeno Mechitar

Il Patriarca Moraglia nella chiesa di San Martino con membri della Congregazione Mechitarista per la riapertura della causa di beatificazione di Mechitar

Era arrivato a Venezia con dei compagni 303 anni fa, in fuga dalle conquiste ottomane sull’Armenia. Ed a Venezia Mechitar di Sabaste fondò una congregazione, quella dei mechitaristi, e ottenne dalla Serenissima in concessione una isola, quella di San Lazzaro, dove tuttora c’è una foltissima comunità armena. L’8 settembre, la sua causa di beatificazione è stata riaperta, alla presenza del Patriarca Francesco Moraglia.

Riaperta, e non perché sia venuta meno la fama di santità dell’abate Mechitar. Ma, certo, quando la causa fu aperta per la prima volta nel 1844, non ci si sarebbero aspettate due guerre mondiali, una epidemia come l’influenza spagnola e varie vicissitudini che hanno di fatto congelato l’iter. Fino a ieri.

Presiedendo la celebrazione, il patriarca Moraglia ha ricordato la storia e la vita dell’abate Mechitar, nato come Manuk il 7 febbraio 1676 a Sebaste, nell’Anatolia Centrale. La celebrazione si è tenuta nella chiesa di San Martino, perché proprio a fianco alla chiesa Mechitar e i suoi confratelli si sistemarono inizialmente quando per la prim volta arrivarono a Venezia nel 1715. E fu nel 1717 che presero poi possesso di San Lazzaro, con la congregazione mechitarita che era già stata fondata nel 1700 a Costantinopoli, compiendo – ha detto il Patriarca Moraglia – “una sintesi originale tra la Regola di San Benedetto, l’antichissima tradizione monastica, liturgica e spirituale della Chiesa armena e alcuni elementi dei moderni istituti di perfezione della Chiesa latina di costituzione post-tridentina”.

Moraglia sottolinea che il ritardo nella causa di beatificazione “non solo non ha offuscato, ma ha quasi reso più brillante e attuale la fama di santità di Mechitar”, considerato come “una sorta di “secondo illuminatore” della nazione alla stregua di Gregorio, che nel IV secolo convertì il re Trdat e tutto il popolo.

Il Patriarca Moraglia ricorda che il carisma di Mechitar include l’insegnamento del Vangelo e dell’amore per Gesù Cristo e la Vergine Maria, l’attività pastorale, con un occhio particolare al popolo armeno, la promozione umana attraverso l’educazione, nonché l’ecumenismo e il dialogo tra le Chiese, perché – spiega il Patriarca – “l’Abate ebbe sempre a cuore l’unità della Chiesa in termini che possiamo veramente ritenere precorritori dello spirito ecumenico” che si è sviluppato dopo il Concilio Vaticano II.

Di Mechitar, il Patriarca Moraglia vuole sottolineare la devozione particolare per la Vergine Maria, che vide in estasi nel 1692, mentre pregava nell’eremo dell’isola di Sevan, e a cui si affiderà totalmente.

Dice il Patriarca Moraglia: “Veramente a Mechitar sembrano particolarmente adattarsi le parole meliora sequentur. Basti pensare a quando il Servo di Dio dovette abbandonare Modone dove si era rifugiato e dove, dopo anni di sacrifici, ottenuta nel 1711 dal Papa l’approvazione delle Costituzioni della giovane Congregazione, nel 1714 aveva appena finito di edificare il suo monastero. La conquista ottomana di quei possedimenti, fino ad allora dominio della Serenissima, lo mise in breve nella necessità di portarsi a Venezia in un nuovo esilio che, vissuto in totale spirito di remissione alla volontà di Dio, gli aprì orizzonti e prospettive che nella città lagunare non ebbero confronti con quelle che avrebbe trovato nell’angusto e defilato piccolo porto della Morea al quale era, in un primo tempo, approdato”.

Mechitar assunse da religioso questo nome, che significa consolatore. Ordinato sacerdote nel 1696, all’età di venti anni, fu ispirato dall’idea di creare un ordine dedicato alla pratica spirituale e alla ricostituzione spirituale del popolo armeno, e per questo diede vita alla Congregazione Mechitarista.

Nel 1715 costruì il monastero di San Lazzaro degli Armeni, in un’isola della laguna di Venezia. È ancora oggi considerato il pioniere della rinascita della letteratura armena in lingua classica, in particolare per aver composto un’edizione della Bibbia nel 1735, ed aver compilato un Dizionario di armeno nel 1749. Si spense il 27 aprile 1749 nel convento dell’isola di San Lazzaro degli Armeni.

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