Città del Vaticano , 24 March, 2020 / 12:30 AM
Gratitudine, coraggio, fatica e lode: sono queste, per Papa Francesco, le parole delle vocazioni. Le definisce nel consueto messaggio che invia in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. La giornata si tiene ogni anno nella IV domenica di Pasqua, che quest’anno cade il 3 maggio.
Papa Francesco usa come immagine chiave il Vangelo di Matteo, e in particolare l’episodio della traversata nel lago di Tiberiade e della tempesta, avvenuta proprio dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Ed è una traversata, dice Papa Francesco, che “evoca in qualche modo il viaggio della nostra esistenza”, dato che “la barca della nostra vita avanza lentamente, sempre inquieta perché alla ricerca di un approdo felice, pronta ad affrontare i rischi e le opportunità del mare, ma anche desiderosa di ricevere dal timoniere una virata che conduca finalmente verso la giusta rotta”.
Succede, però – nota Papa Francesco – che “ci si può smarrire”, e succede anche ai discepoli che “abbandonano le loro sicurezze e si mettono alla sequela del Signore”, una avventura “non pacificata”, perché “arriva la notte, soffia il vento contrario, la barca è sballottata dalle onde, e la paura di non farcela e di non essere all’altezza della chiamata” rischia di sovrastare gli apostoli.
Papa Francesco però sottolinea che “non siamo soli”, e infatti Gesù “quasi forzando l’aurora nel cuore della notte” raggiunge i discepoli camminando sulle acque, invita Pietro ad andargli incontro e “lo salva quando lo vede affondare”, fino a “salire sulla barca e far cessare il vento”. Da questo episodio, Papa Francesco fa derivare le parole delle vocazioni.
La prima è “gratitudine”, perché “navigare verso la rotta giusta non è un compito affidato solo ai nostri sforzi, né dipende solo dai percorsi che scegliamo di fare”, e i nostri progetti di vita non sono il risultato di “ciò che decidiamo dentro un io isolato”, ma sono “prima di tutto la risposta a una chiamata che viene dall’Alto”, perché “è il signore che ci indica la riva”. “Ogni vocazione – chiosa Papa Francesco - nasce da quello sguardo amorevole con cui il Signore ci è venuto incontro, magari proprio mentre la nostra barca era in preda alla tempesta”.
La seconda parola è “coraggio”, il coraggio che Gesù infonde agli apostoli impauriti di vederlo camminare sulle acque, tanto che pensano che sia un fantasma. Dice Papa Francesco: “Ciò che spesso ci impedisce di camminare, di crescere, di scegliere la strada che il Signore traccia per noi sono i fantasmi che si agitano nel nostro cuore”.
È la tentazione del “fantasma dell’incredulità”, che arriva quando “siamo chiamati a lasciare la nostra riva sicura e abbracciare uno stato di vita – come il matrimonio, il sacerdozio ordinato, la vita consacrata”.
Sono calcoli che “ci confondono e ci fanno restare paralizzati sulla riva di partenza”, ma il Signore sa che ci vuole coraggio, conosce “i dubbi e le difficoltà che agitano la barca del nostro cuore”, e perciò “ci rassicura”, e questa rassicurazione ci libera dall’accidia, vale a dire dallo “scoraggiamento interiore che ci blocca e non ci permette di gustare la bellezza della vocazione”.
La terza parola è “fatica”, perché “ogni vocazione comporta un impegno”, come è quello di Pietro nel camminare sulle acque, che ha slancio, ma poi si fa assalire da debolezze e timori. E quindi, dice Papa Francesco, “se ci lasciamo travolgere dal pensiero delle responsabilità che ci attendono – nella vita matrimoniale o nel ministero sacerdotale – o delle avversità che si presenteranno, allora distoglieremo presto lo sguardo da Gesù e, come Pietro, rischieremo di affondare”.
Invece, “pur nelle nostre fragilità e povertà, la fede ci permette di camminare incontro al Signore Risorto e di vincere anche le tempeste”.
Anche perché quando Gesù sale sulla barca, le onde si placano, e questo è ciò “che il Signore opera nella nostra vita e nei tumulti della storia”, ordinando ai venti contrari di tacere.
Sono venti contrari, nota Papa Francesco, che “possono sfiancarci”, e questo succede “a coloro che assumono importanti compiti nella società civile, agli sposi che non a caso mi piace definire ‘i coraggiosi”, e specialmente a coloro che abbracciano la vita consacrata e il sacerdozio”.
Papa Francesco rassicura dunque i sacerdoti. “Conosco – dice - la vostra fatica, le solitudini che a volte appesantiscono il cuore, il rischio dell’abitudine che pian piano spegne il fuoco ardente della chiamata, il fardello dell’incertezza e della precarietà dei nostri tempi, la paura del futuro”.
E a loro dice di “non aver paura”, perché “Gesù è accanto a noi e, se lo riconosciamo come unico Signore della nostra vita, Egli ci tende la mano e ci afferra per salvarci. E allora, pur in mezzo alle onde, la nostra vita si apre alla lode”.
E “lode” è la quarta parola delle vocazioni, che il Papa collega all’atteggiamento interiore di Maria.
Papa Francesco chiede, infine, che “la Chiesa percorra questo cammino al servizio delle vocazioni, aprendo brecce nel cuore di ogni fedele, perché ciascuno possa scoprire con gratitudine la chiamata che Dio gli rivolge, trovare il coraggio di dire “sì”, vincere la fatica nella fede in Cristo e, infine, offrire la propria vita come cantico di lode per Dio, per i fratelli e per il mondo intero”.
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