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Un servizio di EWTN News

I Papi, Roma e le epidemie del passato

Tutti abbiamo ancora negli occhi le immagini di Papa Francesco che attraversa a piedi una via del Corso praticamente deserta per entrare a pregare nella chiesa di San Marcello per chiedere la fine della pandemia di coronavirus che sta affliggendo l'Italia e buona parte del pianeta. 

In passato, nei due millenni di storia della Chiesa, i Papi si sono dovuti confrontare con le epidemie, il più delle volte di peste. Tre i casi più noti nella storia: due si sono verificati a Roma e uno ad Avignone. 

Nel corso del lontano 590 Roma era piegata da una violentissima pestilenza, nota come la peste di Giustiniano. Tra le tante vittime vi fu anche Papa Pelagio I. Il suo successore, Gregorio Magno, convocò una processione per chiedere l’intervento divino e la fine della peste. Nel corso della cerimonia apparve sulla cima dell’allora Mole di Adriano, oggi appunto Castel Sant’Angelo, apparve l’Arcangelo Michele nell’atto di rinfoderare la spada, segno della fine della pestilenza. Che, per l’appunto, terminò.

Un secondo episodio riguarda la peste nera che decimò l’Europa tra il 1347 ed il 1353: i morti furono circa 20 milioni. Papa Clemente VI – che regnò dal 1342 al 1352 – si trovava ad Avignone (siamo infatti nel periodo della Cattività Avignonese tra il 1309 e il 1377): nel 1348 pubblicò due bolle in difesa degli ebrei, accusati di essere gli untori dell’epidemia.

Nel 1656 un’altra violenta epidemia di peste scoppiò a Roma. Alessandro VII era Papa da un anno e si spese con tutte le sue forze per arginare il contagio. Chiuse le porte della città, arrivando perfino a chiudere per evitare il diffondersi del morbo la chiesa di Santa Maria in Portico dove i romani accorrevano numerosi perché nel luogo di culto – che all’epoca era situata nei pressi del luogo dove ora sorge il palazzo dell’Anagrafe – era conservato l’immagine di Santa Maria in Portico.

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