Città del Vaticano , 05 February, 2020 / 9:37 AM
Cristo si è mostrato potente perché “ha saputo fare quello che i re della terra non fanno: dare la vita per gli uomini. In questo sta la vera libertà. A servizio di questa libertà sta la povertà elogiata dalle beatitudini”. Lo dice Papa Francesco durante l’udienza generale del mercoledì, nel secondo appuntamento della serie di catechesi dedicata alle Beatitudini.
Papa Francesco si concentra sullo “strano oggetto delle beatitudini” che è quello dei poveri in spirito, perché se si trattasse solo di poveri il significato sarebbe solo “economico”, ma i poveri in spirito sono altra cosa.
Spiega Papa Francesco: “Lo spirito, secondo la Bibbia, è il soffio della vita che Dio ha comunicato ad Adamo; è la nostra dimensione più intima, quella che ci rende persone umane, il nucleo profondo del nostro essere”. E così i poveri in spirito sono quelli “che si sentono poveri, mendicanti nell’intimo del loro essere”.
Il Papa nota che la beatitudine proclamata da Gesù va in controtendenza rispetto a quello che viene detto generalmente, ovvero che bisogno “essere qualcuno” o “farsi un nome”, perché “è da questo che nasce la solitudine e l’infelicità: se io devo essere qualcuno, sono in competizione con gli altri e vivo nella preoccupazione ossessiva per il mio ego. Se non accetto di essere povero, prendo in odio tutto ciò che mi ricorda la mia fragilità”.
Papa Francesco sottolinea che tutti siamo sempre “radicalmente incompleti e vulnerabili”, ma si vive male “se si rifiutano i propri limiti”, come le persone orgogliose che “non chiedono aiuto, non possono chiedere aiuto, non li viene di chiedere aiuto, perché devono dimostrarsi autosufficienti. Quanti hanno bisogno di chiedere aiuto, ma l'orgoglio impedisce loro di chiedere aiuto”. È difficile, aggiunge Papa Francesco, “ammettere un errore e chiedere perdono” e aggiunge che consiglia ai giovani sposi sempre di usare "tre parole magiche" per tenere il matrimonio "permesso, grazie e scusa". E chiedere scusa è sempre più difficile, perché "l'orgoglio non ce la fa, non è povero". Il Signore, invece, chiosa Papa Francesco, “mai si stanca di perdonare”, mentre "noi ci stanchiamo di chiedere perdono. La stanchezza di chiedere perdono è una malattia brutta".
Chiedere perdono – continua Papa Francesco – è difficile perché “umilia la nostra immagine ipocrita”, ma “vivere cercando di occultare le proprie carenze è faticoso e angosciante”, mentre Cristo ci dice che “essere poveri è un’occasione di grazia e ci mostra la via d’uscita da questa fatica”.
Insomma, “ci è dato il diritto di essere poveri in spirito, perché questa è la via del Regno di Dio”, ma questo non significa “trasformarsi”, perché “siamo tutti poveri in spirito, mendicanti”, anzi "siamo poveracci in spirito".
Sottolinea Papa Francesco che “il Regno di Dio è dei poveri in spirito”, che “ci sono quelli che hanno i regni di questo mondo”, ma quelli “sono regni che finiscono”, perché “anche gli imperi più grandi passano e scompaiono”, e "tante volte vediamo sui giornali e sui telegiornali che quel potente è caduto: ieri c'era, oggi non c'è. Le ricchezze di questo mondo se ne vanno. Anche il denaro. I vecchi ci insegnavano che il sudario non aveva tasche. Non ho mai visto dietro un corteo funebre un camion di trasloco: nessuno si porta nulla".
Quello non è vero regnare, dice il Papa, perché “regna veramente chi sa amare il vero bene più di se stesso, e questo il potere di Dio”. E così, Cristo si è mostrato potente perché “ha saputo fare quello che i re della terra non fanno: dare la vita per gli uomini. Questo è vero potere.
In questo sta la vera libertà. A servizio di questa libertà sta la povertà elogiata dalle Beatitudini”.
C’è – conclude Papa Francesco - “una povertà che dobbiamo accettare, quella del nostro essere, e una povertà che invece dobbiamo cercare, quella concreta, dalle cose di questo mondo, per essere liberi e poter amare. Sempre cercare la povertà del cuore che ha le radici nella povertà di noi stessi".
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