Napoli, 23 March, 2015 / 4:09 PM
Cosa fa la Chiesa di Napoli ora, dopo gli appelli di Papa Francesco, dopo il suo urlo fortissimo che “chi è corrotto non è cristiano?” La risposta di don Tonino Palmese, vicario per la Carità dell’Arcidiocesi di Napoli, è netta: “Il progetto è quello più faticoso che possa esistere, avere una idea di normalità per i nostri territori.”
È la normalità delle parrocchie, quella cui fa riferimento don Tonino Palmese in una conversazione con Acistampa. Una normalità fatta di parrocchie vive e giovani, cuori pulsanti di una città che vive tutte le sue contraddizioni, e che in fondo contro le sue contraddizioni combatte giorno dopo giorno. Scampia da questo punto di vista è un modello. Racconta don Tonino Palmese che “lì si è capito che la vera rivoluzione è quella culturale, al di là di ogni dimensione confessionale e politica.” Ma aggiunge che “una bella storia che si può raccontare su Scampia riguarda proprio la sinergia tra le parrocchie e la bella comunione e amicizia che esiste tra i parroci. Un bel racconto, utile alla società civile!”
Un racconto che si può estendere all’intera realtà della Chiesa di Napoli. Emanuela Febbraio, 25 anni, praticante avvocato, è uno dei giovani impegnati sul territorio della Chiesa di Napoli. Dopo il discorso del Papa a Scampia, sabato 21 marzo, ha sottolineato ad Acistampa che “il Papa ha risposto pienamente alle esigenze di questo territorio, e in particolare di Scampia. La popolazione aveva proprio bisogno di un messaggio di speranza, di un messaggio concreto.” Secondo Emanuela Febbraio, il Papa si “è rivolto sia a noi cittadini sia alle istituzioni che sono state presenti al suo incontro con la popolazione di Scampia. Ed è una responsabilità che riguarda ognuno di noi, perché ognuno di noi deve cominciare a metterci la faccia, deve cominciare a cambiare giorno dopo giorno questa città”.
Don Tonino Palmese, da anni impegnato con l’Associazione Libera, racconta che i risultati sono visibili proprio a Scampia. “In questi giorni – dice - ho rivisitato i ricordi della visita di Papa Giovanni Paolo II a Scampia nel 1990. Certamente, quelli di Giovanni Paolo II e di Francesco sono due sguardi diversi. Non solo perché sono diverse le persone, ma soprattutto perché sono cambiate le situazioni. Quando Giovanni Paolo II è venuto, ha trovato un quartiere pienamente sotto il controllo della criminalità organizzata, con tentativi affannosi di recuperare credibilità sul territorio. Papa Francesco ha invece trovato un laboratorio attivo. Possiamo dire che Scampia non è più una terra di Camorra. Certo, il problema non è stato del tutto estirpato, e non significa che non ci siano altri quartieri altrettanto problematici”.
Aggiunge don Palmese che “il fatto che il Papa abbia parlato di corruzione a Scampia, in un territorio che sta facendo il suo percorso, significa che il disagio è anche più strutturale, non riguarda solo la criminalità organizzata. Di certo, il Papa non ha assolto i camorristi, ma in questo modo si è sottolineato che c’è un altro sistema, il sistema di una certa economia, di apparati statali che non sono funzionali alla ricerca del bene comune.”
Emanuela Febbraio racconta il suo impegno in Rinnovamento nello Spirito, il modo in cui lei e molti altri giovani provano a superare i problemi. “Il nostro è un cammino in progressione – spiega - Stiamo cercando di seguire il messaggio di papa Francesco, quello di una Chiesa missionaria, e dunque abbiamo organizzato un programma itinerante. Cerchiamo di abbracciare diverse zone, le periferie esistenziali di cui parla il Papa… da Scampia fino alla diocesi di Napoli fino al centro. Abbiamo cercato di portare il messaggio del Vangelo in ogni parte della città. Cerchiamo di portare Cristo prima di tutto ai giovani e poi ovviamente a tutta la popolazione Napoletana. E dalla conoscenza di Cristo, deve partire un impegno personale di ciascuno.”
È anche a questo che pensa don Tonino Palmese quando sottolinea che “in questi giorni, non c’è stato giornalista che non abbia sottolineato il cambiamento di Scampia, e non abbia messo in luce le responsabilità di certi media nel descriverla nel modo in cui è stato descritto. Allora faccio un appello ai media: un modo per fare sì che il viaggio del Papa sia realmente riuscito potrebbe essere quello di cominciare a descrivere le dimensioni virtuose che ci sono in questi territori!”
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