Città del Vaticano , 15 December, 2019 / 4:52 PM
La “missione speciale” che Papa Francesco affida ai circa 6 mila fedeli filippini che partecipano alla Messa nella Basilica di San Pietro è che la loro fede “sia lievito nelle comunità parrocchiali alle quali appartenete oggi”, sottolineando che con la celebrazione “ci vogliamo impegnare a manifestare l’amore e la tenerezza di Dio verso tutti, specialmente verso gli ultimi. Siamo chiamati ad essere fermento in una società che spesso non riesce più a gustare la bellezza di Dio e a sperimentare la grazia della sua presenza”.
Di certo, la comunità filippina sa come gustare la bellezza di Dio. Il Simbang Gabi è la “Messa della Notte”, e segna la novena in preparazione della nascita di Gesù Bambino. È una delle tradizioni più antiche della tradizione cattolica filippina, e oggi coinvolge milioni di comunità residenti in varie parti del mondo. È detta anche “Misa de gallo” (Messa del Gallo) perché si celebra all’alba dei nove giorni che precedono il Natale. Le chiamano “messe del sacrificio”, perché è difficile, per quanti lavorano, alzarsi all’alba ogni mattina. Ma le Messe sono partecipate, sempre, a testimoniare la fede dei filippini.
Ricorda Papa Francesco nell’omelia: “Nelle Filippine, da secoli, esiste una novena in preparazione al Santo Natale chiamata Simbang-Gabi (Messa della notte). Durante nove giorni i fedeli filippini si ritrovano all’alba nelle loro parrocchie per una speciale celebrazione eucaristica. Negli ultimi decenni, grazie ai migranti filippini, tale devozione ha superato i confini nazionali ed è approdata in tanti altri Paesi. Da anni si celebra Simbang-Gabi anche nella diocesi di Roma, e oggi la celebriamo insieme qui, nella Basilica di San Pietro”.
Sono quattro anni che la comunità filippina di Roma celebra il Simbang Gabi nella Basilica di San Pietro. Ma è la prima volta che Papa Francesco la presiede.
Commentando le letture del giorno, Papa Francesco nota che “la salvezza è offerta a tutti, ma il Signore manifesta una tenerezza speciale per i più vulnerabili, i più fragili, i più poveri del suo popolo”, e infatti il Salmo Responsoriale ricorda che “ci sono altri vulnerabili che meritano uno sguardo d’amore speciale da parte di Dio: sono gli oppressi, gli affamati, i prigionieri, i forestieri, gli orfani e le vedove”, vale a dire “gli abitanti delle periferie esistenziali di ieri e di oggi”.
Papa Francesco ricorda che Gesù Cristo rende tangibile l’amore di Dio, e – come spiega a Giovanni che ha dubbi se Gesù sia il Messia atteso – “i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo”.
Sono questi, nota il Papa, “i segni che accompagnano la realizzazione del Regno di Dio”, e cioè “non squilli di tromba o trionfi militari, non giudizi e condanne dei peccatori, ma liberazione dal male e annuncio di misericordia e di pace”.
Poi, Papa Francesco ricorda l’imminente celebrazione del Natale, del “Dio con noi che opera prodigi a favore del suo popolo, in particolare dei più piccoli e fragili”, dando così “segni della presenza del suo Regno”.
Spiega Papa Francesco: “Siccome gli abitanti delle periferie esistenziali continuano ad essere ancora molti, dobbiamo chiedere al Signore di rinnovare il miracolo del Natale ogni anno, offrendo noi stessi come strumenti del suo amore misericordioso verso gli ultimi”.
Una preparazione che viene fatta diversamente in ogni luogo, e che i filippini fanno con la “Messa della notte”, celebrazione con la quale “ci vogliamo preparare al Natale secondo lo spirito della Parola di Dio che abbiamo ascoltato”, e “impegnare a manifestare l’amore e la tenerezza di Dio verso tutti, specialmente verso gli ultimi”.
Papa Francesco afferma: “Siamo chiamati ad essere fermento in una società che spesso non riesce più a gustare la bellezza di Dio e a sperimentare la grazia della sua presenza”.
Da qui, la missione speciale affidata ai filippini, incoraggiati dal Papa anche “a moltiplicare le opportunità di incontro per condividere la vostra ricchezza culturale e spirituale, lasciandovi nello stesso tempo arricchire dalle esperienze altrui”.
Dice Papa Francesco: “Siamo tutti invitati a costruire assieme quella comunione nella diversità che costituisce un tratto distintivo del Regno di Dio, inaugurato da Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo. Siamo tutti chiamati a praticare assieme la carità verso gli abitanti delle periferie esistenziali, mettendo a servizio i nostri doni diversi, così da rinnovare i segni della presenza del Regno. Siamo tutti chiamati ad annunciare assieme il Vangelo, la Buona Novella di salvezza, in tutte le lingue, così da raggiungere più persone possibile”.
La comunità filippina di Roma comprende 47 mila persone. La liturgia presieduta dal Papa è replicata per altre otto volte nella Basilica di San Pudenziana di via Urbana, che dal 1991, anno in cui Giovanni Paolo II eresse la cappellania cattolica filippina, è la sede centrale di 63 comunità, centri pastorali per i cattolici filippini sparsi in vari quartieri cittadini.
Ognuna di queste comunità conta un centinaio di persone. Sono stati distribuiti più di 6 mila biglietti.
La messa di oggi rappresenta una sorta di “antipasto” dei festeggiamenti che ci saranno in occasione del 30esimo anniversario di presenza a Roma: sarà celebrato tra due anni, e coincide con il cinquecentenario dell’evangelizzazione delle Filippine, che si celebra tra due anni.
La comunità filippina di Roma fu la prima ad essere ricevuta da San Giovanni Paolo II in Aula Nervi. Nel febbraio 2002, il Papa polacco voleva andare a Santa Pudenziana, nell’ambito delle sue visite in parrocchia, ma gli fu impedito dallo stato di salute, e allora accolse la comunità filippina in aula Paolo VI.
Nell’occasione, Sam Giovanni Paolo II disse: “Molti di voi hanno avuto la possibilità di trovare un'occupazione qui in Italia e hanno raggiunto un livello di vita che permette loro di aiutare i propri familiari rimasti nel loro Paese d'origine. Tuttavia, ad altri, che spero siano pochi, la condizione di immigrati ha causato gravi problemi, fra i quali la solitudine, la separazione delle famiglie, la perdita dei valori trasmessi dal passato, a volte perfino la perdita della fede”.
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