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Un servizio di EWTN News

Papa Francesco ai penalisti del mondo: appello alla responsabilità

"Il diritto penale non è riuscito preservarsi dalle minacce che, ai nostri giorni, incombono sulle democrazie e la piena vigenza dello Stato di diritto. D’altro canto, il diritto penale spesso trascura i dati della realtà e in questo modo assume la fisionomia di un sapere meramente speculativo.". Papa Francesco accoglie in Vaticano i partecipanti al XX Congresso Mondiale dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale, in corso a Roma dal 13 al 16 novembre 2019, sul tema “Criminal Justice and Corporate Business”.

Papa Francesco nel suo discorso valuta due aspetti rilevanti del diritto penale nel contesto attuale: l'idolatria del mercato e i rischi dell’idealismo penale. Il Pontefice è arrivato in ritardo all'incontro e si scusa con i presenti.

Riguardo alla prima il Pontefice chiarisce: "La prima cosa che dovrebbero chiedersi i giuristi oggi è che cosa poter fare con il proprio sapere per contrastare questo fenomeno, che mette a rischio le istituzioni democratiche e lo stesso sviluppo dell’umanità. In concreto, la sfida presente per ogni penalista è quella di contenere l’irrazionalità punitiva, che si manifesta, tra l’altro, in reclusioni di massa, affollamento e torture nelle prigioni, arbitrio e abusi delle forze di sicurezza, espansione dell’ambito della penalità, la criminalizzazione della protesta sociale, l’abuso della reclusione preventiva e il ripudio delle più elementari garanzie penali e processuali".

Sull'idealismo penale il Papa commenta: "L’imposizione di una sanzione non può giustificarsi moralmente con la pretesa capacità di rafforzare la fiducia nel sistema normativo e nella aspettativa che ogni individuo assuma un ruolo nella società e si comporti secondo ciò che da lui ci si attende".

"Una delle frequenti omissioni del diritto penale, conseguenza della selettività sanzionatoria - commenta Papa Francesco - è la scarsa o nulla attenzione che ricevono i delitti dei più potenti, in particolare la macro-delinquenza delle corporazioni. Apprezzo che il vostro Congresso abbia preso in considerazione questa problematica. Il diritto penale non può rimanere estraneo a condotte in cui, approfittando di situazioni asimmetriche, si sfrutta una posizione dominante a scapito del benessere collettivo. Si tratta di delitti che hanno la gravità di crimini contro l’umanità, quando conducono alla fame, alla miseria, alla migrazione forzata e alla morte per malattie evitabili, al disastro ambientale e all’etnocidio dei popoli indigeni".

In questo senso il Papa riprende un tema del recento Sinodo speciale sull'Amazzonia, quello di definire il peccato ecologico come azione oppure omissione contro Dio, contro il prossimo, la comunità e l’ambiente. "Stiamo pensando di introdurre nel catechismo della Chieca Cattolica il peccato contro l'ecologia, contro la casa comune. E' un dovere. In questa circostanza, e per vostro tramite - dice il Papa - vorrei fare appello a tutti i leader e referenti nel settore perché contribuiscano con i loro sforzi ad assicurare un’adeguata tutela giuridica della nostra casa comune".

Il Papa pone poi ai presenti alcuni problemi che si sono aggravati negli anni trascorsi: l’uso improprio della custodia cautelare, l’involontario incentivo alla violenza, la cultura dello scarto e quella dell’odio, il lawfare.

Riguardo alla violenza il Papa precisa: "In diversi Paesi sono state attuate riforme dell’istituto della legittima difesa e si è preteso di giustificare crimini commessi da agenti delle forze di sicurezza come forme legittime del compimento del dovere. È importante che la comunità giuridica difenda i criteri tradizionali per evitare che la demagogia punitiva degeneri in incentivo alla violenza o in sproporzionato uso della forza. Sono condotte inammissibili in uno Stato di diritto e, in genere, accompagnano i pregiudizi razzisti e il disprezzo verso le fasce sociali di emarginazione".
 
"La cultura dello scarto - aggiunge il Papa - combinata con altri fenomeni psico-sociali diffusi nelle società del benessere, sta manifestando la grave tendenza a degenerare in cultura dell’odio. Si riscontrano episodi purtroppo non isolati, certamente bisognosi di un’analisi complessa, nei quali trovano sfogo i disagi sociali sia dei giovani sia degli adulti. Non è un caso che a volte ricompaiano emblemi e azioni tipiche del nazismo, che, con le sue persecuzioni contro gli ebrei, gli zingari, le persone di orientamento omossessuale, rappresenta il modello negativo per eccellenza di cultura dello scarto e dell’odio."
 
Papa Francesco fa poi un appello: "Ogni persona chiamata ad assolvere un compito in questo ambito dovrà tenere continuamente presente, da un lato, il rispetto della legge, le cui prescrizioni sono da osservare con un’attenzione e un dovere di coscienza adeguati alla gravità delle conseguenze. D’altro lato, occorre ricordare che la legge da sola non può mai realizzare gli scopi della funzione penale; occorre anche che la sua applicazione avvenga in vista del bene effettivo delle persone interessate. Affinché la funzione giudiziaria penale non diventi un meccanismo cinico e impersonale, occorrono persone equilibrate e preparate, ma soprattutto appassionate alla giustizia, consapevoli del grave dovere e della grande responsabilità che assolvono. Solo così la legge – ogni legge, non solo quella penale – non sarà fine a sé stessa, ma al servizio delle persone coinvolte, siano essi i responsabili dei reati o coloro che sono stati offesi".

Sempre a braccio il Papa aggiunge un pensiero sul carcere: "Riprendo le parole che ha detto la Presidente Severino sui carceri: i carceri devono avere sempre finestra, cioè orizzonti. Guardare ad un reinserimento e su questo si deve pensare il modo di gestire un carcere. Ripensare sul serio all'ergastolo".
 
Francesco conclude così il suo lungo e articolato discorso: "Le nostre società sono chiamate ad avanzare verso un modello di giustizia fondato sul dialogo, sull’incontro, perché là dove possibile siano restaurati i legami intaccati dal delitto e riparato il danno recato. Non credo che sia un’utopia, ma certo è una grande sfida. Una sfida che dobbiamo affrontare tutti se vogliamo trattare i problemi della nostra convivenza civile in modo razionale, pacifico e democratico".
 

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