Città del Vaticano , 17 August, 2019 / 2:00 PM
Tanti cadono “sotto i colpi delle prove di vita, si trovano soli e abbandonati” e “sono spesso trattati come numeri di una statistica”. E la speranza è data loro dalla contemplazione del volto di Dio, una contemplazione che è già nel tema del Meeting di Rimini 2019. Il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, in un messaggio inviato a nome di Papa Francesco al vescovo di Rimin Francesco Lambiase, commenta così il tema del Meeting.
Tema che viene direttamente da una poesia di Karol Wojtyla dedicata alla Veronica: “Nacque il tuo nome da ciò che fissavi”. Da 2000 anni, la Chiesa – spiega il Cardinale – annuncia lo sguardo di Cristo su ciascuno di noi, un annuncio che è importante tanto più oggi di fronte ai nostri contemporanei “soli e abbandonati”, come “le migliaia di individui che ogni giorno fuggono da guerre e povertà: prima che numeri, sono volti, persone, nomi e storie”.
Sono persone che non vanno “mai dimenticate, specialmente quando la cultura dello scarto emargina, discrimina e sfrutta, minacciando la dignità della persona”. Perché ci sono tanti “dimenticati” che “hanno urgente bisogno di vedere il volto del Signore per poter ritrovare sé stessi!”
“L’uomo di oggi – si legge ancora nel messaggio - vive spesso nell’insicurezza, camminando come a tentoni, estraneo a sé stesso; sembra non avere più consistenza, tanto è vero che facilmente si lascia afferrare dalla paura”.
La speranza viene, continua il messaggio, dal “fissare lo sguardo sul volto di Gesù e acquistare familiarità con lui”, perché “guardare Gesù purifica la vista e ci prepara a guardare tutto con occhi nuovi”. D’altronde, i poveri e i semplici che guardavano Gesù “ritrovavano sé stessi, si sentivano amati nel profondo da un Amore senza misura”, così come succede all’Innominato nei Promessi Sposi.
Anche noi – continua il messaggio – “siamo stati guardati, scelti, abbracciati”, cosa tanto più importante “in un’epoca dove le persone sono spesso senza volto, figure anonime perché non hanno nessuno su cui posare gli occhi”.
La poesia di San Giovanni Paolo II, dunque, ricorda che “noi esistiamo in quanto siamo in relazione”, come sperimenta l’apostolo Matteo quando viene chiamato da Gesù.
È questa apertura allo sguardo di Cristo – si legge ancora nel messaggio – che “rende il cristiano una presenza nel mondo diversa da tutte le altre, perché porta l’annuncio di cui – senza saperlo – più hanno sete gli uomini e le donne del nostro tempo: è tra noi Colui che è la speranza della vita”.
Per questo, “saremo ‘originali’ se il nostro volto sarà lo specchio del volto di Cristo risorto. E questo sarà possibile se cresciamo nella consapevolezza a cui Gesù invitava i suoi discepoli”, e diceva loro di non rallegrarsi per i miracoli, ma perché “i loro nomi sono scritti nei cieli”.
“Questa – afferma Papa Francesco - è l’origine della gioia profonda che niente e nessuno ci può togliere: il nostro nome è scritto nei cieli, e non per i nostri meriti, ma per un dono che ciascuno di noi ha ricevuto con il Battesimo. Un dono che siamo chiamati a condividere con tutti, nessuno escluso. Questo significa essere discepoli missionari”.
L’auspicio del Papa è dunque “che il Meeting sia sempre un luogo ospitale, in cui le persone possano ‘fissare dei volti’, facendo esperienza della propria inconfondibile identità”.
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