Sao Paulo, 25 July, 2019 / 3:00 PM
“Proteggere e curare la vita vulnerata dei malati”: è questo il mandato che padre Leocir Pessini, superiore generale del Camilliani, nella sua riflessione testamento ai suoi frati. Padre Pessini sapeva di essere vicino alla fine: è morto in Brasile, nella sua terra, tra il 23 e il 24 luglio, circondato dall’affetto dei suoi cari.
Si spegne così il 60esimo successore di San Camillo de’ Lellis alla guida dell’Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi dal 2014. Era stato eletto dopo una crisi istituzionale, e non si aspettava l’elezione. Ma non poteva – disse – “dire di no alla fiducia che tanti confratelli mi hanno dimostrato”.
Classe 1955, di origini italiane, ha emesso i voti perpetui dei Camilliani nel 1978 ed è stato ordinato sacerdote nel 1980. Ha studiato a San Paolo e alla Pontificia Università Salesiana di Roma, e in Brasile è stato vicerettore del centro universitario San Camillo di San Paolo e presidente della Camillian Organization, che riunisce 56 ospedali brasiliani.
Dal 2010 al 2014, padre Pessini era stato superiore della Provincia Brasiliana dei camilliani. Dal 2004 al 2007 è stato coordinatore nazionale per la pastorale della salute presso la Conferenza Episcopale Brasiliana, e dal 2005 al 2008 è stato membro della Commissione Nazionale per la ricerca sugli esseri umani nel governo federale. Dal 2010 al 2014 è stato consulente di bioetica del consiglio federale di medicina.
In questi cinque anni di generalato, padre Pessini ha visitato tutte le comunità camilliane, diffuse in 30 nazioni. Ha scoperto la malattia a settembre 2017: dopo qualche mese di terapia a Roma, a marzo 2018 si è trasferito a San Paolo, in Brasile, e ha vissuto nella comunità camilliana del “Recanto San Camillo” di Granja Viana.
Vista approssimarsi la fine, lo scorso 21 luglio, ha ricevuto l’unzione degli infermi alla presenza dei genitori, di sua sorella, di due consultori generali che erano lì da una settimana, e di alcuni religiosi della comunità locale.
Dopo la celebrazione dell’Unzione e del viatico, padre Pessini ha benedetto i presenti invocando San Camillo. Tutti lo hanno salutato. Lui ha espresso gratitudine, e ha detto: “Ho dato tutta la vita per il mio ordine”. Alla madre che piangeva con il padre e la sorella, ha detto: “Sono lacrime di amore, ma anche di dignità. E sono anche lacrime di dolore”.
I camilliani saranno chiamati ad eleggere il loro nuovo generale. I Ministri degli Infermi (o Camilliani dal nome del fondatore) furono fondati da San Camillo de Lellis, che ottenne prima l’approvazione della sua «compagnia di uomini da bene» da Papa Sisto V nel 1586, e poi lo status di “ordine” da Papa Gregorio XIV nel 1591. Da allora, la rete dei Camilliani si è estesa in ogni angolo del globo, con una missione precisa: dare «servizio completa alla persona inferma» ed essere “scuola di carità per coloro che condividono il compito di assistenza agli infermi”.
Si tratta di una rete di ospedali, parrocchie, chiese, centri di ascolto e case di cura e di accoglienza è vastissima. E tocca i posti più “periferici”, per usare un tema caro a Papa Francesco. In Asia è presente il 15% della comunità religiosa, in Africa (dove si trova il 13% dell’effettivo dell’ordine) i Camilliani occupano posizioni importanti nel campo della ricerca e nella gestione di strutture socio-sanitarie.
Sono 114 gli ospedali di proprietà Camilliani, sparsi in tutto il mondo: dal Kenya al Burkina Faso, dal Benin al Madagascar, passando per Uganda, Togo, Tanzania, Georgia, Laos, Sri Lanka, Vietnam, Haiti, Messico, Brasile, Taiwan, Filippine, Armenia, Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Perù ed Uruguay. Guardando all’Italia, i Camilliani prestano la loro assistenza spirituale in molte altre strutture italiane medico ospedaliere come cappellani.
Il fondatore, San Camillo de Lellis, era abruzzese di origini e aveva intrapreso carriera militare. Ferito a un piede, trascorse un lungo periodo di ricovero presso l’ospedale San Giacomo degli Incurabili a Roma. Poi riprese la vocazione militare, fino al congedo. E fu lì che scoprì la sua vocazione religiosa. Entrò nell’ordine dei frati cappuccini di Manfredonia, ma la ferità si riaprì. Allora tornò a Roma, vi conobbe San Filippo Neri, che divenne sua guida spirituale. E la ferita si riaprì di nuovo, quando era tornato al suo noviziato di Tagliacozzo. È allora che San Camillo comprese la sua missione presso gli ammalati. E così, venne nominato maestro di casa all’ospedale di San Giacomo, e si dedicò al servizio degli infermi. In cinque lo seguirono. Allontanati per incomprensioni con i guardiani dell’ospedale, ebbero allora l’idea di una nuova congregazione tutta dedicata al servizio degli infermi.
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