Roma, 11 July, 2019 / 4:00 PM
La vita di fra Venanzio Maria Quadri, è stata speciale. Speciale in quanto ha saputo offrire a Dio la propria quotidianità, con tutto ciò che in essa vi era contenuto: gioia, difficoltà e prove.
Il suo vero nome era Antonio, ma scelse Venanzio poiché in latino sta ad indicae il cacciatore (venator) e lui sarebbe voluto divenire un cacciatore di anime.
Spirito missionario, per lui ogni realtà doveva passare per le mani di Dio e della Dolce Madre.
Questo religioso professo dell'Ordine dei Servi di Maria, morì giovanissimo a Roma, presso il Collegio Sant'Alessio Falconieri, il 6 agosto 1937 a causa di una malattia.
Nato il 9 dicembre 1916 a Vado di Setta, in provincia di Bologna, da una famiglia numerosa e religiosa, da piccolo ebbe modo di conoscere l'apostolato dei Servi di Maria nel Collegio di Ronzano. Scolastico in questo luogo, testimoniò il suo amore alla Vergine con un atteggiamento mite, franco e discreto. Sempre pronto a dare una mano e dedito alla preghiera fu un autentico servo della Madonna, fin da questi primi anni della propria esperienza religiosa. In tale luogo studiò e si formò in lui quell'abito, che mise le basi per la futura scelta religiosa.
Umile e semplice, seppur lodato non si scomponeva ma rimaneva, con modestia, al suo posto. Questo suo atteggiamento fu sottolineato anche da un fatto singolare: il padre generale padre Alessio M. Lepicier inviò agli alunni del Collegio di Ronzano (allora numerosi) due medaglie d'oro per premiare i migliori studenti Una di queste per esplicito riconoscimento dei professori e dei compagni di studio andò a frate Venanzio.
Non ci furono azioni straordinarie, ma tutto fu vissuto nella più semplice quotidianità, che sa di eroismo,ma più di fede. Nulla di eccezionale dal normale trascorrere della vita di ogni uomo. Ma quella fedeltà, alle piccolo cose, fu l'eccezionale costante di quest'anima, assetata di Dio.
Negli appunti per gli Esercizi Spirituali, in relazione a ciò, scrisse : “Ricordare che debbo essere sempre abbandonato in tutto al volere di Dio; per fare del bene infatti, non importa essere bravi: basta essere in quel punto voluto dal Signore e attribuire tutto alla sua gloria. Dio è geloso della sua gloria, e nega il bene al sapiente sacerdote superbo e lo dà all’umile”( P. Tito M. Sartoti O.S.M, Venanzio Antonio Quadri, L'umile gioia della perfezione, Curia Generalizia dei Servi di Maria) . Questo è, in tutta la sua bellezza, il Vangelo.
Dal 1931 al 1932 è inviato al Santuario della Ghiara, a Reggio Emilia, nel quale potè completare gli studi e dare una mano nell'accompagnamento liturgico, avendo una particolare passione per la musica. Questa fu notata anche da Lorenzo Perosi e Licinio Refice, famosi compositori dell'epoca che ebbero modo di sentire suonare fra Venanzio, mentre era a Roma, in qualità di studente professo. Non si esaltò mai di questa dote, ma la considerò sempre un dono per gli altri.
Fin dal suo anno di noviziato (iniziato nell'agosto del 1932), apprese la vera devozione mariana che, da sempre, caratterizza il religioso servita. Per questi membri della Chiesa, l'amore alla Madre non è solo frutto di una pratica, ma è imitazione e modello, per la propria esistenza.
Tale atteggiamento porta il servo di Maria a trasformare tutta la propria quotidianità, in un ossequio costante alla Vergine. Con questa volontà, i primi Sette padri, fondarono questa famiglia religiosa, mettendo tutta la loro esistenza nelle mani della Vergine Maria.
Il suo maestro di noviziato e padre spirituale, padre Bernardino M. Piccinelli (1905-1988) servo di Dio e vescovo di lui sottolineò l'eccellente esempio che offriva ai compagni.
Terminato quest'anno di formazione, basilare per un religioso, emise i propri i voti al Signore, nel Santuario della Ghiara. Era il 29 agosto 1933.
Offertosi “vittima di espiazione” per i peccatori, dopo aver letto la Storia di un'anima di Santa Teresa di Lisieux, con tale desiderio, si mise nella mani del Padre. Segno di amore ma quello che sa di autenticità e di donazione, in quanto muta l'umanità in santità e questa in quell'amore unico ed inimitabile. Grande devoto della santa carmelitana, prima di morire strinse nelle sue mani la sua immagine, che teneva sul tavolo ed il crocifisso che riempì di frasi di amore.
Di carattere sereno, allegro e simpatico era ricercato dai compagni di studi, per quel suo rendere facile il giorno. Chi lo ha conosciuto lo ricordò, sempre, con affetto e particolare devozione per i buoni sentimenti che ne hanno animato, il carattere. Anzi, in comunità le incombenze che nessuno voleva svolgere, le sbrigava fra Venanzio, in omaggio al Cristo che scelse la via più dura:quella del Calvario.
Ed è bello ricordare la testimonianza di questo religioso che, nella normalità della sua giornata, ha concretizzato, con tale intensità, l'amore a Dio ed alla Madre di Cristo, cosi venerato nell'Ordine a lei dedicato.
Iniziato nel 1957 il processo di beatificazione e traslate le spoglie dal cimitero del Verano alla chiesa di San Marcello a Roma, dal 1967 queste riposano nella chiesa dei Servi di Maria a Bologna.
Papa Francesco il 14 dicembre 2015 lo ha dichiarato venerabile.
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