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Un servizio di EWTN News

Fulton Sheen, il prossimo Beato pioniere della telepredicazione

Le sue parole riecheggiano nella rete e si scaricano in mp3 con un’app sullo smartphone. Eppure Fulton Sheen, vescovo ausiliare di New York ai tempi del Concilio Vaticano II, le ha pronunciate decenni or sono. Ma basta scaricare uno dei suoi mitici interventi televisivi da Youtube per capire che cosa significa “bucare lo schermo”. Pioniere della telepredicazione già ai primordi della tv, definito da Time “il primo televangelista”, nonché vincitore di un Emmy nel 1952, il vescovo Sheen ha creato un genere che purtroppo non ha fatto scuola.

Eppure il suo fascino aveva soggiogato anche un giovane teologo tedesco riservato e schivo come Joseph Ratzinger, che da Papa, in visita a Nemi nel centro dei padri verbiti dove si riunivano i padri conciliari,l’ 8 luglio 2012  apre il cassetto dei ricordi e dice “ c’era Fulton Sheen, che ci affascinava la sera con i suoi discorsi.” 

Quando entrava in campo con la sua talare impeccabile e il mantello violaceo certo colpiva l’attenzione. Erano altri tempi, gli anni ’50, ma il suo modo di iniziare i suoi interventi cercando di strappare un sorriso al pubblico prima di entrare in argomento era frutto di un dono, ma anche di una precisa preparazione. Fulton Sheen era nato a El Paso nell’Illinois l’8 maggio 1895, da una famiglia di origine irlandese. Qualche anno dopo, i suoi genitori si trasferirono a Peoria, centro della diocesi, affinché il loro figli potessero frequentare le scuole cattoliche. Entra in Seminario e nella cattedrale di Peoria, il 20 settembre 1919, a 24 anni, viene ordinato sacerdote. Studia filosofia in particolare S. Tommaso d’Aquino, poi il suo vescovo lo manda a studiare all’Università di Lovanio dove ottiene il dottorato in filosofia, a Roma quello in Teologia Da parroco inizia la predicazione quaresimale. Prima per pochi fedeli, poi col tempo la chiesa si riempie. Inizia così a tenere conferenze in patria e all’estero. Inizia a parlare alla radio, è il 1930. “L’ora cattolica” rende la sua nota in tutti gli States, lo ascoltano cattolici, protestanti, atei.

Papa Pio XI e il Segretario di Stato, Card. Pacelli sanno di lui e diviene monsignore.

Nel 1950 arriva la tv. “Vale la pena di vivere” è il programma in cui partiva dalla necessità impellente che tutti – credenti non-credenti, protestanti, ebrei e atei – hanno di dare un senso alla vita.” e mons. Sheen offriva la risposta: Gesù Cristo, l’unica soluzione, il Cristo Crocifisso e risorto.

Dati d’ascolto strepitosi: 30 milioni a puntata. L’11 giugno 1951 a Roma, per volontà di Papa Pio XII, Mons. Fulton Sheen è consacrato Vescovo. Diventa ausiliare di New York, continua a parlare in Tv e a scrivere libri, che hanno un grande successo. Arriva il Concilio Vaticano II alla fine nel 1966 è nominato Vescovo di Rochester e sperimenta sulla sua pelle la contestazione. Nel 1969 a 75 anni, ormai emerito continua a tenere conferenze, a scrivere sui giornali e a scrivere libri. Il 2 ottobre 1979 Papa Giovanni Paolo II, in visita negli Stati Uniti, lo abbraccia a lungo nella cattedrale di S. Patrizio e gli dice: “Lei ha scritto e parlato bene del Signore Gesù!”. Due mesi dopo lascia la terra. “Se nel 2002, ai tempi dello scandalo che si è scatenato qui sulla pedofilia, ci fosse stato un Fulton Sheen in televisione,la questione sarebbe stata trattata differentemente. I mass media hanno massacrato la Chiesa” a dirlo è Hilary Franco, suo assistente al Concilio e per 20 anni alla Congregazione per il Clero. In una intervista del 2011. E spiega la sua formidabile tecnica: “Fulton Sheen mi diceva sempre: Ricordati che i primi cinque minuti quando tu parli nessuno ti ascolta. Allora devi raccontare qualcosa, o una barzelletta o qualcosa che attiri l’attenzione. Poi, nei secondi e terzi cinque minuti, tu devi dare l’essenziale, ma farlo in modo che rimanga. Questo è il segreto.”

Tecnica certo, ma sostenuta dalla grande voglia di comunicare la Verità, il Bene, il Vangelo e la Salvezza. Ecco magari oggi i preti che vanno in tv hanno dimenticato che cosa devono comunicare. La Chiesa ha bisogno di bravi comunicatori che sappiano attrarre chi ascolta, ma soprattutto sappia dare risposte e spiegazioni, informazioni e contenuti. E’ anche così che si fa la Nuova evangelizzazione, tramite i media, le nuove tecnologie certo, ma soprattutto con il coraggio di trasmettere il messaggio evangelico senza paura di essere fraintesi o derisi. E con la forza della testimonianza. Da un sacerdote, non ci si aspetta sociologia oppure economia. Piuttosto risposte. Ma senza saccenteria o supponenza. Un compito delicato e difficile che magari chi non in grado di fare, sacerdote o laico che sia, dovrebbe umilmente e fruttuosamente lasciare ad altri.

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