Città del Vaticano , 16 May, 2019 / 1:00 AM
Domenica 19 maggio torna l’iniziativa che ha per protagoniste le comunità cattoliche immigrate della Capitale. È organizzata dall’Ufficio Migrantes della diocesi di Roma e dalla Caritas di Roma, in collaborazione con le comunità cattoliche etniche, con Impresa Sant'Annibale Onlus e tante realtà che lavorano nel campo delle migrazioni. Il tema di quest’anno richiama a Papa Francesco: “Nella casa comune un’unica famiglia umana”. L’evento sarà caratterizzato dalla Messa con il Cardinale Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin.
A mezzogiorno, all’interno della cattedrale di Roma, è prevista la celebrazione eucaristica presieduta dal Cardinale Parolin. Ad animare la liturgia saranno 26 comunità etniche di diverse nazionalità: il “Gloria” verrà intonato dai congolesi, il salmo sarà cantato in tagalog, la preghiera dei fedeli in diverse lingue, l’offertorio affidato alla comunità srilankese, il “Sanctus” in ucraino, i canti di Comunione in rumeno e in malayalam, e il canto conclusivo in lingua polacca.
Al termine della Messa, sul sagrato della basilica, dalle 13.30 circa si potranno degustare piatti tipici preparati dalle comunità di 13 Paesi diversi: Eritrea, Togo, Romania, Ghana, Nigeria, Ucraina, Polonia, Bangladesh, Brasile, Capoverde, Congo, Camerun e Siria. Seguirà, alle 15, uno spettacolo multietnico durante il quale si esibiranno una ventina di gruppi con canti e balli folkloristici. Alle 18 il concerto finale, in collaborazione con African Perfect Armony, gruppo musicale di 11 elementi, nato nel 2017 al centro di accoglienza delle Tagliate di Lucca; e Med Free Orkestra, progetto nato nel quartiere di Testaccio nel 2010 che riunisce musicisti provenienti da varie aree del mondo, che si esibirà insieme all'Earth Band guidata da Tony Esposito. Sul palco anche Marco Iachini, vincitore del Sound Spirit Festival 2019.
"La Festa vuole dare un’importante testimonianza di convivenza civile tra popoli diversi – sottolinea al Vicariato di Roma monsignor Pierpaolo felicolo, direttore dell’Ufficio Migrantes della diocesi di Roma –. Con gli anni la città ha imparato la bellezza dello stare insieme e bisogna impegnarsi ancora per abbandonare i luoghi comuni che ci sono sulle migrazioni e far emergere la normalità dell’incontro tra culture differenti. Alimentare la paura dei migranti è il peggiore dei modi per affrontare la dimensione umana del fenomeno della migrazione. La paura ci fa chiudere”.
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