Città del Vaticano , 16 March, 2019 / 12:35 AM
Papa Francesco, in Aula Paolo VI, questa mattina riceve i Membri della Confederazione delle Cooperative Italiane, in occasione del 100° anniversario di fondazione. Una storia “preziosa”, ispirata alla dottrina sociale della Chiesa, nata “per aver preso sul serio le parole di Papa Leone XIII”.
“I cento anni di storia della vostra azione sono un traguardo importante, che non può passare sotto silenzio – commenta il Papa nel suo discorso lungo e articolato ai presenti - Essi rappresentano un percorso di cui essere grati per tutto ciò che siete riusciti a realizzare, ispirati dal grande appello dell’Enciclica Rerum novarum del Papa Leone XIII”.
“Anche oggi la Chiesa non ha solo bisogno di dire ad alta voce la Verità – continua Papa Francesco nel suo discorso davanti ai settemila presenti - ha sempre necessità di uomini e donne che trasformino in beni concreti ciò che i pastori predicano e i teologi insegnano. In questo senso, oggi, dire “grazie” a voi per i vostri cent’anni d’impegno è anche indicare un esempio per gli uomini del nostro tempo, che hanno bisogno di scoprirsi non solo prenditori di bene, ma imprenditori di carità”.
Francesco spiega bene il ruolo delle Cooperative italiane: “Il vostro modello cooperativo, proprio perché ispirato alla dottrina sociale della Chiesa, corregge certe tendenze proprie del collettivismo e dello statalismo, che a volte sono letali nei confronti dell’iniziativa dei privati; e allo stesso tempo, frena le tentazioni dell’individualismo e dell’egoismo proprie del liberalismo. Infatti, mentre l’impresa capitalistica mira principalmente al profitto, l’impresa cooperativa ha come scopo primario l’equilibrata e proporzionata soddisfazione dei bisogni sociali. Certamente anche la cooperativa deve mirare a produrre l’utile, ad essere efficace ed efficiente nella sua attività economica, ma tutto questo senza perdere di vista la reciproca solidarietà”.
Per Papa Francesco “solo se scopriamo che la nostra vera ricchezza sono le relazioni e non i meri beni materiali, allora troviamo modi alternativi per vivere e abitare in una società che non sia governata dal dio denaro, un idolo che la illude e poi la lascia sempre più disumana e ingiusta”. Per il Papa ci vuole ostinazione.
Ma per il Papa “il vantaggio più importante ed evidente della cooperazione è vincere la solitudine che trasforma la vita in un inferno”. “Quando l’uomo si sente solo, sperimenta l’inferno – conferma il Pontefice - quando, invece, avverte di non essere abbandonato, allora gli è possibile affrontare ogni tipo di difficoltà e fatica. Il nostro mondo è malato di solitudine, lo sappiamo tutti. Per questo ha bisogno di iniziative che permettano di affrontare insieme ad altri ciò che la vita impone”.
“È solidarietà impegnarsi per dare lavoro equamente retribuito a tutti – dice il Papa - permettere a contadini resi più fragili dal mercato di far parte di una comunità che li rafforza e li sostiene; a un pescatore solitario di entrare in un gruppo di colleghi; ad un facchino di essere dentro una squadra, e così via. In questo modo, cooperare diventa uno stile di vita”.
Il Papa racconta poi una sua esperienza personale: “Ho già avuto modo di raccontare in altre occasioni ciò che mi rimase impresso quando avevo 18 anni, nel 1954, ascoltando parlare mio padre proprio di questo tema. Fin da allora mi sono convinto che la cooperazione cristiana è la strada giusta. Magari economicamente può sembrare più lenta, ma è la più efficace e sicura”.
“Poi un pensiero alle donne che, nel mondo globale, portano il peso della povertà materiale, dell’esclusione sociale e dell’emarginazione culturale – continua Francesco - il tema della donna dovrebbe tornare a essere tra le priorità dei progetti futuri in ambito cooperativo. Non è un discorso ideologico. Si tratta invece di assumere il pensiero della donna come punto di vista privilegiato per imparare a rendere la cooperazione non solo strategica ma anche umana. La donna vede meglio che cos’è l’amore per il volto di ognuno. La donna sa meglio concretizzare ciò che noi uomini a volte trattiamo come massimi sistemi”.
L’ultimo pensiero di Francesco è un auspicio: “Vi auguro che i cento anni passati spalanchino davanti a voi scenari di impegno nuovi e inediti, rimanendo sempre fedeli alla radice da cui tutto è nato: il Vangelo. Non perdete mai di vista questa sorgente, e rintracciate nei gesti e nelle scelte di Gesù ciò che più può ispirarvi nel vostro lavoro”.
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