Città del Vaticano , 06 February, 2019 / 1:00 PM
“Il Santo Padre Francesco, accogliendo le petizioni e i desideri del Popolo di Dio, ha disposto che la celebrazione di san Paolo VI, papa, sia iscritta nel Calendario Romano Generale, il 29 maggio, con il grado di memoria facoltativa”.
Così si legge nel Decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, a firma del Prefetto il cardinale Robert Sarah. Dal 2019 quindi ci sarà un giorno specifico in cui pregare e ricordare il nuovo santo.
Nel testo del decreto si legge la biografia di Paolo VI e allegati i testi liturgici propri del nuovo santo.
La scelta del giorno è spiegata dal cardinale Sarah, si tratta della “data della sua ordinazione presbiterale nel 1920, essendo il 6 agosto, giorno della sua nascita al cielo, festa della Trasfigurazione del Signore”.
Il Cardinale in un nota rievoca la figura di Paolo VI . “Da sacerdote, nel 1931, quando aveva già iniziato il suo servizio per la Santa Sede, dopo aver scritto che non voleva «nessuna regola, nessuna aggiunta straordinaria» che distinguesse la sua vita cristiana dalla forma normale, aggiunse che avrebbe voluto coltivare «un particolare amore a ciò che è essenziale e comune nella vita spirituale cattolica”.
Su questa base sono stati scelti i testi da aggiungere nei Libri liturgici (Calendario, Messale, Liturgia delle Ore, Martirologio). Un sintesi del suo pontificato e del suo insegnamento: “una Chiesa, che appartiene al Signore (Ecclesiam Suam), dedita all’annuncio del Vangelo, come ricordava nell’Evangelii nuntiandi, chiamata a testimoniare che Dio è amore”.
Inoltre come lettura per l’Ufficio delle letture alcuni passi dell’omelia tenuta nell’ultima Sessione pubblica del Concilio,il 7 dicembre 1965, sintetizzata dal tema: Per conoscere Dio bisogna conoscere l’uomo.
Il cardinale Sarah ricorda che “Paolo VI ha vissuto, prima e dopo di essere papa, guardando costantemente a Cristo di cui sentiva e proclamava la necessità per ogni uomo. Lo aveva mostrato con la sua prima Lettera pastorale da Arcivescovo di Milano intitolata, con espressione di sant’Ambrogio: Omnia nobis est Christus. In una riflessione del 5 agosto 1963, un mese e mezzo dopo la sua elezione alla Cattedra di Pietro, scriveva: «Devo ritornare al principio: il rapporto con Cristo... che deve essere fonte di 2 sincerissima umiltà: “allontanati da me; che sono uomo peccatore...”; sia nella disponibilità: “vi farò diventare pescatori...”; sia nella simbiosi della volontà e della grazia: “per me la vita è Cristo...”».
L’amore per Cristo è amore per la sua Chiesa. Nel Pensiero alla morte poteva a ragione scrivere: «Prego il Signore che mi dia la grazia di fare della mia prossima morte dono d'amore alla Chiesa. Potrei dire che l'ho sempre amata, e che per essa, e non per altro, mi pare d'aver vissuto».
Affascinato dalla figura e attività apostolica di san Paolo, quando lo Spirito Santo lo indicò quale successore di san Pietro, non risparmiò le sue energie a servizio del Vangelo di Cristo, della Chiesa e dell’umanità, vista alla luce del piano divino di salvezza. Difensore della vita umana, della pace e del vero progresso dell’umanità, come mostrano i suoi insegnamenti, volle che la Chiesa, ispirandosi al Concilio e mettendone in pratica i principi normativi, riscoprisse sempre più la sua identità, superando le divisioni del passato e molto attenta ai nuovi tempi: Chiesa di Cristo, che mette al primo posto Dio, l’annuncio del Vangelo, anche quando si prodiga per i fratelli, per costruire quella «civiltà dell’amore» inaugurata dallo Spirito nella Pentecoste.
Nelle Note per il mio testamento, Paolo VI aveva scritto: «Niente monumento per me». Anche se nell’ottobre del 1989 un monumento gli fu eretto nel duomo di Milano, il vero monumento Paolo VI se l’è costruito con la sua testimonianza, con le opere, con i viaggi apostolici, con il suo ecumenismo, con il lavoro per la Nova Vulgata, con il rinnovamento liturgico e con i suoi molteplici insegnamenti ed esempi, mostrando così il volto di Cristo, la missione della Chiesa, la vocazione dell'uomo moderno e conciliando il pensiero cristiano con le esigenze dell'ora difficile nella quale ha dovuto guidare, soffrendo molto, la Chiesa.”
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