Roma , martedì, 11. aprile, 2017 9:00 (ACI Stampa).
Un approccio di maggiore empatia, per sconfiggere anche quell’individualismo nichilista che è probabilmente il vero nemico da combattere. A questo è chiamata la Chiesa, nelle parole di Renato Cursi, incaricato del Movimento Giovanile Salesiano per il Dicastero di Pastorale Giovanile dei Salesiani di Don Bosco. Parlando con ACI Stampa, Cursi tira le fila dell’incontro “Da Cracovia a Panama. Il sinodo in cammino con i giovani”, che si è tenuto dal 5 al 9 aprile scorsi e ha avuto il suo culmine nella veglia di preghiera con Papa Francesco e nella Messa in piazza San Pietro la Domenica delle Palme, giorno in cui i giovani di Cracovia hanno materialmente consegnato ai giovani di Panama la Croce della GMG. Nel mezzo, c’è un sinodo sui giovani cui prepararsi.
Da Cracovia a Panama, quali sono le sfide più grandi per il mondo giovanile? Quali quelle di cui si è discusso nell'incontro?
C’è un deficit di ascolto dei giovani nel mondo. Eppure non ci sono mai stati tanti giovani nella storia dell’umanità quanti ce ne sono oggi. Questa importante presenza di giovani è certamente più evidente in Africa, Asia ed America Latina, ma il deficit di ascolto e coinvolgimento è purtroppo riscontrabile anche in Europa. Basti pensare alle tragiche cifre della disoccupazione giovanile in questo continente. La Chiesa è chiamata oggi da una parte a portare la gioia del Vangelo ai giovani, e dall’altra a portare la voce dei giovani più poveri ed esclusi all’attenzione dei decisori politici ed economici. Nell’incontro promosso dal Dicastero Laici, Famiglia e Vita si è inoltre discusso della sfida dell’individualismo nichilista, come minaccia allo sviluppo umano integrale dei giovani. Se le GMG vogliono essere “mondiali” e rivolte a tutta la “gioventù”, se il Sinodo vuole parlare a “tutti i giovani”, allora la Chiesa ha bisogno di scegliere ancora di più un’approccio di empatia con i giovani. Un’empatia che non ha paura di incontrare i giovani nel punto in cui si trovano ed incoraggiarli con gradualità ad uscire da sé per scegliere l’amore più grande: “dare la vita per i propri amici”.
Prima della GMG di Panama, c'è un percorso da fare verso il Sinodo. In che modo i due eventi sono collegati? E che tipo di impegno da parte dei giovani hai visto durante l'incontro?
Il Sinodo è certamente un Sinodo dei Vescovi, non “dei giovani”. Il Cardinal Baldisseri e Monsignor Fabene, rispettivamente Segretario Generale e Sottosegretario del Sinodo, hanno inoltre precisato che quello del 2018 non vuole essere un Sinodo “sui” giovani, bensì un vero e proprio Sinodo “con” e “per” i giovani. L’esperienza di questi giorni al Convegno promosso congiuntamente dal Segretariato del Sinodo e dal Dicastero Laici, Famiglia e Vita è stata coerente con l’impegno preso. I giovani partecipanti erano entusiasti della quantità e della qualità del tempo loro concesso per condividere il proprio vissuto di fede all’interno della realtà ecclesiale o del Paese di provenienza. La scelta del Santo Padre di dedicare ai giovani il prossimo Sinodo dei Vescovi rappresenta un’opportunità provvidenziale per allargare la riflessione sulla pastorale giovanile oltre le questioni legate all’organizzazione di eventi come le Giornate Mondiali di Gioventù. Queste, se non sono inserite all’interno di processi pastorali animati da una profonda ed ampia riflessione, rischiano di “occupare la scena” e le preoccupazioni degli operatori pastorali, e non essere più una tappa, pur importante, all’interno di un processo più ampio di crescita dei giovani nella fede. Una crescita che la Chiesa deve curare e accompagnare nel quotidiano della vita dei giovani, lì dove essi si trovano e non lì dove li si voglia radunare ogni tre anni. Il tempo dei processi, della pastorale giovanile e del cammino sinodale della Chiesa, è superiore al pur importante spazio delle GMG.