Città del Vaticano , mercoledì, 1. aprile, 2015 12:05 (ACI Stampa).
Perché sia effettivo ci vuole ancora l’ok definitivo del Parlamento italiano, spiega un portavoce vaticano. Ma intanto l’accordo di collaborazione tra Santa Sede e Italia in materia fiscale è stato firmato nella mattinata di mercoledì 1 aprile in Segreteria di Stato vaticana. Un accordo con il quale la cooperazione tra Santa Sede e Italia in tema fiscale è totale. Il testo completo dell’accordo sarà pubblicato sul sito della Segreteria di Stato domani a mezzogiorno, e a quello si deve rinviare per ulteriori dettagli. Per ora, c’è la descrizione dell’accordo fatta dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri vaticano,” e il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.
Secondo l’Arcivescovo Gallagher “con la firma della convenzione in materia fiscale, Santa Sede e Italia sono ancora più vicine.” La Convenzione – spiega il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede – “a partire dalla data di entrata in vigore consentirà il pieno adempimento, con modalità semplificate, degli obblighi fiscali relativi alle attività finanziarie detenute presso enti che svolgono attività finanziaria nella Santa Sede da alcune persone fisiche e giuridiche fiscalmente residenti in Italia.”
Ad interpretare la nota, in pratica l’Italia può chiedere alla Santa Sede informazioni sulle movimentazioni bancarie e finanziarie attuate da cittadini che risiedono in Italia, ma lavorano in Vaticano e perciò possono avere il conto corrente all’Istituto delle Opere di Religione. E la Santa Sede, in piena cooperazione, e senza passare da lunghi canali diplomatici per superare il ‘segreto bancario’, fornirà queste informazioni. Così che, basandosi sulle informazioni finanziarie, l’Italia potrà valutare se c’è qualcuno che ha usato il canale ‘vaticano’ per evadere le tasse.
La vera novità – racconta un portavoce vaticano – riguarda il fatto che il controllo delle rendite finanziarie riguarderà anche gli Istituti di Vita Consacrata e gli Ordini Religiosi. Questi inviano soldi verso le missioni, e lo fanno a volte configurandosi come holding, altre volte come associazioni. Delle loro attività – moltissime destinate alle missioni – potrà informarsi l’Italia, che potrà chiedere loro di pagare le imposte dovute sulle rendite finanziarie qualora li trovi in difetto.
Gli enti potranno eventualmente regolarizzare le attività usando la legge italiana 186/2014.