Ginevra , martedì, 16. agosto, 2016 16:00 (ACI Stampa).
C’è una sigla, nel mondo cattolico, che non è molto conosciuta, eppure è in prima linea nell’aiutare migranti e rifugiati. L’International Catholic Migration Commission (ICMC) è una conferedazione composta dagli uffici per la migrazione delle Conferenze Episcopali. Fa servizi legali, aiuto umanitario, crea rete, stabilisce buone pratiche. Si prende, insomma cura, dei milioni di migranti nel mondo.
“L’urgenza – racconta ad ACI Stampa monsignor Bob Vitillo, da poco nominato segretario generale dell’organizzazione – è prima di tutto di avere dei programmi umanitari per questi profughi. Perché le persone sono costrette a lasciare il loro Paese senza niente, e dobbiamo provvedere ad alloggio, cibo, vestiario. E poi, in gran parte sono perseguitati per causa di religione e di etnia”.
Qualche esempio pratico. “In Siria, aiutiamo molto sul campo dell’accesso alla salute, ci impegniamo perché le donne incinte abbiano accesso alla cura prima di far nascere i bambini e anche dopo”.
L’ICMC è stato fondato nel 1951, per dare risposta al gran numero di sfollati causati dalla Seconda Guerra Mondiale. Le cifre correnti – fornite dal rapporto 2015 - raccontano di un impegno che nel tempo è diventato sempre più grande.
Per fare qualche numero: in Siria, l’assistenza sanitaria è stata garantita a 2800 persone; in Giordania, 4121 proprietari di case giordani e siriani hanno ricevuto assistenza durante i freddi mesi invernali, anche con aiuto economico; in Grecia, l’ICMC ha mandato 44 esperti a lavorare con l’Alto Commissario ONU per i rifugiati per ricevere, registrare e dare assistenza ai rifugiati e ai migranti che arrivano in posizioni chiave; in Turchia, il supporto di “insdiamento” dell’ICMC ha intervistato 11038 persone per conto dell’Alto Commissario e le ha poi reinsediate negli Stati Uniti (il 40 per cento di loro sono siriani).